Traduzione di F. Pellegrino e F. Pelucchi.
Revisione di Mattia Cecchinato.
Versione Inverno 2020.
The following is the translation of Brian McLaughlin and Karen Bennett’s entry on “Supervenience” in the Stanford Encyclopedia of Philosophy. The translation follows the version of the entry in the SEP’s archives at https://plato.stanford.edu/archives/win2020/entries/supervenience/ . This translated version may differ from the current version of the entry, which may have been updated since the time of this translation. The current version is located at https://plato.stanford.edu/entries/supervenience/ . We’d like to thank the Editors of the Stanford Encyclopedia of Philosophy for granting permission to translate and to publish this entry on the web.
Un insieme di proprietà A sopravviene su un altro insieme B solo se due oggetti non possono differire rispetto alle proprietà A senza differire anche nelle loro proprietà B. Per usare uno slogan, “Non può esserci una differenza in A senza una differenza in B“.
Come vedremo, questo slogan può essere inteso in molti modi diversi. Ma per illustrare l’idea di base, immaginiamo che esista un falsario perfetto. Le copie dei suoi dipinti non solo ingannano i galleristi, ma sono in realtà duplicati esatti degli originali fino all’accurata collocazione di ogni molecola di pigmento – anzi, fino a ogni dettaglio microfisico. Supponiamo che egli produca una copia del genere della Veduta di Toledo di El Greco. Ovviamente è diversa dall’originale sotto vari aspetti: è un falso, non è stato dipinto da El Greco, vale un po’ meno da Sotheby’s e così via. Ma anche il falso è esattamente come l’originale sotto altri aspetti. Ha la stessa forma, dimensione e peso. La superficie della tela contiene le stesse disposizioni di colori e forme: un rettangolo blu qui, una spirale verde là. In effetti sembra lo stesso, almeno a un singolo spettatore in condizioni di illuminazione identiche e così via. Forse è addirittura bello come l’originale, anche se questo è più controverso.
Le proprietà che il falso deve condividere con l’originale sono quelle che sopravvengono sulle sue proprietà microfisiche. È una certezza che due dipinti microfisicamente uguali saranno uguali nella disposizione dei colori e delle forme delle loro tele. Cioè, non puoi cambiare la disposizione dei colori e delle forme sulla tela di un dipinto senza che cambino le sue proprietà microfisiche. Questo vale a dire che la disposizione dei colori e delle forme sopravviene sulle sue proprietà microfisiche.
La sopravvenienza è una nozione centrale nella filosofia analitica. È stata invocata in quasi ogni angolo del campo di ricerca. Ad esempio, è stato affermato che le proprietà estetiche, morali e mentali sopravvengono sulle proprietà fisiche. È stato anche sostenuto che le verità modali sopravvengono su quelle non-modali e che le verità generali sopravvengono su quelle particolari. Inoltre, la sopravvenienza è stata usata per distinguere vari tipi di internismo ed esternismo e per dimostrare pretese di riducibilità e analisi concettuale.
La sopravvenienza è correlata, ma distinta, da nozioni quali grounding e dipendenza ontologica. Affronteremo direttamente la relazione tra queste nozioni nella sezione 3.5 (gran parte di quella sezione fa parte di questa voce sin dalla sua pubblicazione iniziale nel 2005).
- 1. Introduzione
- 2. Storia
- 3. Sopravvenienza e altre relazioni
- 4. Varietà di sopravvenienza
- 5. Applicazioni
- Bibliografia
- Strumenti accademici
- Altre risorse in Internet
- Voci correlate
1. Introduzione
L’idea centrale della sopravvenienza è catturata dallo slogan: “Non può esserci una differenza in A senza una differenza in B”. È importante evidenziare quel “non può esserci”. Quando si nota una relazione di sopravvenienza non si sta meramente dicendo che è capitato che non vi sia alcuna differenza in A senza una differenza in B; si sta affermando che non ce ne può essere una. Le proprietà A sopravvengono sulle proprietà B se e solo se una differenza nelle proprietà A necessita una differenza nelle proprietà B o, equivalentemente, se e solo se la somiglianza esatta rispetto alle proprietà B garantisce la somiglianza esatta rispetto alle proprietà A. Le affermazioni di sopravvenienza hanno quindi forza modale. Il tipo di forza modale può variare; diverse affermazioni di sopravvenienza possono attribuire diversi tipi di connessioni necessarie tra proprietà B e proprietà A (vedasi la sezione 3.1.) Anche quando la modalità è fissata, tuttavia, ci sono una serie di affermazioni distinte che potrebbero essere espresse dallo stesso slogan. Una buona parte del lavoro filosofico è stato dedicato alla distinzione di queste forme di sopravvenienza e all’esame delle loro rispettive relazioni logiche.
