
Traduzione di Filippo Pelucchi, Edoardo Piccaluga, Angelo Trocchia.
Revisione di Niccolò Negro, pagina di Leopold Stunberg.
Versione Inverno 2020.
The following is the translation of Leopold Stunberg’s entry on “Neutral Monism” in the Stanford Encyclopedia of Philosophy. The translation follows the version of the entry in the SEP’s archives at https://plato.stanford.edu/archives/win2020/entries/neutral-monism/ . This translated version may differ from the current version of the entry, which may have been updated since the time of this translation. The current version is located at <https://plato.stanford.edu/entries/neutral-monism>. We’d like to thank the Editors of the Stanford Encyclopedia of Philosophy for granting permission to translate and to publish this entry on the web.
Il monismo neutrale è una metafisica monistica. Sostiene che la realtà ultima è di un solo tipo. In ciò il monismo neutrale è in accordo con forme più familiari di monismo: l’idealismo e il materialismo. Ciò che lo distingue dai suoi rivali è l’affermazione che la natura intrinseca della realtà ultima non è né mentale né fisica. Tale assunto negativo afferra anche l’idea di neutralità: dicendo infatti che la realtà ultima non né mentale né fisica si dice che essa è neutrale rispetto ad entrambe.
Il monismo neutrale è compatibile con l’esistenza di molte entità neutrali. Ed è compatibile con l’esistenza di entità non-neutrali – entità del tutto materiali o del tutto mentali, ad esempio – assumendo che queste entità non neutrali siano, in qualche senso un derivato di quelle neutrali. La maggior parte delle versioni del monismo neutrale sono state pluraliste in entrambi questi rispetti. Esse sono state concepite come soluzione al problema mente-corpo. L’obiettivo era di chiudere questo chiasma apparente tra il mentale e il fisico assumendo entrambi come costituiti da un qualche tipo di entità neutrali più fondamentali.
Ogni versione del monismo neutrale dovrà quindi rispondere alle seguenti tre domande:
1. Quali sono le entità neutrali e quale la loro natura?
2. Qual è la relazione tra queste entità e la materia?
3. Quale la relazione tra esse e la mente?
1. Quali sono le entità neutrali e quale la loro natura?
2. Qual è la relazione tra queste entità e la materia?
3. Quale la relazione tra esse e la mente?
- 1. Neutralità
- 2. Monismo
- 3. La relazione tra entità neutrali e non-neutrali
- 4. Versioni tradizionali di monismo neutrale
- 4.1 Ernst Mach
- 4.2 William James
- 4.3 Bertrand Russell
- 4.3.1 Costruzionismo logico e monismo neutrale
- 4.3.2 Entità neutrali note
- 4.3.3 Ulteriori entità neutrali: realismo
- 4.4 Altri monisti neutrali classici
- 5. Versioni contemporanee di monismo neutrale
- 6. Considerazioni sul monismo neutrale
- 7. Obiezioni al monismo neutrale
- 8. Il monismo neutrale e le altre teorie
- 9. Commento conclusivo
- Bibliografia
- Strumenti accademici
- Altre risorse in Internet
- Voci correlate
1. Neutralità
Entrambi i termini che compongono la definizione “monismo neutrale” sono problematici. Siccome le domande cui dà vita la nozione di neutralità sono tipiche del monismo neutrale, devono essere affrontate per prime. Molte versioni del monismo neutrale assumono una pluralità di entità fondamentali neutrali (queste posso essere sostanze, eventi, tropi, universali, etc., a seconda della specifica versione di monismo neutrale in questione). Ma cosa vuol dire per un’entità essere neutrale? Qui di seguito cinque proposte:
1. La posizione “nessuno dei due” (Neither View): Un’entità fondamentale è neutrale solo se è intrinsecamente né mentale né fisica.
2. La posizione del costituente attuale (Actual constituent View): Un’entità fondamentale è neutrale solo se è un costituente sia delle entità mentali che di quelle fisiche.
3. La posizione del costituente possibile (Possible Constituent View): Un’entità fondamentale è neutrale solo se può essere un costituente sia di entità mentali che fisiche.
4. La posizione nomologica (Law View): Un’entità fondamentale è neutrale solo se vi si possono applicare sia leggi mentali che fisiche.
5. La posizione “entrambe” (Both View): Un’entità fondamentale è neutrale solo se è intrinsecamente sia mentale che fisica.
(1) – (5) non possono sempre essere distinte chiaramente, ma anche quando lo sono due o più di questi criteri possono essere usati in concorso. Ciò produce confusione sia nel campo dei monisti neutrali che dei loro critici.
Sorgono domande riguardo alla relazione tra le posizioni da (1) a (5). (1) e (5) sono simili nel lasciare che decida della questione la natura intrinseca delle entità. Quelle da (2) a (4) rispondono a questa domanda guardando alla relazione tra una data entità e altre cose; alla natura di un più ampio insieme di entità di cui l’entità data è o può essere un membro: questi insiemi sono fisici o mentali? Oppure, guardando al tipo di leggi che governano le entità in questione: le leggi sono fisiche o mentali? Se si è inclini a pensare che la neutralità sia una questione unicamente di natura intrinseca, le posizioni da (2) a (4) sembreranno fuori fuoco. Potrebbero comunque avere un ruolo come criteri epistemici – come modi di scoprire se una certa entità è neutrale. I sostenitori di (1) e (5) possono concordare che la possibilità di una data entità di appartenere attualmente o potenzialmente a un certo gruppo, o di essere governata da certe leggi, dipenda unicamente dalla sua natura intrinseca. Il loro disaccordo riguarda solo la questione del se questa possibilità è assegnata a una certa entità dal fatto che essa sia né mentale né fisica, o sia mentale che fisica. In ciascun caso le posizioni da (2) a (4) possono essere usate solo per scoprire quali entità sono le entità neutrali.
Le versioni tradizionali di monismo neutrale – quelle sviluppate da Ernst Mach, William James e Bertrand Russell (vedi sezione 4 più avanti) – accettano (1) e rifiutano (2). Ma alcuni critici del monismo neutrali, in particolare Bostock (2012: 190, 195-6), interpretano il monismo neutrale come legato a (2). Basandosi su questa interpretazione della neutralità, Bostock arriva alla sorprendente conclusione che “il monismo neutrale di Russell non è né propriamente ‘neutrale’, né propriamente un ‘monismo’.” (Bostock 2012: 190).
Si può argomentare che nessuno dei monisti neutrali tradizionali accetti (3). Tutti infatti sarebbero d’accordo nell’affermare che le entità neutrali possono essere costituenti delle entità non fondamentali sia fisiche che mentali. Ma è in dubbio se anche solo uno di loro concorderebbe con l’idea che il fatto che un’entità fondamentale possa essere un costituente di entità non-fondamentali sia fisiche che mentali sia sufficiente a rendere quest’entità neutrale. In quanto è concepibile che un’entità fondamentale che non sia neutrale (secondo (1), la Neither View) dovrebbe far parte della costituzione di entità non-fondamentali sia fisiche che mentali.
La celebre trattazione del monismo neutrale di Russell da parte di Gregory Landini (Landini 2011: cap. 6) illustra l’importanza della distinzione tra il criterio (1) e il (3). Landini assume che la posizione (3) esprima l’idea di neutralità di Russell. Ciò consente a Landini di concludere che Russell sia un fisicalista e un monista neutrale (vedi Landini, 2080, 291, 297). Secondo Landini, Russell è un monista neutrale perché ogni entità fondamentale può essere un costituente delle entità non-fondamentali sia fisiche che mentali; e Russell sarebbe un fisicalista perché ogni entità fondamentale del suo sistema è fisica. [1]
(4) è presente nel pensiero di Mach e James. Ma gioca un ruolo prominente nel pensiero di Russell. La sua adozione di (1) in congiunzione con (4) , soprattutto in Russell 1921, crea confusione, e ha portato un buon numero di suoi critici (Stace 1946; Bostock 2012) ad argomentare che (almeno le forme iniziali de) il monismo neutrale sia meglio comprensibile come una forma di dualismo.
I monisti tradizionali rifiutano (5), ma molte delle loro formulazioni suggeriscono il contrario. Non è difficile trovare passaggi in cui si afferma che un’entità neutrale è sia fisica che mentale. Una lettura caritatevole di questi passaggi suggerisce che essi sono meglio compresi come forme abbreviate per dire che quest’entità neutrale è membro di due gruppi di entità neutrali, uno dei quali conta come fisico e l’altro come mentale. I termini “fisico” e “mentale” si applicano a gruppi di entità neutrali, non a entità individuali, come Russell nota quando parla del mentale:
il “mentale” è un carattere, come l’ “armonioso” o il “discordante”, che non può appartenere a singole entità in sé stesse, ma solo a sistemi di entità. (Russell 1927b: 209)
Tuttavia, un discreto numero di discussioni contemporanee del monismo neutrale impiega la Both View.
Le posizioni da (1) a (5) usano i concetti di mentale e fisico (o delle leggi corrispondenti) per specificare la nozione di neutralità. Siccome però la distinzione mente/materia può essere tratta in modi diversi, la nozione di neutralità varierà di conseguenza. E se fisico e mentale sono determinati come reciprocamente complementari, in tal modo eliminando la possibilità di entità che non siano né fisiche né mentali, allora non ci può essere alcuna entità neutrale (almeno non nel senso che la Neither View dà ai due termini).
Un altro tratto comune alle cinque posizioni è che tutte falliscono nel rispettare una condizione – discussa da C.D. Broad in 1925 – che ogni attributo deve possedere per definire una classe di entità. Se la neutralità è un tipo di attributo tale da formare una classe specifica di entità, “deve essere un attributo semplice, ovvero, deve essere non analizzabile nei termini di una congiunzione di altri attributi” (Broad 1925: 23). Se si accetta questo tipo di requisito dell’omogeneità rispetto alle entità neutrali, tutte e cinque le posizioni proposte sopra falliscono nel selezionare un insieme di entità che sia sufficientemente semplice e omogeneo da formare una classe.
Una preoccupazione connessa è che le posizioni da (1) a (4) non dicono niente rispetto alla natura delle entità neutrali. (1) dice solo ciò che non sono; quelle da (2) a (4) specificano alcuni ruoli che esse possono avere senza dirci nulla rispetto alla natura di chi svolge questo ruolo. (5) potrebbe far meglio in questo aspetto; ma solleva relativi problemi (vedi più avanti). Alcune versioni del monismo neutrale abbracciano questo agnosticismo rispetto alla natura del fondamento neutrale. David Chalmers ha determinato l’idea di un monismo neutrale russelliano (vedi la sezione 5.5) con “ proprietà proto-fenomeniche fondamentali che fungono da fondamento sia per proprietà fisiche che mentali”(Chalmers 2015: 264). Niente si sa rispetto al proto-fenomenico se non questa abilità di fondare i due tipi di proprietà che ci risultano più familiari.
Molti monisti neutrali sono stati più collaborativi fornendo esempi di entità con cui siamo familiari. I tre monisti neutrali classici – Ernst Mach, William James e Bertrand Russell – si riferiscono tutti e tre alle esperienze quando cercano di fornire esempi di entità neutrali. Mach parla di sensazioni, James di esperienza pura e Russell di sensazioni e percetti. Prevedibilmente questo ha accresciuto il sospetto che il monismo neutrale non sia altro che una riedizione del fenomenalismo. Altri hanno cercato il fondamento neutrale nel regno delle astrazioni. Kenneth Sayre, per esempio, si rivolge alla teoria matematica dell’informazione e sostiene che il fondamento neutrale è da concepire secondo l’ “ontologia degli stati informazionali” che tale teoria propone (Sayre 1976: 16).
Le versioni più tradizionali di monismo neutrale sono basate su (1), l’idea che il neutrale non sia né mentale né materiale. Ma talvolta la concezione della neutralità è informata dal criterio (5): il neutrale è ciò che è sia mentale che materiale. Questa visione è stata attribuita a Thomas Nagel (Godfrey-Smith 2013: 1-2; Skrbina 2005: 237; ma si veda anche la sezione 5.4). Ciò che è sia mentale che fisico non è in qualche modo indirizzato in una delle due direzioni e pertanto rimane tra esse neutrale. In tal modo la both view cattura una nozione intuitiva di neutralità. Inoltre, (5) potrebbe dirci molto più sulla natura delle entità neutrali rispetto alle posizioni da (1) a (4) – solo che quanto apprendiamo rispetto alla natura della neutralità dipende dai concetti rilevanti di mentale e fisico che vengono assunti.