Inizieremo con alcuni brevi cenni storici (Sezione 2), per poi passare ad alcune domande generali sulla sopravvenienza, ad esempio se sia esplicativa e se garantisca l’implicazione (Sezione 3). Esploreremo quindi in dettaglio le varie versioni di sopravvenienza (Sezione 4). Il lavoro tecnico è di per sé interessante, ma è ovviamente reso più interessante dal fatto che i diversi tipi di sopravvenienza possono essere utili per diversi scopi filosofici. Pertanto, sebbene la maggior parte di questa voce riguardi la sopravvenienza stessa piuttosto che le sue applicazioni, concluderemo con la discussione di alcuni problemi filosofici per i quali la sopravvenienza è rilevante (Sezione 5).
I lettori interessati primariamente a una panoramica delle relazioni tra le principali varietà di sopravvenienza dovrebbero andare direttamente alla Sezione 4. Le definizioni tecniche sono anche raccolte in un’appendice.
2. Storia
2.1 Sopravvenienza come termine tecnico della filosofia
La “sopravvenienza” e i suoi correlati sono termini tecnici. Questa non è una novità; “sopravvenire” è usato raramente al di fuori della filosofia oggigiorno. Ma talvolta lo è, e quando è così, in genere ha un significato diverso. Solitamente è usato per indicare “l’arrivo o l’avvenire di qualcosa di aggiuntivo, estraneo o inaspettato” (Webster’s New International Dictionary, 3a edizione). Questo è il senso in questione nei seguenti passaggi dell’Oxford English Dictionary: “all’improvviso sopravvenne la morte del re (1674–48)” e “Il re fu ferito a causa del pomo della sua sella; sopravvenne la febbre e la ferita si rivelò essere fatale (1867)” (citato in Kim 1990, 2–3). È anche il senso in questione in un’osservazione autobiografica di W.V.O. Quine circa la sua adolescenza: “il bacio sopravvenne quando i tempi furono maturi come i baci tendono a fare” (1985, 43). Tuttavia, questo uso di “sopravvenienza” è irrilevante per l’uso filosofico del termine. L’uso filosofico di “sopravvenienza” è strettamente tecnico, e quindi non è in alcun modo dipendente dai suoi usi ordinari. In tal senso, “sopravvenire” è diverso da termini come “causa”, “libertà” o “giustizia”. Il significato di “sopravvenire” è dato da una convenzione e la nozione così definita va giudicata per i suoi esiti filosofici (McLaughlin 1995).
2.2 Origine del termine
Qual è allora l’origine dell’uso filosofico del termine? Non è chiaro. Alcuni hanno ipotizzato che abbia origine dagli emergentisti britannici della prima parte del ventesimo secolo. Questo perché l’emergentista britannico Lloyd Morgan (1923) usò il termine “sopravvenire” per caratterizzare una relazione che le proprietà emergenti hanno con le loro proprietà di base, e il suo uso divenne abbastanza diffuso nella letteratura sull’emergentismo. Tuttavia, Morgan ha usato “sopravvenire” essenzialmente nel suo senso ordinario, piuttosto che nel suo attuale senso filosofico. Egli ha sostenuto che le proprietà emergenti fossero distinte e aggiuntive rispetto alle loro proprietà di base, ed emergessero in modo imprevedibile da esse. Fu questo uso, non l’attuale uso filosofico, che divenne abbastanza diffuso nella letteratura sull’emergentismo (vedi Van Cleve 1990; e McLaughlin 1992 e 1997b).
È anche spesso affermato che il termine “sopravvenire” sia stato usato per la prima volta nel suo senso filosofico attuale da R.M. Hare, che lo utilizzò per caratterizzare una relazione tra proprietà morali e proprietà naturali (1952, 145). A differenza di Morgan, Hare ha usato il termine essenzialmente nel senso filosofico corrente, ma afferma di non essere stato il primo a farlo. Egli sostiene che il termine era usato in questo modo a Oxford negli anni ’40, anche se non ricorda da chi o in quale contesto (Hare 1984).
È importante chiarire che, tuttavia, indipendentemente dal fatto che Hare sia stato il primo a usare il termine “sopravvenire” in senso filosofico, certamente non è stato il primo ad affermare una relazione di sopravvenienza. Ad esempio, sebbene G.E. Moore non abbia usato il termine “sopravvenire”, egli affermò: “uno dei fatti più importanti sulla differenza qualitativa … [è che] due cose non possono differire nelle qualità senza differire nella loro natura intrinseca” (1922, 263). E ci sono molti altri esempi storici di questo genere di affermazioni circa la sopravvenienza. Inoltre, anche se qui non discuteremo questo punto, non sembra esagerato affermare che virtualmente ogni figura importante nella storia della filosofia occidentale si è almeno implicitamente impegnata in qualche forma di sopravvenienza, o quantomeno l’ha rifiutata.
Ma a prescindere da quanto tempo esista la nozione di sopravvenienza, o da chi abbia usato per primo il termine nel suo senso filosofico, è indiscutibile che Donald Davidson abbia svolto un ruolo chiave nel riportare l’idea al centro della scena. Egli ha introdotto il termine “sopravvenienza” nella filosofia della mente contemporanea nel seguente passaggio:
[L]e caratteristiche mentali sono in un certo senso dipendenti, o sopravvenienti, sulle caratteristiche fisiche. Tale sopravvenienza potrebbe essere interpretata nel senso che non possono esistere due eventi uguali in tutti gli aspetti fisici ma diversi in qualche aspetto mentale, o che un oggetto non può alterare qualche aspetto mentale senza alterare qualche aspetto fisico (1970, 214).
Dopo l’appello di Davidson alla sopravvenienza, Terence Horgan (1982, 1984), Jaegwon Kim (1984, 1987, 1988, 1990, 1993), David Lewis (1983) e altri iniziarono a esaminare la nozione di sopravvenienza stessa e a valutarne l’utilità per un’ampia varietà di scopi filosofici. La letteratura sulla sopravvenienza da allora si moltiplicò.
3. Sopravvenienza e altre relazioni
I filosofi hanno distinto diversi tipi di sopravvenienza. Nella Sezione 4, esporremo queste varietà e noteremo le loro rispettive relazioni logiche. Per ora, tuttavia, ci atterremo all’idea centrale della relazione di sopravvenienza, vale a dire che non può esserci una differenza in A senza una differenza in B. Si possono fare un gran numero di considerazioni filosofiche interessanti già soltanto lavorando su questa semplice e intuitiva idea.
3.1 La forza modale della relazione di sopravvenienza
Per capire come la sopravvenienza sia collegata ad altre relazioni – come l’implicazione, la riduzione, grounding, la dipendenza ontologica e la spiegazione – dobbiamo discutere il fatto che la relazione di sopravvenienza può valere a diversi gradi di forza modale. Cioè, il “non può” in “non può esserci una differenza in A senza una differenza in B” ha diversi gradi di forza. Ad esempio, può indicare un’impossibilità logica, oppure può significare che qualcosa non può accadere coerentemente alle leggi di natura.