Il fascino della Both View come idea di neutralità è innegabile. Ma essa porta alla commistione del monismo neutrale con altre teorie da cui dovrebbe essere distinto. In primo luogo, c’è una famiglia di teorie che attribuisce ad ogni entità fondamentale sia proprietà mentali fondamentali ed irriducibili che proprietà materiali fondamentali ed irriducibili. (si veda la sezione 8.3). La Both View del monismo neutrale lo trasforma in una teoria del doppio aspetto – una teoria che spesso vista come una forma di dualismo. In secondo luogo, la Both View della neutralità rende difficile distinguere il monismo neutrale dalla Teoria dell’identità. Secondo la teoria dell’identità “essere un dolore” e “essere la stimolazione delle fibre C” si riferiscono alla stessa singola proprietà (non due proprietà, aspetti, etc. distinte). Un modo naturale per rendere comprensibile quest’idea è dire che una data proprietà o stato è sia mentale che fisica. E ciò porta a confondere questa posizione col monismo neutrale, affermato nei termini di (5) – la Both View. La Neither View della neutralità consente di comprendere il monismo neutrale come una teoria sui generis. In virtù della sua capacità di distinguere teorie che sono spesso accorpate nella Both View, la Neither View è preferibile.
2. Monismo
C’è, quindi, un considerevole disaccordo nel come interpretare la nozione di neutralità. La nozione di monismo solleva i suoi propri problemi. Ma siccome queste questioni si presentano per ogni forma di monismo, esse sono probabilmente meno pressanti dei problemi che riguardano la neutralità . Più o meno così come si può distinguere diverse versioni di monismo neutrale sulla base della nozione di neutralità che essi impiegano, è possibile distinguere differenti versioni della dottrina basate su vari modi in cui la nozione di monismo è compresa (si veda Schaffer 2016). Il monismo neutrale potrebbe, per esempio, essere interpretato come una forma di monismo esistenziale – la visione per cui solo una singola cosa concreta esista; ma potrebbe anche essere inteso come monismo rispetto al tipo di cose che esistono – la visione per cui le cose concrete, che siano esse semplici o complesse, sarebbero tutte dello stesso tipo naturale. L’evidenza suggerisce che tutte le versioni passate e presenti del monismo neutrale sono state pluraliste in entrambi questi rispetti: esse parlano di una pluralità di enti, e più nello specifico, con una pluralità di entità neutrali fondamentali; e, datala loro attenzione al problema mente-corpo, esse riconoscono almeno entità mentali e fisiche in aggiunta a quelle neutrali. Tutte le entità che non appartengono alle classi non neutrali devono, comunque, essere considerate come derivate. Nell’analisi finale, tutte le entità devono essere ridotte a entità neutrali fondamentali o complessi di entità neutrali fondamentali.
Il discorso sulle entità fondamentali indica un’altra dimensione pluralista: la versione nota del monismo neutrale funziona con un’immagine stratificata della realtà. Le entità neutrali fondamentali formano il livello più basso della gerarchia; le entità non fondamentali e non neutrali ai livelli più alti si riducono o sono in qualche modo derivate dai livelli inferiori di entità neutrali. Perciò abbiamo a che fare con un’ontologia che riconosce una pluralità di livelli o strati della realtà.
E anche all’interno del livello delle entità fondamentali neutrali possiamo distinguere quelle versioni del monismo neutrale che sostengono che tutte le entità neutrali fondamentali appartengono a un’unica categoria, da quelle che invece distinguono due o più categorie di entità neutrali. L’ultima versione del monismo neutrale di Russell sembra essere monistica (in questo senso particolare): tutte le entità neutrali sono eventi. Ma è facile figurarsi un monismo neutrale che presenti sostanze neutrali e proprietà neutrali tra le entità fondamentali neutrali.
3. La relazione tra entità neutrali e non-neutrali
La maggior parte delle versioni esistenti di monismo neutrale sembrano riconoscere che, in aggiunta alle entità neutrali fondamentali, ci siano entità derivative, non fondamentali e non neutrali – le entità mentali e fisiche, per esempio. Ciò suscita la domanda rispetto alla relazione tra questi due tipi di entità. Ogni risposta a tale domanda incontra due sfide. Da una parte, c’è il rischio dell’eliminazione delle entità non fondamentali (si veda sezione 7.1); dall’altra parte, c’è il rischio che le entità non fondamentali e non neutrali si trasformino in elementi ultimi della realtà, e così facendo sconfessino il monismo neutrale.
La questione della relazione tra entità fondamentali e non fondamentali compare in modo eminente nel pensiero di Russell. Il metodo della costruzione logica (si veda sezione 4.3.1) è la sua risposta a questa questione. Gli altri due monismi neutrali classici – Mach e James – possono bene o male essere caratterizzati come riduzionisti (per un tentativo di sviluppare ulteriormente quest’affermazione, si veda il supplemento “Ridurre mente e materia alle entità neutrali”). La discussione contemporanea di tale questione è affrontata in particolare da numerosi filosofi nel campo del monismo russelliano (si veda la sezione 5.5). C’è un considerevole accordo che le entità neutrali fondamentali sono connesse con quelle non neutrali e non fondamentali tramite la relazione di fondamento. Ma molte questioni restano rispetto alla natura precisa dei relata delle relazioni di fondamento rilevanti (si veda la sezione 5.5).
4. Versioni tradizionali di monismo neutrale
Baruch Spinoza (1632-77) e David Hume (1711-76) sono spesso identificati come i fondatori del monismo neutrale. L’argomentazione a favore dell’inclusione di Spinoza va come segue:
La metafisica della sostanza di Spinoza è stata definita monismo neutrale; è una forma di monismo perché ammette una sola sostanza, ed è neutrale perché egli descrive l’unica sostanza come sia corpo che mente (Rosenkrantz e Hoffman 2011: 287)
Classificare Spinoza come un monista esistenziale può essere accettabile. Ma l’assegnazione di neutralità in questo caso è basata sulla problematica Both View della neutralità. Ciò suggerisce che sia meglio classificare Spinoza come un teorico del doppio aspetto (si veda la sezione 8.3 più avanti). Il caso di Hume è più complesso da determinare. È stato detto che l’interpretazione prevalente nel XX secolo di Hume sia quella di un monismo neutrale (si veda Flage 1982: 527). L’argomentazione di H. H. Price a questo riguardo è stata particolarmente influente (si veda price 1932: 105-6). D’altra parte, questa interpretazione di Hume come monista neutrale ha incontrato fortissima resistenza (Flage 1982; Backhaus 1991).
In luce di queste difficoltà è meglio iniziare la genealogia del monismo neutrale con i tre grandi: Ernst Mach, William James e Bertrand Russell. Dei tre solo Russell ha usato l’etichetta di “monismo neutrale. Ma c’è diffusissimo accordo sul fatto che Mach, James e Russell siano i tre più importanti filosofi in questa tradizione. Una caratteristica sorprendete del monismo neutrale – un riflesso delle tendenze empiriste dei suoi protagonisti – è il legame strettissimo tra entità neutrali ed esperienza. Tale connessione ha dato forma a una delle più durature critiche del monismo (si veda la sezione 7.2). Perciò e’importante notare che questo carattere saliente del monismo neutrale tradizionale non deve necessariamente farne parte (si veda la sezione 5.1).
4.1 Ernst Mach
Ernst Mach (1838 – 1916) occupa una posizione centrale nella storia del monismo neutrale. Ha influenzato William James e Bertrand Russell e, tramite loro, tutti gli scrittori sul monismo neutrale nel mondo anglosassone. La sua importanza per lo sviluppo del mondo germanofono è difficile da sovrastimare. Tra i filosofi che si sono basati sulle idee di Mach c’è Rudolf Carnap nel suo Aufbau (1928). Come medico che effettuò anche ricerca fisica e fisiologica, Mach si impegnò nell’adottare una cornice concettuale maneggevole e inclusiva che gli permettesse di portare avanti tutti questi ambiti di ricerca in una dimensione coerente e unitaria. Nei componenti semplici dell’esperienza – caldo e freddo, rosso e verde, dolce e amaro, etc. – lui trova esempi tipici di un gruppo molto più ampio di elementi le cui interrelazioni funzionali sono studiate da diverse scienze (vedi Banks 2014, ch. 1 sulla visione risolutamente realista di Mach). Mentre un dato elemento è, intrinsecamente, né mentale né fisico, i vari gruppi ai quali esso appartiene possono presentare relazioni funzionali che sono caratteristiche della fisica o della psicologia. In tal caso l’elemento neutrale forma parte della materia di studio della fisica e della psicologia. Nella citazione seguente Mach usa un colore e la nostra percezione per illustrare questo punto. Un singolo elemento neutrale – il colore – è sia il colore fisico di un oggetto fisico e la nostra percezione/sensazione mentale dello stesso. Il colore può essere definito fisico, in quanto costituente di un gruppo, e mentale in quanto costituente dell’altro gruppo, ma è sempre lo stesso elemento immutato e intrinsecamente neutrale che compare in questi due contesti diversi:
Perciò la grande separazione tra ricerca fisica e psicologica persiste solo quando noi ci assestiamo nelle nostre abituali concezioni stereotipiche. Un colore è un oggetto fisico non appena consideriamo la sua dipendenza, per esempio, dalla fonte luminosa, da altri colori, dalla temperatura, dagli spazi, e così via. Quando consideriamo, comunque la sua dipendenza dalla retina … è un oggetto psicologico, una sensazione. Non l’oggetto studiato, ma la direzione della ricerca è diversa nei due domini. (Mach 1886: 17-18)
In tal modo, gli oggetti materiali e l’ego sono dissolti in elementi/sensazioni che sono connessi in certi modi complessi. Tradotto nei termini degli oggetti materiali, ciò si legge:
cose, corpi, materia non sono niente se non combinazioni di elementi, – i colori, i suoni e così via – niente al di là dai loro cosiddetti attributi. (Mach 1886: 7)
E il destino dell’ego è simile:
Il fatto primario non è l’ego, ma gli elementi (le sensazioni) … Gli elementi costituiscono l’Io. Io ho la sensazione verde, significa che l’elemento verde si presenta in un certo complesso di altri elementi (sensazioni, memorie). Quando Io cesso di avere la sensazione del verde, quando Io muoio, allora gli elementi non si presentano più nel sistema ordinario, familiare di associazioni. Questo è tutto. Solo un’unità ideale di economia-mentale, non una reale unità, ha cessato di esistere. (Mach 1886: 23-24)
Per Mach il mondo si presenta come una “massa vischiosa [di elementi], in alcuni luoghi (come nell’io) più strettamente coerenti che in altri” (Mach 1886: 17). Gli elementi neutrali (solo una piccola frazione dei quali sono sensazioni) e le loro relazioni sono la realtà fondamentale. Noi disegniamo confini intorno a certi gruppi di elementi che sono connessi gli uni agli altri in modi interessanti, perché ciò serve a nostri scopi – gli scopi della scienza e della vita ordinaria. Noi possiamo continuare a parlare di cose materiali e di sé; è vantaggioso farlo. Ma, parlando strettamente, “entrambi [oggetti ed ego] sono finzioni provvisorie dello stesso tipo” (Mach 1905:9).
Le fonti primarie di Mach sul monismo neutrale sono un numero di saggi e capitoli contenuti nei suoi libri che furono originariamente pubblicati in Mach 1886, 1894 e 1905. La dimensione di questi libri è cresciuta in modo significativo man mano che si progrediva tra le edizioni. Alcuni dei passaggi più importanti sul monismo neutrale non sono contenuti nelle traduzioni disponibili in inglese di questi lavori.
4.2 William James
William James (1842 – 1910) usa il termine “empirismo radicale” per la visione che presenta in James 1912 – l’idea che è divenuta il paradigma del monismo neutrale. La sua critica della teoria relazionale dell’esperienza – secondo cui il sé dirige un atto verso un oggetto – è stata il modello su cui in seguito Russell ha costruita la sua analisi dell’esperienza. James presenta questo argomento come attacco a una specifica concezione di coscienza. Egli la trova nella tradizione neo-kantiana e nella tradizione analitica originaria. E oggi la possiamo trovare in filosofie così diverse come l’esistenzialismo e il naturalismo filosofico. Grosso modo, è la nozione per cui la coscienza è un medium o contenitore di qualche tipo, diafano, trasparente ed elusivo in cui gli oggetti della coscienza appaiono. Gli oggetti che sono, in tal senso, “nella” coscienza, semplicemente ci si presentano. Ma la coscienza che rende possibile il presentarsi di questi oggetti sfugge alla nostra capacità di afferrarla. Questa esile nozione di coscienza è ciò che James vuole eliminare:
Io credo che la “coscienza” quando sia evaporata in questa condizione di pura difaneità, è lì-lì per sparire del tutto. Praticamente è la definizione stessa di una non-entità, e non ha alcun diritto a un posto tra i principi primi. Quelli che ancora vi si aggrappano stanno aggrappati a una mera eco, il rumore di fondo lasciato da un’ “anima” che scompare nell’aria della filosofia. (James 1904b: 2)
La sua proposta radicale è di scartare semplicemente questo ombroso qualcosa e di proseguire con ciò rimane, con ciò che fino a quel momento è stato considerato l’oggetto dell’atto di coscienza. Egli introduce il termine “esperienza pura” come definizione di questo dato. Antecedente a ogni ulteriore organizzazione, l’esperienza pura è, secondo James, neutrale – né mentale né fisica:
Il campo istantaneo del presente è ciò che io chiamo tutte le volte “pura” esperienza. Essa è solo potenzialmente o virtualmente oggetto oppure soggetto a questo punto. Nel momento vigente, essa è semplice, non qualificata attualità, o esistenza, un semplice questo. (James 1904b: 23)
Mente e materia, conoscente e conosciuto, pensiero e cosa, rappresentazione e rappresentato sono allora interpretati come risultanti da differenti raggruppamenti funzionali di pura esperienza (vedi James 1905: 64).