Ciò solleva alcuni problemi controversi. Ai fini di questo saggio, facciamo le seguenti tre assunzioni. Primo, assumiamo che la necessità metafisica sia forte quanto la necessità logica. Ci sono, a dire il vero, verità metafisicamente necessarie che non sono verità logiche, come la verità acqua = H2O. Ma la necessità metafisica è forte quanto la necessità logica considerando che lo spazio della possibilità metafisica è esattamente lo stesso della possibilità logica: i mondi logicamente possibili sono uguali ai mondi metafisicamente possibili (vedi, ad esempio, McLaughlin 1995; Chalmers 1996; e Jackson 1998). Questo non è del tutto privo di controversie, ma abbiamo poco da dire al riguardo. In secondo luogo, e più importante in quanto segue, assumiamo che almeno alcune proprietà che compaiono nelle leggi di natura non svolgano i loro ruoli nomologici in modo essenziale, perciò è logicamente o metafisicamente possibile che queste proprietà non figurino nelle leggi in questione. Anche questo è controverso, ma non difenderemo questo punto qui. (Vedi Shoemaker 1980, Swoyer 1982 ed Ellis 2001 per il punto di vista opposto). Infine, assumeremo che tutto ciò che è metafisicamente necessario sia nomologicamente necessario, ma non viceversa. (Si può sostenere che esistano verità nomologicamente necessarie che non sono metafisicamente necessarie, anche nel caso si sostenga che tutte le proprietà nomologiche svolgono i loro ruoli nomologici in modo essenziale; vedasi Fine 2002.)
Alcune relazioni di sopravvenienza sono metafisicamente (o logicamente) necessarie. La proprietà di essere un taglio di capelli o un halibut sopravviene per necessità metafisica sulle due proprietà di base di essere un taglio di capelli ed essere un halibut: due cose non possono differire rispetto ad essere un taglio di capelli o un halibut senza differire o rispetto all’essere un taglio di capelli, o rispetto all’essere un halibut. Inoltre, le superfici delle sfere perfette sopravvengono per necessità metafisica sui loro volumi (e viceversa) (Lombard 1986). Alcune relazioni di sopravvenienza sono metafisicamente contingenti. Consideriamo la legge di Wiedemann-Franz, la quale afferma che la conduttività elettrica di un metallo varia assieme alla sua conduttività termica. Questa legge implica quindi che la conduttività elettrica e la conduttività termica sopravvengano reciprocamente. Ma supponendo che la legge sia metafisicamente contingente, lo è anche la sua relazione di sopravvenienza. È solo nomologicamente necessario che non ci possa essere una differenza in un tipo di conduttività senza una differenza nell’altro tipo.
Quindi, le relazioni di sopravvenienza possono reggere con necessità metafisica o nomologica, e forse anche con qualche altro tipo di necessità. Il fatto che la sopravvenienza si presenti in diversi gradi di forza modale è importante. Talvolta vi è accordo unanime sul fatto che ci sia certa relazione di sopravvenienza, ma si discute su quale sia la sua forza modale. Un esempio importante è la sopravvenienza del mentale sul fisico. Quasi tutti, anche un dualista cartesiano, credono in questa relazione di sopravvenienza. Ma c’è un forte disaccordo circa il fatto che la relazione di sopravvenienza sia valida per necessità metafisica o lo sia per necessità nomologica. Chiediamoci: potrebbe esistere un individuo che non ha alcuna esperienza cosciente, nonostante sia fisicamente indistinguibile da un individuo cosciente (Kirk 1994; Chalmers 1996)? In altre parole, potrebbe esistere quello che i filosofi chiamano uno “zombie”? Poiché è ampiamente riconosciuto che il mentale sopravviene nomologicamente sul fisico, è ampiamente riconosciuto che gli zombi siano nomologicamente impossibili – la loro esistenza violerebbe le leggi psicofisiche. Ma alcuni filosofi (ad esempio, Chalmers 1996) pensano che gli zombi siano ciononostante metafisicamente possibili. Questo rimane un argomento controverso e per risolverlo è necessario affrontare questioni complesse sulla relazione tra concepibilità e possibilità metafisica. Basti notare che la disputa è proprio sulla forza modale del “non può” in “non può esserci una differenza mentale senza una differenza fisica”. (Per una discussione sulla relazione tra concepibilità e possibilità metafisica si vedano, ad esempio, i saggi in Gendler e Hawthorne 2002. Per una discussione sul fisicalismo, vedasi la sezione 5.4 e la voce a parte sul fisicalismo).