Nella conoscenza percettiva il percipiente e il percepito si fondono o mescolano (James usa entrambi i termini): un’istanza di pura esperienza è la cosa percepita così come il percepire quella cosa. La differenza giace solo in come queste singole porzioni di pura esperienza sono connesse ad altre parti di pura esperienza:
La carta osservata e il suo osservarla sono solo nomi per un unico fatto individuale che, propriamente definito, è il dato, il fenomeno o l’esperienza. La carta è nella mente e la mente è attorno alla carta, perché la carta e la mente sono solo due nomi che vengono dati in seguito a un’unica esperienza, quando, persa in un mondo più ampio di cui essa costituisce una parte, le sue connessioni sono tracciate in direzioni differenti. Sapere immediatamente, allora, o intuitivamente, è per il contenuto mentale e per l’oggetto essere identici. (James 1895: 110)
La conoscenza concettuale è più complessa. Nel caso più semplice di conoscenza concettuale abbiamo a che fare con
due pezzi di esperienza attuale che appartengono allo stesso soggetto, con tratti definiti di esperienza congiuntiva transizionale tra loro. (James 1904a: 53)
Il primo componente di esperienza pura è il pensiero – il pensare così come il pensato – poniamo il caso di un pensiero sull’Harvard’s Memorial Hall, come nel celebre esempio di James (si veda James 1904a: 55ff). E, nel caso più semplice, il secondo componente dell’esperienza pura è la cosa – il Memorial Hall – a cui si stava pensando, così come la percezione del Memorial Hall. Il pensiero ci ha guidato al Memorial Hall e ora noi ci troviamo in sua presenza. È questa funzione di guida (sui cui dettagli James ha molto da dire) che costituisce l’intenzionalità del pensiero, che costituisce il fatto che il pensiero era rivolto a quella certa cosa. Una volta che il pensiero ci ha guidato al Memorial Hall,
il percetto non solo verifica il concetto, prova la sua funzione di conoscenza che il percetto è vero, ma l’esistenza del percetto come termine di questa catena di intermediari crea la funzione. Qualsiasi cosa termini la catena era, in quanto in quel momento si dimostra essere il caso, ciò che il concetto “aveva in mente”. (James 1904a: 60-1)
Questo è il modo in cui James ricostruisce l’idea di rappresentazione in un modo che non chiami in causa sospette capacità mentali di intenzionalità intrinseca. Egli considera questo come un chiaro successo del suo empirismo radicale:
L’importanza maggiore per la vita umana di questo tipo di conoscenza consiste nel fatto che un’esperienza sa che un’altra esperienza può fungere come sua rappresentante, non in un qualche quasi-miracoloso senso “epistemologico”, ma nel senso pratico definito di essere il suo sostituto in varie operazioni, talvolta fisiche e talvolta mentali, che ci guidano alle sue associazioni e a certi risultati. (James 1904a: 61)
Non tutta l’esperienza concettuale risulta come conoscenza. Se il processo di guida non inizia, o fallisce nel giungere a qualche esperienza terminale, non c’è niente che la prima esperienza giunga a sapere. In tal caso la rappresentazione è vuota o falsa.
I saggi nei quali James espone il suo empirismo radicale sono tra i più influenti e accessibili di tutta la letteratura sul monismo neutrale. Si può probabilmente asserire che James abbia convertito Russell al monismo neutrale. E la sua influenza sui monisti neutrali tra i Nuovi Realisti Americani è enorme. La fonte primaria della visione di James sul monismo neutrale sono i saggi raccolti in 1912.
4.3 Bertrand Russell
Seguendo una serie di interazioni critiche col monismo neutrale (si veda in particolare Russell 1914 a, b), Russell finì per adottarlo definitivamente in Russell 1919 e rimase un monista neutrale per il resto della sua lunga carriera: “Sono convinto che non vi sono stati mutamenti importanti nelle mie opinioni dalla mia prima adozione del monismo neutrale” è ciò che dice in un’intervista del 1964 (Eames 1969: 108). Ma la domanda se il monismo neutrale di Russell sia meglio definito come una singola teoria o come una sequenza di teorie connesse ma significativamente differenti, così come la questione di quali, caso mai, di queste teorie dovrebbero valere come versioni di monismo neutrale, sono state a lungo dibattute (si veda Wishon 2015; Bostock 2012; Stacey 1946). Russell 1919 e 1921 sono generalmente considerate le versioni iniziali del suo monismo neutrale. Russell 1927a e 1927b contengono la dottrina matura. Nei suoi lavori più tardi – Russell 1948 e 1956a – egli non usa più il termine “monismo neutrale” ma la dottrina non sembra essere cambiata particolarmente.
4.3.1 Costruzionismo logico e monismo neutrale
Quando Russell guarda al monismo neutrale, egli vede una teoria che incarna lo spirito della “massima suprema nel filosofare scientifico” (Russell 1914c: 155) in un modo particolarmente puntuale. Questa massima è il rasoio di Occam: le entità non vanno moltiplicate oltre necessità. In una delle formulazioni di Russell si legge: “Ogni qual volta sia possibile, sostituire costruzioni di entità note al posto di entità ignote” (Russell 1924: 326). Entità note sono quelle che conosciamo in modo diretto e non inferenziale; ignote sono quelle che accettiamo solo sulla base di inferenze da quelle note. La massima di Russell incoraggia a scoprire strutture complesse di entità note che possono giocare il ruolo che si assegnava alle entità inferite . Sostituendo queste strutture complesse – le costruzioni – al posto delle entità frutto di inferenza, tutto continua a funzionare come prima. Il punto di questa procedura è epistemico: non siamo più appesantiti dal rischio inferenziale delle entità frutto di inferenza, e il rischio di errore è ridotto. Russell rimane agnostico rispetto alle entità frutto di costruzione. Non sono né identificate né eliminate dal corrispondente atto di costruzione. E non è implicato alcun richiamo a sopravvenienza, emergenza, costituzione o fondamento.
Il monismo neutrale tiene fuori la seducente promessa che tali costruzioni possano essere trovate per tutte le entità inferite della fisica, della psicologia e del senso comune. Tutti questi insiemi di conoscenza sono preservati ma con un costo epistemico di gran lunga ridotto. Questo è l’ordine di considerazioni che porta Russell ad abbracciare il monismo neutrale: esso è perfetto per questo impegno di lungo corso al programma della costruzione logica. Un ulteriore beneficio di sostituire la costruzione di entità neutrali al posto di entità fisiche o mentali è una soluzione elegante al problema mente-corpo.
La costruzione logica è un processo di scoperta, non di manipolazione: per costruire logicamente delle x a partire da delle y non è altro che scoprire che le y, quando manifestano un certo tipo di struttura, possono ricoprire il ruolo delle x. La costruzione di Russell di un punto nello spazio, un istante nel tempo, un tavolo e di una credenza può illustrare la procedura. (i) Una bambola di Russell è un buon modello di come Russell (seguendo Whitehead) propone di costruire un punto nello spazio. L’idea grossomodo è di prendere “la classe di tutti quegli oggetti che, come uno sarebbe naturalmente portato a dire, contengono il punto” (Russell 1914a: 117) e di sostituire questa classe di oggetti assembrati (la struttura delle y) con i punti nello spazio (le x). (ii) Gli istanti esperiti nel tempo (le x) sono costruiti scoprendo che le esperienze di una persona, le quali sono tutte estese nel tempo, possono sovrapporsi l’un l’altra in modo da convergere su un certo istante. Esso è
Un gruppo di eventi, tutti appartenenti a quest’esperienza, e aventi le seguenti due proprietà: (1) tutti gli eventi presi a due a due si sovrappongono con tutti; (2) nessun evento al di fuori di questo gruppo si sovrappone con ciascun altro membro di questo gruppo. (Russell 1927b: 288)
(iii) Piuttosto che vedere il tavolo come causa delle nostre sensazioni del tavolo, Russell propone (di nuovo, come prima approssimazione) di vedere il tavolo come “l’insieme di tutti quei particolari che verrebbero naturalmente chiamati ‘aspetti’ del tavolo da differenti punti di vista” (Russell 1921: 98). (iv) La costruzione logica che deve prendere il posto delle credenze consiste nelle seguenti tre componenti:
(a) Abbiamo una proposizione che consiste di immagini connesse e potenzialmente almeno in parte di sensazioni; (b) abbiamo una sensazione di assenso, che è presumibilmente una sensazione complessa che richiede analisi; (c) abbiamo una relazione, attualmente sussistente, tra tale assenso e la proposizione, così come è espressa nel dire che tale proposizione è ciò verso cui si ammette l’assenso. (Russell 1921: 251)
Come mostrano questi esempi, non c’è un singolo metodo di costruzione, né un solo tipo di struttura utilizzabile per diversi progetti di costruzione logica. La natura delle x (l’obiettivo della costruzione) e quella delle y (i materiali di costruzione) guidano la ricerca per strutture che funzionino nel caso di volta in volta in questione.
4.3.2 Entità neutrali note
Il primo insieme di entità note che Russell mette in campo per portare avanti il suo progetto di costruzione logica sembra in realtà molto piccolo e incredibilmente poco neutrale. Esso consiste delle sue sensazioni e immagini – queste hanno grande spazio in Russell 1919, 1921 – e le sue percezioni (percetti) – queste giocano un ruolo di primo piano in Russell 1927 a e b, 1948. Tutto il resto – elettroni, mele, galassie e sé, etc. – necessita di costruzione logica.
Per un’entità, essere neutrale vuol dire “non avere né l’indistruttibilità e durezza della materia, né la referenza a oggetti che si suppone caratterizzi la mente” (Russell 1921: 36; cf. 124). Russell non dubita mai che le sensazioni possano essere materiali (in tal senso). Che le sensazioni siano mentali (in tal senso) – che esse consistano di atti mentali di sensazione diretti a oggetti non-mentali – era comunque, una parte importante dei suoi lavori precedenti. Ma poi questa visione cambia:
In passato ho creduto che la mia stessa disamina mostrasse la distinzione tra un rumore [l’oggetto] e il mio udirlo [l’atto di sensazione], e sono ora convinto che esso non mi mostri più tale cosa adesso, e che anzi non l’abbia mai fatto. (Russell 1918b: 255)
Tutto ciò che Russell trova nell’introspezione di un episodio di sensazione è un solo oggetto “che può essere chiamato indifferentemente rumore o rumore-udito” (Russell 1918: 255). Spostando l’esempio sui colori, scrive:
la sansazione che abbiamo nel vedere una superficie colorata semplicemente è quella superficie colorata … la superficie colorata e la nostra sensazione visiva sono la stessa cosa. (Russell 1921: 142-3)
E dato che rumore e superfici colorate non sono intenzionali – non sono diretti a niente, ma sono semplicemente presenti – le sensazioni sono non-mentali. Ciò stabilisce la neutralità delle sensazioni. E siccome le immagini hanno la stessa natura delle sensazioni (cfr. Russell 1921: 117, 121, 154, 156, 287, 297) esse stesse sono neutrali. I percetti sono composti di sensazioni e immagini e ne ereditano la neutralità di queste.
4.3.3 Ulteriori entità neutrali: realismo
L’attenzione che Russell dedica a sensazioni, immagini e percetti spiega perché egli sia stato spesso accusato di fenomenalismo. Ma nella sezione precedente abbiamo visto come Russell argomenta per la non-mentalità di queste entità. Inoltre, questa critica ignora che Russell lavorava con un insieme molto vasto di materiali da costruzione. Egli consente l’ampliamento dello spazio del noto mediante una serie di caute inferenze. In un primo momento,egli argomenta che “tutti i nostri percetti sono composti di parti non percepibili” (Russell 1927 a: 282); secondo, ci sono sensazioni, immagini e percetti che non sono i nostri; terzo, e più importante, noi possiamo inferire l’esistenza di un vasto numero di entità che “non sono parte di alcuna esperienza” (Russell 1921: 25). In tal modo Russell arriva all’idea che “il mondo è davvero pieno di eventi” (Russell 1927 a: 258), di cui solo una parte insignificante è costituita dalle nostre esperienze.