3.2 Sopravvenienza ed implicazione
La sopravvenienza è una forma di implicazione? Le due relazioni sono logicamente simili per certi versi. La relazione di implicazione è riflessiva, transitiva e non-simmetrica, così come la sopravvenienza. Essa è riflessiva: per qualsiasi insieme di proprietà A, non può esserci una differenza in A senza una differenza in A (vedasi, ad esempio, Kim 1984). È anche transitiva: se le proprietà A sopravvengono sulle proprietà B e le proprietà B sopravvengono sulle proprietà C, allora le proprietà A sopravvengono sulle proprietà C. Tuttavia, la sopravvenienza non è né simmetrica né asimmetrica; è non-simmetrica. Talvolta regge simmetricamente. Ogni caso riflessivo di sopravvenienza è banalmente un caso simmetrico; si consideri anche il caso del volume e della superficie delle sfere perfette del paragrafo 3.1. A volte regge in modo asimmetrico. Ad esempio, mentre il mentale può sopravvenire sul fisico, il fisico non sopravviene sul mentale. Possono esserci differenze fisiche senza differenze mentali. Un modo lampante di esemplificare questo punto è notare come oggetti radicalmente diversi tra loro da un punto di vista fisico – una lavatrice e un sacchetto di carta, ad esempio – possono essere uguali da un punto di vista mentale, dato che sono tutti privi di qualsiasi proprietà mentale. Quindi la sopravvenienza, come l’implicazione, è riflessiva, transitiva e non-simmetrica.
Nonostante ciò, il fatto che le proprietà B implichino le proprietà A non è né necessario né sufficiente affinché le proprietà A sopravvengano sulle proprietà B. (La nozione di implicazione tra proprietà è la seguente: la proprietà P implica la proprietà Q, solo nel caso in cui sia metafisicamente necessario che tutto ciò che possiede P possieda anche Q.) Per vedere che tali implicazioni non sono sufficienti a garantire una relazione di sopravvenienza, consideriamo le proprietà essere un fratello e non essere figlio unico. Possedere la prima significa possedere la seconda; ogni fratello non è figlio unico. Ma non essere figlio unico non sopravviene sull’essere un fratello. Due persone possono differire rispetto al non essere figli unici nonostante essere esattamente uguali rispetto all’essere un fratello. Per capire questo punto, supponiamo che Sarah abbia una sorella e Jack sia figlio unico. Quindi Sarah non è figlia unica mentre Jack lo è, anche se nessuno dei due è un fratello. Quindi le proprietà B possono implicare le proprietà A, anche se A non sopravviene su B.
Per vedere che la sopravvenienza non è sufficiente per l’implicazione, ricordiamo che la relazione di sopravvenienza può valere anche solo per necessità nomologica. In tali casi, non vi è alcuna implicazione; le proprietà di conduttività termica non implicano le proprietà di conduttività elettrica, per fare un esempio.
Ma che dire della sopravvenienza per necessità metafisica o logica? Anche questa relazione non garantisce in generale che vi siano proprietà B che implicano le proprietà A. Nella migliore delle ipotesi, la sopravvenienza logica di A su B significa che la correttezza di B implica la correttezza di A. Ma da ciò non segue che ogni proprietà A sia implicata da una proprietà B, o che qualche proprietà A sia implicata da una proprietà B. Consideriamo due esempi. In primo luogo, supponendo che esistano le proprietà negative, ogni proprietà F sopravviene per necessità logica sul suo complementare non-F. Dopo tutto, due cose non possono differire rispetto all’essere F senza differire rispetto all’essere non-F, e viceversa. Ma ovviamente essere F non implica essere non-F (McLaughlin 1995, 1997a). In secondo luogo, si consideri un caso in cui l’insieme di proprietà B contiene solo la proprietà P e la proprietà Q, e l’insieme di proprietà A è l’insieme unione della proprietà della congiunzione P&Q. Cioè, A = {P&Q} e B = {P, Q}. A sopravviene per necessità metafisica su B. Ma non c’è proprietà in B che implichi quelle di A.
Certamente, potrebbero esserci insiemi speciali di proprietà per le quali la sopravvenienza di A su B assicura che vi siano proprietà B che implicano le proprietà A – vale a dire, insiemi di proprietà chiusi rispetto alle operazioni booleane di complementazione, congiunzione infinita, disgiunzione infinita (vedi Kim 1984) e operazioni che coinvolgono quantificatori. Chiudere {F} e {~ F} in queste operazioni risulterà nello stesso insieme, vale a dire {F, ~ F, F & ~ F, F v ~ F…}. In entrambi i casi appena riportati sopra, quindi, la chiusura di B rispetto a queste operazioni contiene infatti una proprietà che implica le proprietà A.
Le discussioni sulla sopravvenienza spesso fanno appello a insiemi di proprietà che sono chiusi rispetto tali operazioni. Ma questo non è un presupposto banale, per due ragioni. In primo luogo, è controverso se la complementazione, la congiunzione e la disgiunzione siano operazioni legittime nella formazione di proprietà. Che lo siano o meno dipende in gran parte da cosa si considera essere una proprietà. Se le proprietà sono solo i valori semantici dei predicati, allora ci sono proprietà negative, congiuntive e disgiuntive, perché i predicati negativi, congiuntivi e disgiuntivi possono avere valori semantici. Ma se le proprietà fossero universali potrebbero non esserci tali proprietà (Armstrong 1978, 1989). E se le proprietà sono modi in cui una cosa potrebbe essere, allora gli insiemi di proprietà non possono essere chiusi rispetto alle operazioni booleane. Ciò implicherebbe che per ogni proprietà F, essere F e ~ F sono anche delle proprietà. Tuttavia, le cose non potrebbero stare così. In secondo luogo, anche se si assumesse che le operazioni che formano proprietà fossero legittime, il fatto è che molto spesso siamo interessati a insiemi di proprietà che non sono chiusi rispetto ad esse. Consideriamo la negazione. Anche supponendo che esistano proprietà negative, normalmente non consideriamo che i gatti possiedano proprietà geologiche perché non sono né ignei, né sedimentari né metamorfici. E sembra strano dire che Cartesio era impegnato nei confronti di sostanze mentali aventi proprietà fisiche semplicemente perché pensava che non fossero estese spazialmente. Poiché non tutti gli insiemi di proprietà sono chiusi rispetto ogni operazione di formazione di proprietà, la sopravvenienza non è in generale sufficiente per l’implicazione. (Per ulteriori discussioni sulla sopravvenienza e varie operazioni di formazione di proprietà, vedasi Van Cleve 1990; Oddie e Tichy 1990; Bacon 1990, 1995; Glanzberg 2001; Bader 2012.)
Un caso particolarmente interessante di fallimento dell’implicazione, si verifica quando gli insiemi di proprietà non sono chiusi rispetto la quantificazione. Questo scenario apre spazio a casi in cui l’insieme sopravveniente, A, contiene proprietà formate dalla quantificazione, come essere tale che ogni F è un G, che l’insieme B non contiene. Se B non include tali proprietà, non ci sono proprietà in B che le implichino. Come ha notato Bertrand Russell molti anni fa, “non si può mai arrivare a un fatto generale per inferenza [deduttiva] da fatti particolari, per quanto numerosi” (Russell 1918, 235; citato in Bricker 2005). Ma le proprietà generali, tuttavia, sopravvengono logicamente su quelle particolari: due mondi possibili non possono differire nel contenuto di fatti generali senza differire nel contenuto di quelli particolari (vedi Skyrms 1981, Lewis 1992 e Bricker 2005). Pertanto, i fatti generali sopravvengono logicamente sui fatti particolari, anche se i secondi non implicano i primi.
La conclusione è che la sopravvenienza logica dell’insieme di proprietà A sull’insieme di proprietà B garantisce che ogni proprietà A sia implicata da qualche proprietà B solo se A e B sono chiusi sia rispetto alle operazioni booleane infinite sia rispetto alle operazioni di formazione di proprietà che coinvolgono la quantificazione.