I nostri stessi percetti, immagini e sensazioni occupano un luogo privilegiato in questo sistema delle entità – essi sono “cio’ di quanto più indubitabile della nostra conoscenza del mondo” (Russell 1927b: 139). Questa conoscenza è di un tipo “più intimamente qualitativo” (Russell 1927 a: 389); esso rivela il carattere intrinseco di queste entità. Ma la nostra conoscenza del “mondo fisico [il mondo costruito mediante le entità al di fuori della mia esperienza] è puramente astratta: conosciamo certe caratteristiche logiche della sua struttura, ma non sappiamo nulla del suo carattere intrinseco” (Russell 1927b: 306-307).
Russell considera tutte queste differenti entità come neutrali (nel senso della Neither View); e li considera tutti eventi, dove un evento è concepito come “qualcosa che occupa una porzione finita di spazio-tempo” (Russell 1927b: 287). Il rumore e la superficie colorata considerate in precedenza sono tipici esempi di eventi. Un evento Russelliano è assoluto, nel senso di C. D. Broad: “esso stesso non dovrebbe essere uno stato di stabilità o mutamento nelle qualità o relazioni di alcun’altra cosa” (Broad 1959: 739; vedi anche Maxwell 1978: 385-6 sugli eventi puri). Secondo Russell, la fisica insegna che gli eventi “accadono e basta, non accadono ‘alla’ materia oppure ‘a’ qualcos’altro” (Russell 1927b: 289). Ciò vuol dire che non dobbiamo pensare agli eventi mentali (o qualsiasi altro evento) “come consistenti di movimenti di pezzetti di materia” (Russell 1927b: 292), in quanto “la materia in movimento […] non è un evento nel nostro senso” (Russell 1927b: 296).
L’universo del monismo neutrale di Russell è un plenum di eventi assoluti – un vasto assemblaggio di accadimenti che si sovrappongono e che, nella loro breve durata, sono continuamente rimpiazzati da nuovi eventi. Questo ammasso di eventi in costante mutamento mostra ogni sorta di schemi dinamici. Noi dobbiamo pertanto indagare le leggi che governano questi eventi e danno vita alla formazione di questi complessi schemi dinamici. Ma noi abbiamo la fisica, che descrive il comportamento di alcuni eventi governati da leggi che vanno sotto il nome di materia. E abbiamo la psicologia che descrive un insieme di regolarità di tipo abbastanza differente che si ha in una regione abbastanza specifica di questo plenum di eventi – ovverosia, in quelle regioni che sono occupate da quei pezzi di materia chiamati cervelli. Ma tutte queste componenti delle costruzioni logiche che sono la materia, e tutti quegli altri componenti che sono le costruzioni logiche degli stati mentali, hanno la stessa natura – sono eventi neutrali.
4.4 Altri monisti neutrali classici
Ci sono, ovviamente, molti altri filosofi che si potrebbero includere in questa lista dei monisti neutrali. Nel mondo tedesco troviamo Richard Avenarius (1843-96), che era in contatto con Mach, e Joseph Ptzoldt (1862- 1929), che fu influenzato dai lavori di Avenarius. Le principali riflessioni di Avenarius sul monismo neutrale sono contenute in Avenarius 1888/90, 1891, e 1894/95. I lavori principali di Petzoldt a riguardo sono Petzoldt 1900, 1904, 1906. Nel mondo anglosassone, il monismo neutrale ebbe grande successo presso il movimento del Nuovo Realismo Americano. Ralph Burton Perry (1876-1957) – studente e amico di James – è il più noto monista neutrale in questo gruppo. Il suo 1912 è la fonte principale per la sua versione di monismo neutrale. E Edwin B. Holt (1873 – 1946) sviluppò un ambizioso programma di monismo neutrale nei suoi 1912 e 1914.
5. Versioni contemporanee di monismo neutrale
5.1 L’informazione come realtà ultima
Anticipando di qualche decade il ritorno d’interesse per il monismo neutrale, Kenneth Sayre (1929-) pubblicò le sue idee sul monismo neutrale nei testi del 1970. A differenza dei big three, Sayre non trova la base neutrale del sistema nell’esperienza, ma nel reame platonico della pura informazione, dove il termine ‘informazione’ è da intendere nei termini specifici della Information Theory. La sua proposta non deve essere confusa con la molto meno controversa idea che tanto il mentale che il fisico possano essere descritti in termini di informazione. Sayre avanza un’asserzione di tipo ontologico sulla natura fondamentale della realtà- e cioè che essa consiste di stati informazionali:
Se il progetto […] avrà successo, non avrà mostrato solo che il concetto di informazione fornisce un dato primitivo per l’analisi sia del fisico che del mentale, ma anche che gli stati di informazione … esistono in modo preordinato a quelli mentali. Dato che in tal senso l’informazione sarebbe preordinata alla mente, ma anche implicata in ogni tipo di stato mentale, ne segue che essa sarebbe prioritaria a anche in senso ontologico … Il successo del presente progetto pertanto mostrerà che un’ontologia degli stati informazionali è adeguata a una spiegazione del fenomeno della mente, come distinto da un’ontologia degli eventi fisici. [E aggiunge Sayre] È poi una ragionevole congettura che un’ontologia dell’informazione abbia un simile ruolo di fondamento per le scienze fisiche … (Sayre 1976: 16)
La sfida più grande per il monismo neutrale è mostrare come possano delle entità derivate dall’esperienza essere effettivamente neutrali e non mentali. Scegliendo un’ontologia degli stati informazionali come “roba neutrale” Sayre mette da parte in modo elegante questo problema. Ma sebbene la neutralità degli stati informazionali possa anche essere ammessa, la relazione tra questa “roba” astratta e il mondo concreto delle entità fisiche e mentali diventa molto più urgente.
I lavori principali di Sayre sul monismo neutrale possono essere trovati nel suo 1976. Più di recente David Chalmers ha esplorato l’idea di un’ontologia informazionale (si veda Chalmers 1996). E le idee connesse che la realtà ultima sia puramente strutturale (Ladyman e Ross 2007; Floridi 2008, 2009), che sia un processo computazionale (Fredkin 2003; Lloyd 2006), o meramente matematico (Tegmark 2014) sono oggetti di vivaci discussioni.
5.2 Empirismo realista: monismo tradizionale aggiornato
Nel suo recente libro The Realistic Empiricism of Mach, James, and Russell. Neutral Monism Reconceived (2014), Erik Banks presenta una rassegna critica dei tre grandi del monismo neutrale, ma anche il suo personale sviluppo della dottrina.
Il nucleo del monismo neutrale di Banks si riassume più o meno così:
gli eventi individuali sono neutrali, né mentali né fisici. Gli eventi neutrali costituiscono i sistemi “fisici” e l’estensione e le sensazioni “mentali” nella mente per mezzo di differenti relazioni funzionali. (Banks 2014: 203)
Ciò si tiene abbastanza nei ranghi delle versioni tradizionali di monismo neutrale, soprattutto la tendenza a mettere gli eventi come fondamento che Russell stesso ha portato avanti negli anni dopo il 1927. Ma Banks inserisce questo nucleo in una cornice metafisica più ampia. La teoria che ne risulta è particolarmente originale.
Come primo passo, Banks spiega come quest’idea funzioni bene con un framework fisicalista a posteriori. Il fisicalismo, secondo Banks, è meglio espresso come la visione che il mentale sopravviene al fisico. Il fisicalismo classico si concentra sulla questione di come proprietà e relazioni mentali dipendano da proprietà e relazioni fisiche. Ma il fisicalismo standard non specifica la natura delle entità che esemplificano queste relazioni e proprietà. Qualsiasi insieme di entità può andar bene, fintantoché la relazione di sopravvenienza tra fisico e mentale sia mantenuta. Un fisicalismo potenziato supera quello classico nello specificare la nature delle entità che detengono o determinano le proprietà e relazioni rilevanti:
Nel fisicalismo potenziato […] l’instanziazione di tutte le proprietà fisiche sono eventi individuali particolari in relazioni causali-funzionali tra loro. (Banks 2014: 147)
Questo è il modo in cui gli eventi neutrali si inseriscono in un’immagine fisicalista che Banks vuole proporre.
In un secondo momento, Banks fornisce una descrizione di questi eventi. Gli eventi hanno, e sono identificati da, un carattere intrinseco o qualità concrete. Nessuna di queste qualità è mentale, ma l’esperienza ci rende familiari alcune di esse (si veda Banks 2014: 6). Queste qualità sono i modi in cui certi poteri si manifestano entro gli eventi (si veda Banks 2014: 6). Esempio di tal tipo di potenze (o energie) sono l’elettromagnetismo, la gravita e le forze nucleari, e più rilevanti nel presente contesto, le energie neurali – le energie interne dei neuroni (si veda Banks 2014: 149, 203). Manifestandosi qualitativamente a livello del singolo neurone, queste energie possono esprimersi come eventi di scarica elettrica; ma manifestandosi a livello di evento cerebrale complesso – un evento che è in “qualche modo” ‘composto’ di neuroni che scaricano entro un cluster” (Banks 2014: 147 – questa stessa energia neurale può determinare l’evento della sensazione del blu. Questo chiuderebbe il chiasma apparente tra l’esperienza del blu e la trasmissione sinaptica di un gruppo di neuroni, una volta compreso che
il qualia del blue e la scarica elettrica individuale sono solo manifestazioni diverse e mutuamente esclusive degli stessi poteri neutrali che noi per errore vediamo appartenenti a diverse categorie di eventi. (Banks 2014: 164)
Questa è un’immagine attraente, ma è difficile vederla come un monismo neutrale degli eventi. In che cosa consisterebbe, infatti, la neutralità di simili eventi – un’esperienza di blu e la trasmissione neurale? Sembra, inoltre, che gli eventi (che siano essi neutrali o meno) non giochino più un ruolo di fondamento ontologico. Al loro posto troviamo le potenze o energie che determinano questi eventi.
Banks affronta questo secondo problema in modo diretto. Le potenze sono identiche con le loro particolari manifestazioni, identiche con gli eventi che sono costituiti dalle singole qualità in cui queste stesse potenze di manifestano (si veda Banks 2014: 149). Ovvero, non c’è un livello separato e più fondamentale della realtà al di là degli eventi. Le potenze sono nient’altro che gli eventi. L’energia neurale è identica con l’evento della scarica elettrica di un gruppo di neuroni; questa stessa energia è identica anche con la sensazione del blu. Ma, e questa la parte cruciale della visione di Banks, gli eventi di scarica elettrica non sono identici con la sensazione del blu. Banks vede chiaramente il problema che questa posizione pone:
come può essere che le potenze siano identiche in ciascuna manifestazione e perfino identiche come potenze nell’insieme dei singoli eventi che le manifestano, ma che questi singoli eventi non siano identici? (Banks 2014: 149)
Questo non è un nodo semplice da sciogliere. Forse un appello all’identità relativa può aiutare.
Assumiamo che il valore di fondamento degli eventi sia stabilito, ci troveremmo di fronte alla questione di cosa li qualifica come neutrali. Si consideri
l’evento di vedere una superficie blu e l’evento di avere tutti i neuroni configurati che trasmettono nella regione del cervello responsabile per la visione della superficie blu. (Banks 2014: 164)
Alla visione ingenua che vede il primo evento come mentale e il secondo come fisico, Banks risponde come segue:
Il fenomeno della sensazione semplicemente si categorizza come il suo posto come un certo tipo di evento fisico tra altri nella natura. La categoria separata dei fenomeni mentali cessa di esistere, eccetto che, come un modo di parlare provvisorio. (Banks 2014: 164)
Che si tratti di un monismo in questo caso è fuori di dubbio, ma la neutralità dello stesso è in qualche modo abbastanza elusiva.
5.3 Mente e Materia: Una distinzione meramente concettuale
In attesa di una miglior etichetta, John Heil ha presentato la sua visione del problema mente-corpo come una forma di monismo neutrale. Infatti, lui si oppone all’essere definito come materialista
perché essa implica un’asimmetria nell’identificazione delle qualità mentali come qualità materiali: il mentale è soppiantato dal materiale (Heil 2013: 242)
Né tanto meno si considera un idealista. E inoltre ha delle ragioni sistemiche profonde per rifiutare il dualismo delle proprietà che caratterizza le varie versione del materialismo non riduzionista. Il monismo neutrale che egli accetta si caratterizza come segue:
Il monismo neutrale include la negazione che ci sia un chiasma tra mentale e materiale e che vada chiuso. La distinzione mentale-materiale è, come Spinoza e Donald Davidson sostengono, una distinzione concettuale e non una distinzione reale, non una distinzione nella realtà. (Heil 2013: 242)
Un esempio aiuterà a cogliere lo spirito di questa proposta. Si prenda la ben nota affermazione che il dolore sia la stimolazione di fibre c. Secondo Heil, ciò vuol dire che il predicato “stimolazione delle fibre c” e il predicato “dolore” si applicano alla stessa cosa: tutte le cose che sono descritte in modo adeguato come stimolazioni di fibre c sono descritte altrettanto in modo adeguato come dolori. Ma – e questa è un’affermazione cruciale che qui non può essere sviluppata – questo non vuol dire che ci sia una proprietà di essere la stimolazione di fibre c e una proprietà di essere un dolore, e che queste due proprietà si mantengano in una qualche peculiare relazione, come l’identità, la riduzione, la realizzazione, etc. Ciò che questo vuol dire è che ci sono oggetti complessi che rendono vere entrambe le suddette proposizioni. La natura delle parti di questi oggetti, così come le loro intricate relazioni reciproche, sono la realtà che è descritta correttamente come stimolazione di fibre c e dolore.
Questa parte del resoconto di Heil sembra consistente con lo spirito del monismo neutrale tradizionale. Ci si ricordi della descrizione che Russell fa del suo progetto: “Ciò che intendo fare in questo saggio è di ridefinire le relazioni tra mente e cervello in termini che non implichino l’esistenza di nessuno dei due” (Russell 1956 a: 145). Ciò può facilmente essere letto come negazione dell’esistenza di un chiasma tra proprietà mentali e fisiche. E gli oggetti complessi di Heil che fungono da portatori di verità per descrizioni mentali e fisiche possono essere visti come analoghi dei gruppi di eventi di Russell (le costruzioni logiche) che possono essere descritti in termini adeguati sia fisici che mentali. Ciò consente un parallelo significativo tra le due proposte.
Ma c’è una parte aggiuntiva del monismo neutrale – una su cui tutti i principali monisti neutrali concordano – che Heil rifiuta. Quando egli racconta la “storia profonda” (termine di Heil) sulla natura degli oggetti complessi (i portatori di verità per proposizioni intorno a fibre c e dolori, etc.) egli si rivolge alla fisica fondamentale:
Io ritengo che sia una questione empirica – una questione della scienza, della fisica fondamentale – la natura di queste sostante, ciò che esse sono e come lo sono. (Heil 2013: 201-2)
Pertanto, i costituenti fondamentali del mondo – le sostanze e le proprietà – che Heil descrive sono, nel miglior senso del termine, fisici. Qui il monista neutrale (impegnato nella Neither View della neutralità) si separa da Heil. La storia profonda del monista neutrale richiede che le entità fondamentali – siano esse eventi, pezzi di informazione, sostanze, proprietà, etc. – non siano fisiche (né tanto meno mentali, ovviamente). Cioè, esse non sono il tipo di cosa di cui la fisica fondamentale (o la psicologia) possa rivelare la natura intrinseca.
5.4 Entità di base complesse
Nel suo recente libro Mind and Cosmos (2012) Thomas Nagel afferma che “il peso delle prove favorisce una qualche forma di monismo neutrale rispetto alle tradizionali alternative di materialismo, idealismo e dualismo” (2012: 5). Il monismo neutrale è inteso come una visione che “spiega la relazione tra mente e cervello in termini di qualcosa di più basilare sull’ordine naturale” (2012: 56). Ciò fornisce un’immagine di un “monismo generale secondo il quale i costituenti dell’universo hanno proprietà che spiegano non solo il suo carattere fisico ma anche il suo carattere mentale” (2012: 56). Prendendo in prestito un concetto da Tom Sorrell (che Nagel cita con approvazione), possiamo dire che questi costituenti di base dell’universo sono “trans-fisici e trans-mentali” (2012: 57). Questo spiega in modo molto accurato il senso di neutralità. L’affermazione che tutti i costituenti di base devono essere dello stesso tipo – ovvero il fatto che abbiamo a che fare con un monismo – è supportata dalla considerazione che qualsiasi costituente di base potrebbe essere parte di una entità psicofisica, come noi stessi. Quindi ogni costituente di base deve essere del tipo che può spiegare i tratti fisici e mentali così come li conosciamo.
Tutto ciò che è stato detto fino a questo punto supporta l’opinione secondo cui Nagel sostiene il monismo neutrale. Ma ciò che Nagel asserisce in seguito sembra contraddire questa semplice immagine. Egli scrive:
Tutto, vivente o no, è costituito da elementi aventi una natura che è sia fisica che non-fisica, cioè capace di combinarsi in costrutti mentali. Quindi questo racconto riduttivo può anche essere descritto come una forma di panpsichismo: tutti gli elementi del mondo fisico sono anche mentali. (Nagel 2012: 57)
Si noti che la descrizione dei costituenti di base è cambiata da “trans-fisico e trans-mentale” a “fisico e mentale”, dal Neither View al Both View. E Nagel è ben consapevole che queste non sono la stessa cosa. In un precedente articolo in cui considera il monismo neutrale, scrive:
questa visione implicherebbe che i costituenti fondamentali del mondo, di cui tutto è composto, non sono né fisici né mentali, ma qualcosa di più basilare. Questa posizione non è equivalente al panpsichismo. Il panpsichismo è, in effetti, fino al livello fondamentale una forma di dualismo. Questo è una forma di monismo completo. (Nagel 2002: 231)
C’è un modo per superare questa apparente tensione e per vedere questi due punti di vista come parti di un insieme coerente? In una comunicazione personale, il professor Nagel ha offerto la seguente spiegazione:
gli elementi fondamentali non sarebbero né meramente fisici né meramente mentali, ma qualcosa che fosse necessariamente sia fisico che mentale (o proto-mentale); ma poiché questa connessione necessaria non può reggere direttamente tra il fisico e il mentale come li concepiamo, richiederebbe che il carattere reale di questi costituenti fondamentali sia qualcosa di più basilare che spieghi il loro essere sia fisico che (proto) mentale.
L’immagine risultante è questa. Descritti a livello più fondamentale, i costituenti del mondo hanno proprietà che non sono né mentali né fisiche. Queste proprietà neutre di ogni entità fondamentale danno origine a proprietà fisiche e mentali (o proto-mentali). Quindi ogni costituente fondamentale è complesso: ha proprietà mentali (o proto-mentali), ha proprietà fisiche e ha questi due insiemi di proprietà come conseguenza necessaria del suo avere un terzo insieme di proprietà: le proprietà neutre.
Il ruolo fondamentale svolto dalle proprietà neutre (secondo la Neither Sense) suggerisce che la teoria è una forma di monismo neutrale. Questa interpretazione può essere ulteriormente supportata sostenendo che le proprietà neutre fondano le altre proprietà delle entità di base e che le proprietà fondanti non diano “nessuna aggiunta all’essere”.
Altri si opporranno all’interpretazione del monismo neutrale del punto di vista di Nagel, insistendo sul fatto che le entità di base che hanno proprietà mentali e fisiche non possono essere considerate neutre, dato l’uno e l’altro significato di neutralità.[10] Il motivo per chiamarlo panpsichismo si basa sul fatto che ogni entità fondamentale ha caratteristiche mentali. La ragione per chiamarla una teoria dal doppio aspetto si basa sul fatto che ogni entità fondamentale ha caratteristiche fisiche e mentali. E se la neutralità è intesa secondo il Both Sense, allora questo stesso fatto indica che, dopotutto, abbiamo a che fare con una versione di monismo neutrale. Ma se accettiamo l’idea dei monisti neutrali tradizionali nel comprendere la neutralità secondo il Neither Sense, e se li si segue ulteriormente nell’assumere che le proprietà di essere mentali e di essere fisici sono proprietà che possono essere possedute solo da gruppi di entità di base, non da singole entità di base, allora è consigliabile negare che il punto di vista di Nagel sia una versione del monismo neutrale. Forse è meglio caratterizzarlo come una forma di teoria del doppio aspetto, o come una forma di dualismo delle proprietà, nel caso in cui gli aspetti siano distinti dalle proprietà (vedere la sezione 8.3 sotto).
5.5 Monismo russelliano
Nella ricerca di una soluzione al problema mente-corpo si può essere affascinati dal pensiero che sappiamo meno della materia di quanto possiamo comunemente credere. Tutto ciò che sappiamo (o possiamo) conoscere sono le proprietà disposizionali della materia.[11] Una volta combinato con l’intuizione che le disposizioni necessitano di basi categoriche, si scopre che la propria concezione della materia è radicalmente incompleta. Oltre a tutte le proprietà disposizionali di cui tratta la fisica, la materia deve avere proprietà categoriali intrinseche. Poiché la natura di queste proprietà intrinseche è sconosciuta, la seguente idea lo suggerisce lei stessa. Forse queste proprietà svolgono un duplice ruolo: oltre a fondare le proprietà disposizionali della materia, servono anche come basi della nostra esperienza cosciente. Questi sono i tipi di considerazioni che possono portare al monismo russelliano, la teoria che afferma che
[…] la materia è costituita da proprietà intrinseche che costituiscono la coscienza e servono come basi categoriali per le proprietà dispositive descritte in fisica. (Alter e Nagasawa 2015: 1)
I costituenti di base del mondo nel monismo russelliano sono le entità fondamentali della fisica (non gli eventi inconsistenti del mondo di Russell). Ma le proprietà più fondamentali di queste entità di base non sono le loro proprietà fisiche, ma le proprietà intrinseche in virtù delle quali si presentano quelle fisiche. E queste stesse proprietà intrinseche, se organizzate in modo appropriato, danno origine all’esperienza cosciente. In ciò consiste il monismo di questa visione: in fondo ci sono entità fondamentali con certe proprietà intrinseche; tutto il resto è fondato su questo fatto.
Esistono molte versioni del monismo russelliano. Le differenze sono dovute, in parte, alle diverse visioni sulle relazioni tra le proprietà intrinseche, da un lato, e le proprietà fisiche e mentali, dall’altro. Ma il disaccordo centrale riguarda la natura delle proprietà intrinseche. Sono stati ritenuti fisici (Montero 2015; Pereboom 2015), mentali (Bolender 2001), mentali e fisici (Strawson 2015, 2016) o neutri (Coleman 2014). Di conseguenza ci sono versioni fisicaliste, idealiste (mentaliste) e moniste neutrali o (monismo russelliano). La natura precisa di questi disaccordi è difficile da definire, dato il numero di diverse nozioni di mentale e fisico che sono in gioco in questa discussione. La versione più nota del monismo russelliano neutrale è il proto-panpsichismo, una visione che David Chalmers ha esplorato per molti anni (Chalmers 1996, 2015). Nella forma standard di questa teoria le proprietà intrinseche postulate sono caratterizzate come essenti né esperienziali (sono proto-psichiche) né fisiche (mancano della natura strutturale / dispositiva delle proprietà fisiche). Questo li rende neutrali (secondo il Neither Sense). Ma questa caratterizzazione puramente negativa delle proprietà intrinseche ha provocato un notevole disagio. Una variante di questa teoria, il panqualitismo, affronta questo problema in modo molto soddisfacente, creando però allo stesso tempo nuovi problemi. La “rossezza”, la “verdezza”, la dolcezza, la rotondità, ecc. – le qualità sensoriali primitive che ci sono state date nell’esperienza e considerate proprio come tali – sono le proprietà intrinseche delle entità fisiche fondamentali (cfr. Chalmers 2015: 272). Il fatto di essere consapevoli della rossezza – cioè la proprietà della rossezza fenomenica – è mentale, ma la rossezza di per sé non lo è. E (questo tipo di) rossezza non è una proprietà fisica e strutturale. Quindi il panqualitismo si è assicurato una base neutra con la quale siamo immediatamente familiari.
Il panqualitismo ha i suoi difensori contemporanei: Chalmers indica la proposta monista (neutrale) di Sam Coleman (Coleman 2014). E coraggiosamente asserisce che le versioni della visione stessa erano popolari tra i monisti neutrali dell’inizio del ventesimo secolo, tra cui William James (1904b), Ernst Mach (1886) e Bertrand Russell (1921). (Chalmers 2015: 271)
Ci si potrebbe chiedere come il fatto che un elettrone è rosso possa essere a fondamento della sua carica negativa. E si può essere d’accordo con Chalmers sul fatto che le qualità, indipendentemente dalla complessità del loro arrangiamento/struttura, non possono fondare le proprietà fenomeniche della nostra esperienza. Perché “nessuna istanza di qualità richiede mai la consapevolezza delle stesse” (Chalmers 2015: 273). Infine, si può condividere l’opinione di Wilfrid Sellars (1963: 35) secondo cui non ha senso pensare che le entità fisiche fondamentali possano avere qualità sensoriali primitive come la “rossezza”.
Ciò che il monismo russelliano mostra è che (i) si stanno attualmente sviluppando nuove versioni del monismo neutrale che prendono in prestito relativamente poco dalle idee del monismo neutrale tradizionale, (ii) ma anche le versioni più sviluppate del monismo neutrale russelliano devono affrontare notevoli problemi.
6. Considerazioni sul monismo neutrale
Il modo migliore per sostenere il monismo neutrale è enumerarne i vantaggi.