3.3 Sopravvenienza e riduzione
Tutti concordano sul fatto che la riduzione richieda la sopravvenienza. Siccome la relazione di sopravvenienza è riflessiva, ciò è particolarmente evidente per coloro che pensano che la riduzione necessita l’identità delle proprietà coinvolte. Ma in ogni teoria riduzionista ragionevole, se un insieme di proprietà A si riduce a un insieme di proprietà B, non può esserci una differenza in A senza una differenza in B. Questo è vero sia per le riduzioni ontologiche che per quelle che potremmo chiamare “riduzioni concettuali”, cioè le analisi concettuali.
La questione più interessante è se la sopravvenienza sia sufficiente per la riduzione (si veda Kim 1984, 1990). Ciò dipende da cosa si considera necessario per una riduzione. Se si ritiene che essa richieda l’identità o l’implicazione di proprietà, allora, come abbiamo appena visto (sezione 3.2), neppure la sopravvenienza per necessità logica è sufficiente a giustificare la riduzione. Inoltre, se la riduzione richiede che certe condizioni epistemiche siano soddisfatte, allora, ancora una volta, la sopravvenienza per necessità logica non è sufficiente a giustificare la riduzione. Che A sopravvenga su B per necessità logica non è necessariamente conoscibile a priori.
3.4 Sopravvenienza e innocenza ontologica
Le questioni relative all’implicazione e alla riduzione sono legate a una domanda: se la sopravvenienza per necessità metafisica sia ontologicamente innocente – se le proprietà A siano qualcosa al di là delle proprietà B.
Alcuni pensano che la sopravvenienza – almeno quando è accompagnata dal grounding; vedi la sezione 3.5 sotto – è in tal senso ontologicamente innocente. Dopo tutto, se le proprietà A sopravvengono per necessità metafisica sulle proprietà B, allora queste risultano automaticamente date le proprietà B. Per prendere in prestito la metafora di Kripke (1972, 153-154), una volta che Dio ha stabilito le proprietà B, Egli ha finito; non ha bisogno di fare nient’altro per far funzionare le proprietà A. Anzi, non può impedirlo. Data la distribuzione delle proprietà B, non ci sono ulteriori questioni su quali proprietà A siano istanziate. Quindi, si potrebbe affermare, queste ultime non sono nulla al di là delle prime. Tuttavia, altri filosofi resistono con forza a questa idea. Come possono le proprietà A non comportare un ulteriore impegno ontologico, se sono numericamente distinte dalle proprietà B? (Sia Jonathan Schaffer (2015) che Karen Bennett (2017, capitolo 8.2) hanno recentemente affermato che il modo migliore per dare un senso a questa affermazione è il seguente: le entità sopravvenienti non sono fondamentali e le entità non-fondamentali non vanno contro la semplicità di una teoria, sebbene contino per il numero totale di cose che ci sono.)
Questa disputa è centrale per varie questioni di metafisica e filosofia della mente. Ad esempio, i fisicalisti non-riduzionisti spesso dicono che le proprietà mentali sono distinte da quelle fisiche, ma nondimeno non sarebbero nulla al di là di quelle fisiche. I loro oppositori riduzionisti, tuttavia, pensano chiaramente che ciò sia illegittimo. Ciò si può vedere nell’obiezione che i fisicalisti non-riduzionisti si trovano ad affrontare, ossia il problema dell’esclusione causale – il fatto che non sono in grado di spiegare l’efficacia causale del mentale senza affermare che tutti i suoi effetti siano “doppiamente causati”. (Vedi la voce sulla causalità mentale .)
Un altro esempio riguarda la composizione. Alcune persone credono nella “composizione mereologica non-ristretta”, e pensano che due o più cose qualsiasi ne compongano una più grande. In genere affermano che mentre la (singola) fusione non è identica alle sue (molte) parti (un’eccezione è Baxter 1988), essa sopravviene su queste singole, e quindi non è nulla al di là di quelle parti. Quindi, per esempio, ci potrebbe essere una fusione mereologica tra il tuo gomito sinistro, Tony Blair, e il fiume Mississippi, la quale è distinta da queste tre parti, ma non è nulla al di là di esse. Lewis, parlando di una fusione tra una trota e un tacchino, dice che “non è né pesce né pollo, ma non è nient’altro: è in parte pesce e in parte pollo” (1991, 80) e che “la mereologia è innocente” (87). Tuttavia, gli oppositori della composizione mereologica non-ristretta non sono sorprendentemente convinti: “che cosa significa “nulla al di là”? Questa frase sfuggente è stata largamente usata in filosofia, ma chi la impiega non ha mai stato spiegato cosa significhi” (Van Inwagen 1994, 210). In effetti, l’idea che la composizione non sia affatto ontologicamente innocente ha portato alcuni a sostenere che non ci sono oggetti compositi (o che gli organismi viventi sono gli unici oggetti compositi; vedi Van Inwagen 1990, Merricks 2001, Dorr e Rosen 2002, e la voce sulla mereologia).