6.1 Parsimonia
Abbiamo già trattato le ragioni di Russell per valutare la parsimonia ontologica (vedasi la sezione 4.3.1 sopra). Il monismo neutrale ha questo forte vantaggio teorico. L'”immensa semplificazione” (Russell 1959: 252) che offre era ciò che più lo attirava ad adottare questo punto di vista. Lo spirito del monismo neutrale di Mach è allo stesso modo antimetafisico:
nulla è importante tranne ciò che può essere osservato o è un dato per noi, e tutto ciò che è ipotetico, metafisico e superfluo è da eliminare. (Mach 1886: 27-28)
Le prime nella lista delle “entità metafisiche” (Mach 1905: 13) che devono sparire sono “la cosa” insondabile “e l’ego altrettanto” inesplorabile “” (Mach 1905: 8). E James concorda: “La coscienza come è normalmente intesa non esiste, non più di quanto non esista la Materia” (James 1905: 63).
6.2 Il problema mente-corpo
Mach, James e Russell concordano sul fatto che il monismo neutrale risolve il problema mente-corpo. La teoria dell’esperienza (della coscienza percettiva) di Russell può servire come illustrazione del punto. Russell ha spesso enfatizzato il miracolo o il mistero implicato nei racconti tradizionali della percezione (1927b: 147, 154; 1927a: 275, 400). Alla fine di una catena di cause puramente fisiche, sorge misteriosamente qualcosa di natura completamente diversa: un’esperienza (una sensazione di rosso, diciamo). Questo è il difficile problema della coscienza. Il monista neutrale risolve questo problema sostenendo che “non possiamo dire che” la materia è la causa delle nostre sensazioni “(1927b: 290). Mach concorda: “I corpi non producono sensazioni” (Mach 1886: 29). Suggerire il contrario significa fare affidamento sulla “mostruosa idea di impiegare atomi per spiegare i processi psichici” (Mach 1886: 311). La materia / i corpi non sono, dopotutto, nient’altro che raccolte di entità neutrali, cioè di eventi russelliani o elementi di Mach. Quindi la causalità mente-corpo si riduce a relazioni causali tra eventi o elementi e, per quanto ne sappiamo, l’evento / elemento che causa una sensazione può essere abbastanza simile alla sensazione che provoca. Questo chiude l’apparente abisso tra il “processo materiale” e l’esperienza che ne consegue, e il mistero della percezione svanisce.
6.3 Evidenze percettive per la fisica
The Analysis of Matter (Russell 1927a) è ampiamente considerato come il testo più importante della letteratura del monismo neutrale. Il primo capitolo di questo libro, intitolato “The Nature of the Problem”, afferma:
il mondo della fisica è (prima facie) così diverso dal mondo della percezione che è difficile vedere come l’uno possa fornire prove per l’altro; inoltre, la fisica e la fisiologia stesse sembrano dare motivo di supporre che la percezione non possa fornire informazioni molto accurate sul mondo esterno, e quindi indebolire gli oggetti su cui sono costruite […]
Dobbiamo quindi trovare un’interpretazione della fisica che dia un posto alle percezioni; in caso contrario, non abbiamo il diritto di appellarci all’evidenza empirica. (Russell 1927a: 6–7; vedere anche Russell 1948: Part III, Cap. IV)
Le precedenti osservazioni rivolte al problema mente-corpo in generale, e al problema dell’esperienza percettiva in particolare, contengono il nucleo della soluzione che Russell propone. “Colmando il divario tra fisica (come comunemente interpretata) e percezione” (Russell 1927a: 7), il monismo neutrale promette di risolvere questo problema, un problema che Russell considerava difficile e in gran parte inosservato (vedi Russell 1948: 175-176).
6.4 Conoscenza del mondo esterno
Mach e James interpretano il monismo neutrale come una forma particolarmente radicale per raggiungere un contatto percettivo con il mondo. Potrebbe essere inteso come un caso limite di realismo ingenuo, un caso in cui la relazione tra il soggetto e il suo oggetto percettivo diventa la relazione di identità. Nella percezione “soggetto e oggetto si fondono” (James 1905: 57). Una singola realtà – una macchia rossa, diciamo, quando vediamo un pomodoro – è un costituente di due gruppi di entità neutre: il gruppo che è il percettore e il gruppo che è il pomodoro. La mente e il suo oggetto diventano uno. Nelle parole di James:
Una data porzione indivisa di esperienza, presa in un contesto di elementi associati, svolge il ruolo del conoscitore, o uno stato mentale, o “coscienza”; mentre in un contesto diverso lo stesso frammento indiviso di esperienza svolge il ruolo di una cosa conosciuta, di un “contenuto” oggettivo. In poche parole, in un gruppo figura come un pensiero, in un altro gruppo come una cosa. (James 1904b: 9-10)
Alcuni hanno visto questa visione epistemica come il risultato più importante del monismo neutrale.
Ma Russell dissentì. Ci sono problemi ben noti che circondano i racconti della percezione che la concepiscono come una forma di contatto diretto con il mondo. Tra questi ci sono i problemi derivanti dal fatto che un oggetto può presentare aspetti diversi e incompatibili a diversi osservatori. Alcuni monisti neutrali conclusero che “la natura è un ribollente caos di contraddizioni” (Holt 1914: 276). Ma Russell ha scelto di abbandonare la visione che nella percezione “soggetto e oggetto si fondono”. Invece individua la macchia rossa che si vede guardando un pomodoro nel tuo cervello e lo distingue dal pomodoro (dal gruppo di eventi che costituiscono il pomodoro). Questo è il motivo per cui può affermare di “sapere ciò che sta accadendo nel cervello; esattamente ciò che il realismo ingenuo pensa di sapere su ciò che sta accadendo nel mondo esterno” (Russell 1927b: 138). Questo risolve il problema delle apparenze diverse e incompatibili: la compatibilità viene ripristinata spostando le caratteristiche conflittuali lontano dal singolo oggetto fisico e nel cervello dei diversi percipienti. Ma nel fare questa mossa Russell abbandona il realismo ingenuo di Mach e James e mette al suo posto una versione del realismo rappresentativo. In tal modo il problema della nostra conoscenza del mondo esterno viene reintrodotto in pieno vigore. [12]
6.5 Unità della scienza
Mach parte dal presupposto che tutte le scienze costituiscano un insieme (vedi Mach 1886: 30). La grande virtù del monismo neutrale è che offre una prospettiva unificata dalla quale è possibile intraprendere l’indagine scientifica:
ciò a cui miravo era semplicemente raggiungere un punto di vista filosofico sicuro e chiaro, da cui si potessero vedere percorsi praticabili, non avvolti da alcuna nube metafisica, che conducessero non solo al campo della fisica ma anche a quello della psicofisiologia. (Mach 1886: 47)
L’idea del monismo neutrale come ponte tra scienze diverse è presente anche in Russell. Egli presenta il monismo neutrale come:
un tentativo di armonizzare due diverse tendenze, una in psicologia, l’altra in fisica … [vale a dire] … la tendenza materialistica della psicologia e la tendenza antimaterialista della fisica. (Russell 1921: 5–6)
6.6 Proviamo a guardare da questa parte
Secondo Jerry Fodor, “la formulazione di una teoria filosofica, abbastanza spesso, è: “proviamo a guardare da questa parte” (Let’s try looking over here) (Fodor 1981: 31). L’attuale rinascita dell’interesse per il monismo neutrale è, forse, meglio visto come parte del movimento generale per esplorare tutte le possibili opzioni nella metafisica della coscienza, un movimento che è guidato dalla sensazione che le posizioni tradizionali affrontino ostacoli insormontabili. L’articolo di David Chalmers “Panpsychism and Panprotopsychism” (Chalmers 2015) fornisce un resoconto illuminante della dialettica che spinge alcuni filosofi contemporanei ad esplorare il poco esplorato territorio monistico-neutrale.
7. Obiezioni al monismo neutrale
7.1 Riduzione e il problema dell’eliminazione
Ogni versione del riduzionismo deve affrontare la questione dello status ontologico delle entità che riduce: vengono mantenute o eliminate? Entrambe queste componenti sono presenti nel monismo neutrale tradizionale. Esso elimina la mente e la materia così come sono concepite tradizionalmente. Non ci sono né “oggetti solidi persistenti che si muovono attraverso lo spazio”, né ci sono stati con un “riferimento agli oggetti” innato e primitivo (Russell 1921: 124, 36). Ma, d’altra parte, fornisce costruzioni di entità neutre progettate per svolgere i ruoli delle entità che sostituiscono. Secondo questo framework, non c’è un confine netto tra conservazione ed eliminazione. Man mano che la distanza tra i due ruoli – quello giocato dall’entità bersaglio e quello giocato dalla sua sostituzione attuata dal monista neutrale – aumenta, ci spostiamo dal polo della ritenzione verso quello dell’eliminazione. Il successo di questa strategia dovrà essere valutato caso per caso. Ci sono relativamente poche obiezioni al monismo neutrale che sottolineano i dettagli delle riduzioni proposte. (vedi la critica di C.D. Broad a Russell, 1925: 577–584). Questo fatto può, tuttavia, essere dovuto più alla rarità che all’eccellenza di tali riduzioni in letteratura. Le critiche più impegnative del monismo neutrale non si occupano di dettagli tecnici, ma mirano direttamente all’idea centrale della dottrina: l’idea di neutralità.
7.2. Sospetto di mentalismo
Il tipo più frequente di obiezione alle versioni tradizionali di monismo neutrale è che sono tutte forme di monismo mentalistico: idealismo berkeleiano, panpsichismo o fenomenismo. L’argomento è semplice: le sensazioni (Mach), l’esperienza pura (James) e le sensazioni o percetti (Russell) sono paradigmi di entità mentali non-neutrali. Quindi non c’è nulla di neutrale in queste versioni di monismo neutrale. La plausibilità prima facie di quest’obiezione è fuor di dubbio. Ma è anche chiaro che Mach, James e Russell erano perfettamente consapevoli del problema e pensavano di avervi risposto in maniera soddisfacente. Essi rifiutano l’idea che una sensazione o un’esperienza consistano in un soggetto che dirige un atto mentale – come consapevolezza, coscienza, conoscenza – su un oggetto. Escludendo il soggetto e l’atto, rimane quello che era l’oggetto – una macchia rossa, ad esempio. E sostengono che non c’è niente di mentale nelle macchie rosse. Tutto ciò che serve perché questa macchia rossa si trasformi in una sensazione di rosso è che sia adeguatamente correlata ad altre entità dello stesso tipo. Non si può giudicare rapidamente questa controversia. È necessaria un’attenta valutazione di ogni caso particolare. Questo tipo di obiezione – detta “sospetto di mentalismo” – è stata articolata da un gruppo eterogeneo di filosofi, tra cui: (Lenin 1909: 34; Stace 1946; Ayer 1971; Feigl 1958: 426, 1975: 26–7; Maxwell 1976: 354; Popper & Eccles 1977: 199; Strawson 1994: 97; Chalmers 1996: 155; Tully 2003: 355, 369).
7.3 Il problema dell’esperienza
Il secondo tipo di obiezione al monismo neutrale sostiene che esso non può rendere conto dell’esperienza. L’argomento è guidato da due profonde convinzioni metafisiche. Primo, l’esperienza non può essere ridotta (o costruita a partire da) il non-esperienziale; secondo, l’emergenza forte (vedasi la sezione 8.4 di seguito) è incomprensibile. Supponendo che il neutro debba essere non-esperienziale, ne consegue che il mondo del monista neutrale non ammette spazio per l’esperienza. Galen Strawson ha utilizzato questo argomento contro tutte le forme di materialismo tradizionale e, occasionalmente, anche contro il monismo neutrale (vedi Strawson 1994: 46–54, 96–99; Strawson 2016.).
La principale obiezione di Chalmers alla forma panqualitista di monismo neutrale (vedasi la sezione 4.3.2 sopra), sebbene espressa in termini diversi, porta alla stessa conclusione. Non esiste alcun percorso che porti dalle qualità che esperiamo (ma che non sono esse stesse esperienziali) all’esperienza di quelle qualità. Avere un’esperienza è questione di avere qualità fenomeniche. Le qualità fenomeniche implicano la consapevolezza di tali qualità. Ma “nessuna istanza di una qualità richiede mai la consapevolezza di tale qualità” (Chalmers 2015: 273). Questo “divario tra una qualità e la consapevolezza di essa” (Chalmers 2015: 273) mostra che nessuna struttura di qualità può sommarsi all’esperienza. [13]
Ma è proprio vero che le risorse del monismo neutrale sono troppo limitate per “produrre” la consapevolezza? Qui è istruttivo riflettere brevemente sulle mutevoli idee di Russell in merito alla consapevolezza. Prima di abbracciare il monismo neutrale, Russell ha difeso una teoria semplice e molto influente della consapevolezza: essere consapevoli di x (un dato sensoriale di rosso, ad esempio) significa semplicemente avere una relazione speciale (semplice e non analizzabile) con x, la cosiddetta “conoscenza diretta [acquaintance]. Abbiamo visto che Russell ha abbandonato questa teoria della consapevolezza (vedasi la sezione 4.3.2 sopra). Ma forse è possibile ricostruire una spiegazione simile a livello strutturale della consapevolezza all’interno della struttura del monista neutrale. Al posto di un soggetto o sé semplice (in stile cartesiano), c’è un sé complesso (composto da eventi neutri). Al posto di una semplice relazione di conoscenza [acquaintance] a due posti, c’è una complessa relazione di n-posti che si ottiene tra x (una macchia rossa, ad esempio) e gli altri diversi eventi che compongono il complesso bundle del sé, di cui la macchia rossa è un elemento. E per S (il bundle del sé) essere consapevole di x (la macchia rossa) significa solo che x intrattiene questa speciale relazione di n-posti con x e con gli altri membri del bundle che compongono S. La forma complessiva del due teorie della consapevolezza è la stessa: un sé che ha una relazione speciale con un oggetto. Ciò suggerisce l’idea seguente: se è scontato che la vecchia teoria della consapevolezza di Russell abbia fatto luce sulla questione di come l’esperienza entri a far parte del mondo, allora perché non dovremmo accettare che questa nuova teoria (ricostruita sulla base del monismo neutrale) della consapevolezza sia ugualmente illuminante? Quindi, se il divario tra qualità e consapevolezza non avesse alcuna forza contro la vecchia teoria della consapevolezza di Russell, allora non dovremmo aspettarci che abbia forza contro la teoria della consapevolezza ricostruita sulla base del monismo neutrale.
Ciò non stabilisce che il monismo neutrale possa superare il problema dell’esperienza. Si possono rifiutare entrambe le teorie, o sulla base del fatto che l’esperienza è fondamentale e non analizzabile, o perché esse fraintendono la natura dell’esperienza. E anche se l’analisi originale di Russell fosse corretta, la sua ricostruzione monistico-neutrale potrebbe essere rifiutata, sulla base del fatto che la presunta analogia non è valida. Quindi quello che abbiamo a disposizione qui non è altro che una proposta provvisoria su come il monista neutrale tradizionale, e il panqualitista contemporaneo, potrebbero iniziare ad affrontare il difficile problema di rendere conto dell’esperienza nel framework monistico-neutrale. Nella misura in cui la sua proposta dovesse funzionare, solleverebbe una domanda suggerita dall’argomento di Strawson di cui sopra: l’esperienza, così intesa in un contesto monistico-neutrale, è una caratteristica che emerge in un modo opinabile (vedasi la sezione 8.4 di seguito)?
7.4 Errore
Il monismo neutrale di Mach e James si impegna a una spiegazione che si rifà al realismo ingenuo dell’esperienza percettiva (vedasi la sezione 6.4 sopra). Le esperienze non-verbali – illusioni, allucinazioni, sogni, ecc. – sono difficili da accogliere nel realismo ingenuo. Perché le entità necessarie per costituire esperienze non-verbali, ad esempio il topo rosa “visto” dall’ubriaco, non esistono.
Ma il monismo neutrale tradizionale fornisce un’ontologia abbastanza ricca per affrontare questo problema. La forma rosa esperita dall’ubriacone esiste: è una porzione di esperienza pura (James), o un elemento (Mach). In questo, il realismo ingenuo è corretto, anche nei casi di esperienza non-verbale. Ma il topo rosa che l’ubriacone è convinto di vedere non esiste: la macchia rosa che vede non è membro di un gruppo di elementi neutri che costituiscono un topo. Non c’è niente di sbagliato nell’esperienza visiva dell’ubriacone; è sbagliata la sua supposizione che ciò che vede sia un topo. Russell (sebbene non sia un realista ingenuo) afferma questo punto in modo molto succinto: “In realtà non ci sono illusioni dei sensi, ma solo errori nell’interpretare i dati sensoriali come segni di cose diverse da loro” (Russell 1948: 149–50). Mach pone il punto nel modo seguente:
Quando consideriamo elementi come il rosso, il verde, il caldo, il freddo e tutti gli altri, che sono fisici e mentali poiché dipendono da circostanze sia esterne che interne, e sono per entrambi gli aspetti immediatamente dati e identici, la questione dell’illusione e della realtà perde di senso. Qui ci confrontiamo allo stesso tempo con gli elementi del mondo reale e dell’ego. L’unica possibile e ulteriore questione di interesse riguarda la loro interdipendenza funzionale […] (Mach 1905: 7–8)
8. Il monismo neutrale e le altre teorie
Il monismo neutrale tradizionale è stato caratterizzato come una forma di riduzionismo o di costruzionismo. La versione riduzionista del monismo neutrale considera i fenomeni fisici e mentali identici a gruppi di entità neutre. La versione costruzionista della teoria di Russell è d’accordo con l’affermazione che ci sono costruzioni logiche di entità neutre che svolgono i ruoli di entità fisiche e mentali; se ci sono anche entità mentali e fisiche, come originariamente concepite, è una questione che non è affrontata dal costruzionista. Il monismo neutrale differisce dalle altre versioni di riduzionismo / costruzionismo insistendo sulla neutralità di ciò che sta alla base. E il suo spirito riduzionista / costruzionistico lo distingue da certe versioni di teorie non-riduzioniste (sul mentale) con cui viene occasionalmente confuso o identificato. Il panpsichismo, il fenomenismo, l’emergentismo e la teoria del doppio aspetto (talvolta nota col nome di “dualismo delle proprietà”) sono i principali candidati. E recentemente un certo numero di filosofi ha sostenuto che il monismo neutrale – nella sua forma tradizionale, così come nella sua nuova forma di monismo russelliano – si può interpretare più correttamente come una versione non-standard di fisicalismo.
8.1 Monismo neutrale e panpsichismo
Il panpsichismo sostiene che ogni entità di base, generalmente intesa come un’entità fisica, possiede una mente. La natura fisica (se presente) e la natura mentale delle entità di base sono fondamentali, cioè irriducibili (l’una all’altra o a qualsiasi altra cosa). A prima vista, il panpsichismo e il monismo neutrale sono sorprendentemente diversi. Il monismo neutrale riduce i fenomeni fisici e mentali, mentre il panpsichismo no; il monismo neutrale sostiene che la realtà di base è neutra, il panpsichismo no. E il monismo neutrale è compatibile con l’idea che la maggior parte degli oggetti fisici, e tutte le loro parti, siano assolutamente non-mentali, mentre il panpsichismo no. Così sembrano stare le cose secondo la Neither View sulla neutralità. Secondo la Both View sulla neutralità, le cose sono meno chiare. La lettura più naturale della Both View, tuttavia, non porta al panpsichismo – la teoria secondo cui ogni entità fisica di base ha una mente – ma una teoria del doppio aspetto – secondo la quale ogni entità di base ha un aspetto fisico e uno mentale, o entrambi. Ciò solleva ulteriori domande su come distinguere le teorie panpsichiste e quelle del doppio aspetto, domande che sono troppo specifiche per essere analizzate in questa sede.
Mentre la definizione di monismo neutrale permette di distinguerlo chiaramente dal panpsichismo, le considerazioni sulle versioni esistenti di monismo neutrale tendono a suggerire un’immagine diversa. Le entità di base presumibilmente neutre del monismo neutrale tradizionale sono, secondo molti, chiaramente mentali (vedasi la sezione 7.2 sopra). Non è questa la sede per valutare l’accuratezza di quest’impressione. Ma non ci sono dubbi sul fatto che sia la fonte del diffuso sospetto che il monismo neutrale è da intendere più correttamente come una versione di panpsichismo o di fenomenismo.
8.2 Monismo neutrale e fenomenismo
Il fenomenismo è stato difeso come una teoria sul linguaggio, sui fatti e sulle cose. Preso in quest’ultimo senso, tenta di “ridurre gli oggetti materiali a sensa, cioè di spiegarli come costituiti esclusivamente da sensa o come principalmente gruppi o modelli di essi” (Hirst 2006: 271). Potremmo sostituire i termini “dati sensoriali”, “sensazioni”, “percezioni”, “esperienze”, ecc. al termine “sensa” di Hirst. La preoccupazione è sempre la stessa: le entità di base del monismo neutrale non sono neutre, ma mentali. Quindi il monismo neutrale è una teoria metafisica puramente mentalistica. È vero che il monismo neutrale tradizionale è espresso in termini di sensazioni (Mach), esperienza pura (James) e sensazioni / percetti (Russell). Ma, per come sono usati dai monisti neutrali, questi termini sono presumibilmente tolti dalla loro solita dimensione mentale di riferimento. Nella struttura monistico-neutrale, i predicati “mentale” e “fisico” si applicano esclusivamente a gruppi di entità neutrali. Chiamare un elemento particolare – una sensazione, una percezione, l’esperienza pura – “mentale” o “fisico” significa parlare in modo ellittico: significa affermare che quest’entità neutra è un costituente di un gruppo di elementi che, presi assieme, sono mentali o fisici. Inoltre, il monismo neutrale non è limitato a quelle entità che sono sensazioni e percetti – e ciò è particolarmente evidente nel caso di Mach e Russell. L’esistenza della stragrande maggioranza di entità neutre è dedotta dal minuscolo insieme di elementi che sono sensazioni e percetti. Questi elementi dedotti sono al di fuori di tutto ciò che è mentale (vedasi in particolare la sezione 4.3.3 sopra). Queste sono le forti obiezioni contro il fenomenismo avanzate dal monismo neutrale. Il successo con cui i vari monisti neutrali difendono queste affermazioni è, ovviamente, una questione altrettanto complicata.
Come nel caso dell’obiezione del sospetto di panpsichismo, la preoccupazione che il monismo neutrale possa collassare nel fenomenismo è fondata non nella definizione di monismo neutrale, ma nelle versioni effettive che sono state avanzate per questa posizione. La preoccupazione è che le entità presumibilmente neutre siano in realtà mentali, il che trasformerebbe in questo modo il monismo neutrale in fenomenismo.
8.3 Monismo neutrale e teoria del doppio aspetto
La teoria del doppio aspetto (o dell’aspetto duale) viene solitamente fatta risalire a Spinoza (1677). L’idea fondamentale che unisce la famiglia di teorie riunite sotto questa etichetta è che c’è una realtà sottostante che possiamo cogliere come mentale o come fisica, a seconda di come la conosciamo. Il mentale e il fisico sono aspetti di questa realtà sottostante che, di per sé, non è né mentale né fisica. Ognuno di noi può conoscere il proprio cervello sotto entrambi questi aspetti, tramite l’introspezione e l’osservazione (scientifica). Ma l’affermazione della teoria è abbastanza generale: tutto ciò che esiste è da intendersi come costituito da una realtà sottostante che possiede questi due aspetti.
Il monismo neutrale e la teoria del doppio aspetto condividono un’affermazione centrale: esiste una realtà alla base che non è né mentale né fisica. Ma qui le due teorie smettono di andare d’accordo. Il monismo neutrale non ammette spazio per la caratteristica centrale della teoria del doppio aspetto: per gli aspetti mentali e fisici, o entrambi, o per le proprietà che caratterizzano le entità sottostanti della teoria del doppio aspetto. Il monista neutrale accetta la distinzione tra mentale e fisico. Ma, secondo lui, essa risiede a livello o a gruppi di entità neutre. Raggruppate in un modo, le entità neutre che costituiscono il tuo cervello sono pensieri e sensazioni; raggruppati in un altro modo, sono atomi, neuroni e lobi. Se un dato gruppo di entità neutre connesse tra di loro conta come mentale o fisico, ciò dipende dal ruolo funzionale che occupa questo gruppo (vedasi la sezione 3). In questo framework, il mentale e il fisico sono caratteristiche di strutture complesse delle entità neutre. Ma le entità stesse sono libere da aspetti e proprietà mentali o fisiche. In ciò consiste la loro neutralità.
Ma se la neutralità è intesa secondo la Both View, si rafforza l’argomento che identifica il monismo neutrale con la teoria del doppio aspetto. Molto dipenderà dal modo in cui sono articolati i dettagli della Both View. Non è da intendere, ad esempio, come se proponesse l’identificazione tra le proprietà fisiche e quelle mentali. La teoria del doppio aspetto insiste sul fatto che i due aspetti sono fondamentali e irriducibili l’un l’altro. Un’altra questione riguarda la relazione tra gli aspetti e le proprietà. Se gli aspetti sono intesi come proprietà, la teoria del doppio aspetto potrebbe semplicemente collassare nel dualismo della proprietà (vedi, ad esempio, Van Gulick 2014). I teorici del doppio aspetto si sono tirati indietro insistendo sul fatto che gli aspetti non sono proprietà (vedasi Skrbina 2014: 228-29). Ma questo, a sua volta, potrebbe bloccare l’idea di riconciliare la teoria del doppio aspetto con il monismo neutrale. La neutralità, sia secondo la Both View che secondo la Neither View, è intesa in termini di proprietà mentali e fisiche.
È in corso un vivace dibattito sulla relazione tra il monismo neutrale e la teoria del doppio aspetto (vedasi, ad esempio, Velmans 2008; Skrbina 2014; vedasi anche la sezione 5.4). La decisione intorno a questi due tipi di teorie – se esse sono rivali incompatibili, se sono distinte ma compatibili, o se sono identiche – è ancora una questione aperta.
8.4 Monismo neutrale ed emergenza
L’idea di base dell’emergenza ha a che fare con il fatto che i sistemi complessi possono mostrare nuove proprietà interessanti, proprietà che le loro parti non possiedono. Questa idea è stata sviluppata in vari modi. Sulla scia di Chalmers, possiamo distinguere tra emergenza debole ed emergenza forte. I fenomeni debolmente emergenti sono semplicemente inaspettati, data la nostra conoscenza del dominio da cui derivano. I fenomeni fortemente emergenti non sono solo inaspettati; non possono (nemmeno in linea di principio) essere dedotti dal dominio da cui derivano (vedasi Chalmers 2006: 244).
L’emergenza debole è, senza dubbio, un fenomeno diffuso nel mondo del monista neutrale. Essa non pone problemi. Ma il monismo neutrale, inteso come una forma di riduzionismo / costruzionismo, sembra escludere l’emergenza forte. Fenomeni che non possono essere dedotti dal dominio da cui derivano non possono essere ridotti o costruiti da esso. L’esistenza di caratteristiche fortemente emergenti falsificherebbe quindi la tesi del monista neutrale secondo cui tutto è riducibile / costruibile dal livello neutro sottostante dell’ontologia monistico-neutrale.
Il punto di vista contrario è difeso da Landini, il quale sostiene che l’emergenza (forte) svolge un ruolo cruciale nel monismo neutrale di Russell. Se i particolari (o “eventi”) fisici transitori fondamentali non hanno caratteri fenomenici (o qualia), tali qualità devono essere intese come caratteristiche fortemente emergenti nel framework del monismo neutrale di Russell.
I qualia non si verificano mai in particolari fisici transitori. Secondo Russell, i qualia emergono dalla serie di stati cerebrali […] colori, suoni, odori, sapori e tatti sono proprietà emergenti di serie di stati cerebrali […] (Landini 2011: 302-305)
Ma le osservazioni di Russell sull’emergenza (Russell 1927b: 293–96) consentono una lettura diversa. Quando viene chiamato a presentare degli esempi di eventi, Russell compone la seguente lista:
vedere un lampo […] sentire uno pneumatico scoppiare, odorare un uovo marcio, sentire la freddezza di una rana […] colori e suoni particolari, e così via, sono eventi. (Russell 1927b: 287–88)
Tutti questi eventi sono percetti, gli unici tipi di eventi che possiamo conoscere senza inferenze. E, a contrario di quanto sostiene Landini, tutti questi eventi hanno caratteri qualitativi. Quando Russell parla di emergenza, ha in mente la relazione tra le proprietà matematiche astratte degli eventi e i loro caratteri qualitativi intrinseci. E sostiene che i secondi sono emergenti rispetto ai primi perché non esiste un percorso inferenziale che porti dalle caratteristiche matematiche astratte di un evento alle sue caratteristiche qualitative intrinseche. Ciò significa che se si dovesse attuare il programma del monista neutrale, il quale si concentra esclusivamente sulle caratteristiche matematiche e astratte degli eventi, allora l’esistenza di caratteri qualitativi di certi eventi costituirebbe un fatto (fortemente) emergente. Poiche’ tali considerazioni astratte e matematiche
non possono plausibilmente […] dimostrare che ci sono eventi visivi, o eventi uditivi, o eventi di qualsiasi tipo che conosciamo attraverso la percezione. (Russell 1927b: 295)
Ma non è così che inizia il monista neutrale (che segue l’esempio di Russell). I nostri percetti sono i nostri dati iniziali e sono qualitativi in tutto e per tutto. L’esistenza della qualità non è qualcosa che dobbiamo dedurre da altri fatti a noi noti. Al contrario, sono i dati da cui partiamo. Gli altri eventi in cui possiamo credere, di cui non conosciamo le qualità intrinseche, sono tutti dedotti dalla base dei percetti con carattere qualitativo. È quindi un errore cercare di spiegare l’esistenza di caratteristiche qualitative (o qualia) come emergenti da stati cerebrali complessi. Queste caratteristiche sono presenti, nella forma dei nostri percetti, alla base stessa del monismo neutrale di Russell.
8.5 Monismo neutrale e fisicalismo non-standard
In passato, il monismo neutrale è stato spesso interpretato come una forma di mentalismo. Un certo numero di filosofi contemporanei sostiene che è da intendersi più correttamente come una forma di fisicalismo.
Daniel Stoljar (2001), Derk Pereboom (2011, 2015) e Barbara Montero (2015) hanno interpretato il monismo russelliano (vedasi la sezione 5.5) come una forma di fisicalismo. Essi sostengono che le proprietà categoriali che costituiscono il fondamento delle proprietà disposizionali, che caratterizzano la fisica, sono esse stesse proprietà fisiche, anche se di un tipo diverso. Una volta che il regno del fisico viene così ampliato, il tentativo di classificare le basi categoriali delle proprietà disposizionali della fisica come proprietà neutre appare fuorviante. La proposta di interpretare le basi categoriali come neutrali risulta da una concezione indebitamente ristretta di “fisico”.
Anche la letteratura recente presenta una serie di tentativi volti a interpretare il monismo neutrale tradizionale come una forma di fisicalismo. Banks (vedasi la sezione 5.2) presenta il suo monismo neutrale (empirismo realistico) come un discendente diretto del monismo neutrale tradizionale (Banks 2014, viii). Ma sostiene anche che il suo monismo neutrale sia “una specie di fisicalismo” (Banks 2014: 7, 142). Come Russell, abbraccia un’ontologia degli eventi. E decide di seguire Russell nell’interpretare questi eventi come manifestazioni di forze o energie fondamentali, come l’elettromagnetismo, la forza di gravità e le forze nucleari (Banks 149), così come le energie neurali (Banks 2014: 142). Queste considerazioni lo portano alla seguente osservazione sulla natura dei particolari degli eventi di Russell (e dei suoi):
I particolari degli eventi neutrali russelliani sono di natura così fisicalista che non sembra esserci alcun motivo per pensare che queste qualità naturali, in fisica, abbiano qualcosa in comune con le nostre sensazioni, che sono qualità di un ordine ben diverso. Un evento tipico nell’universo di Russell sarebbe forse qualcosa come l’emissione di un quanto di radiazione da parte di un atomo, che ha poco, o nulla, a che fare con gli eventi nel sistema nervoso umano, che appartengono a una scala di complessità e di dimensione ben diversa. (Banks 2014: 156)
Si può dire molto di più sulla complessa teoria di Banks. Ma ciò è sufficiente a trasmettere qualcosa del sapore fisicalista che permea la sua interpretazione del monismo neutrale tradizionale.
Dopo un’attenta analisi del suo sviluppo, Donovan Wishon conclude che la versione finale del monismo neutrale di Russell (sviluppata negli anni ’40 e più tardi) “è da interpretare in modo più plausibile come una versione di ‘fisicalismo russelliano’ “ (Wishon 2015: 92) . Tra le altre cose, Wishon attira la nostra attenzione sull’affermazione stessa di Russell secondo cui “mi trovo in un’ontologia sempre più materialista” (Russell 1946: 700). E sottolinea che Russell sostiene che tutti gli eventi, inclusi tutti i nostri eventi mentali, sono soggetti alle leggi della fisica. Quindi “gli eventi mentali alla fine saranno una sottoclasse degli eventi fisici che compongono la realtà” (Wishon 2015: 112). Secondo Wishon, questo mostra che gli eventi mentali non sono ontologicamente distinti dagli eventi fisici. Solo la loro speciale accessibilità epistemica li distingue dagli altri eventi fisici (Wishon 2015: 112). In questo modo, suggerisce Wishon, la versione finale di Russell di monismo neutrale si trasforma effettivamente in una versione di fisicalismo russelliano.
Abbiamo notato (vedi la sezione 1) come l’interpretazione di Landini della nozione di neutralità (secondo (3) – la Possible Constituent View) gli consenta di sostenere che il monismo neutrale è compatibile con il fisicalismo. Secondo Landini, Russell si impegna a una versione di monismo neutrale fisicalista. Di conseguenza, Russell si impegna all’idea di “costruire [sia la mente che la materia] da ordinamenti di eventi fisici che sono i loro stadi” (Landini 2011: 280). Dopo una discussione dettagliata (Landini 2011: 291–297), Landini giunge alla conclusione che i particolari (o eventi) transitori da cui Russell costruisce mente e materia “sono privi di un carattere fenomenico intrinseco” (Landini 2011: 297). Ciò rende possibile considerarli come entità fisiche standard. La loro neutralità consiste nel fatto che sono gli elementi costitutivi degli elementi fisici e mentali (vedi Landini 2011: 292).
Questi tentativi di combinare il monismo neutrale con il fisicalismo, o di reinterpretare il monismo neutrale lungo linee fisicaliste, rappresentano una sfida seria per la teoria, per come viene spesso intesa. Questi tentativi negano l’affermazione centrale secondo cui gli elementi costitutivi fondamentali del mondo sono neutri, cioè né fisici né mentali. Ma non meno degno di nota è il grado in cui queste versioni di fisicalismo si discostano dalle sue versioni più standard. Queste versioni di fisicalismo concordano con il monismo neutrale nel ritenere che la fisica fornisca un’immagine incompleta del mondo. Il disaccordo è limitato a una disputa sulla natura dei materiali necessari per completare il framework fornito dalla fisica. Il monista neutrale cerca qualcosa che non sia né mentale né fisico, per come vengono intesi tradizionalmente questi termini. I fisicalisti che stiamo attualmente considerando sperano di trovare i materiali mancanti in qualcosa di fisico, ma non fisico nel senso tradizionale del termine. Ciò suggerisce che la differenza tra monismo neutrale e questo tipo di fisicalismo potrebbe non essere così profonda, dopo tutto (si veda Chalmers 2015, per ulteriori informazioni sulla questione).
9. Commento conclusivo
Le versioni tradizionali di monismo neutrale di Mach, James e Russell riflettono la visione empirista dei loro autori. Questo li porta a rivolgersi all’esperienza, nel cercare le loro entità neutrali. E questo ci porta a vedere le loro teorie come contaminate di mentalismo. Forse i monisti neutrali tradizionali avevano torto nel creare questo stretto legame tra le entità neutrali e l’esperienza. Forse rifiutiamo troppo velocemente i loro sforzi per scoprire una base neutrale in quest’area. Il crescente interesse per la storia della filosofia analitica, la graduale riscoperta di Russell come metafisico ed epistemologo, e l’esistenza di un lavoro come il nuovo studio di Erik Banks sul monismo neutrale tradizionale (Banks 2014) offrono qualche speranza per una migliore comprensione di questa teoria metafisica.
Ma i successi del monismo neutrale non sono legati esclusivamente al destino del monismo neutrale tradizionale. Il filone monistico-neutrale all’interno del più ampio movimento del monismo russelliano (vedasi la sezione 5.5 sopra) è un nuovo e promettente sviluppo. Nonostante invochino il nome di Russell, queste versioni di monismo neutrale esplorano nuove idee che offrono speranza di rinascita per il monismo neutrale. E alcuni tentativi contemporanei di resuscitare il monismo neutrale sono liberi da qualsiasi legame con le versioni tradizionali della teoria. Ad esempio, la recente difesa del monismo neutrale da parte di Thomas Nagel (vedasi la sezione 5.4). Anche l’idea di trasformare entità astratte – informazione, struttura, computazione, realtà matematica – nella base neutra di un sistema metafisico è sviluppata attivamente tanto da filosofi quanto da scienziati (vedasi la sezione 5.1).
Fino a poco tempo fa sembrava che il monismo neutrale (nella sua forma tradizionale) fosse un breve spettacolo di poco conto sul grande palcoscenico della metafisica. Nonostante il fatto che i tre protagonisti principali – Mach, James e Russell – fossero figure importanti, le cui idee influenzarono profondamente molte aree del pensiero contemporaneo, le loro speculazioni sul monismo neutrale sembravano essere svanite dalla scena filosofica. Ma l’attuale ondata di interesse per le versioni tradizionali di monismo neutrale, così come il vivace sviluppo di sue versioni alternative, indicano che il monismo neutrale può, ancora una volta, diventare un’opzione importante negli sforzi attuali per esplorare la metafisica della mente.
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Strumenti accademici
- Come citare questa voce.
- Vedi la versione PDF di questa voce (in inglese) presso: Friends of the SEP Society.
- Vedi questo stesso argomento presso il progetto: Internet Philosophy Ontology Project (InPhO).
- Bibliografia arricchita per questa voce presso PhilPapers, con link al suo database.
Altre risorse in Internet
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Voci correlate
consciousness | dualism | Hume, David | James, William | logical atomism: Russell’s | logical constructions | mind/brain identity theory | monism | panpsychism | perception: epistemological problems of | perception: the problem of | physicalism | qualia | Russell, Bertrand | sense-data | structural realism
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