Quindi, da un lato, c’è quella che potremmo chiamare l’“intuizione della sopravvenienza”. Il fisicalista non-riduzionista pensa che la sopravvenienza metafisicamente necessaria del mentale sul fisico implichi che le proprietà mentali non siano nulla al di là di quelle fisiche. Chi crede nella composizione mereologica non-ristretta, invece, pensa che la sopravvenienza metafisicamente necessaria delle fusioni sulle loro parti implichi che le fusioni non siano nulla al di là di quelle parti. D’altra parte, c’è quella che potrebbe essere chiamata l’”intuizione della distinzione”: se le proprietà mentali e le fusioni mereologiche sono distinte rispettivamente dalle proprietà fisiche e dagli atomi mereologici, allora sicuramente contano come qualcosa al di là di esse.
Questa può sembrare una mera questione terminologica su qual è l’uso corretto di espressioni come “niente al di là” e “innocenza ontologica”. Ma ci sono problemi piuttosto concreti qui. La differenza centrale tra le due prospettive è che una sottolinea il fatto che i due tipi di proprietà o entità sono numericamente distinti, l’altra sottolinea il fatto che esiste comunque una stretta relazione di non-identità tra di loro. E ciò che conta in ogni dato caso è i) quale particolare relazione di non-identità è valida, e ii) se il fatto che quella relazione sia valida è sufficiente per risolvere qualunque sia questione sul tavolo.
Nel caso della fusione mereologica, la questione è proprio se esistano delle fusioni in generale. Coloro che credono nella composizione mereologica non-ristretta pensano che l’esistenza degli atomi implichi l’esistenza delle fusioni, i loro oppositori invece no. Il dibattito qui riguarda solo se le fusioni sono (o sarebbero, se esistessero) qualcosa “al di là” delle loro parti nella misura in cui ciò costituirebbe un impegno ontologico significativo, il che porterebbe alcuni (non Schaffer o Bennett; vedi sopra) a diffidare del principio della composizione mereologica non-ristretta.
Nel caso del fisicalismo non-riduzionista, la questione è se tutte le relazioni di non-identità siano sullo stesso piano rispetto all’argomento dell’esclusione causale. I fisicalisti non-riduzionisti pensano che le proprietà mentali sopravvengano per necessità metafisica sulle proprietà fisiche (se esse siano anche implicate da proprietà fisiche, dipende rispetto a quali operazioni che formano proprietà l’insieme delle proprietà fisiche sia ritenuto chiuso; si veda la Sezione 3.2). La questione interessante non è se questo passaggio consenta loro di affermare davvero che le proprietà mentali non sono “nulla al di là” di quelle fisiche, ma piuttosto se ciò consenta loro di risolvere il problema dell’esclusione causale. (Per le prospettive che più o meno dicono di sì, si veda Yablo 1987, Shoemaker 2001, Bennett 2003, Melnyk 2003). Si noti come questo problema si ponga anche nel caso delle fusioni mereologiche; Merricks (2001) utilizza una versione del problema dell’esclusione causale per argomentare contro l’esistenza di compositi non-viventi.
Un altro esempio, simile al caso della fusione: abbiamo appena visto che le verità generali sopravvengono per necessità metafisica sulle verità particolari, ma non sono implicate da esse (Sezione 3.2). Ciò portò Russell a dire che “bisogna ammettere che i fatti generali sono distinti e al di là dei fatti particolari” (1918, 236). Sarebbe un errore concentrarsi troppo sull’affermazione di Russell secondo cui i fatti generali sono “al di là” dei fatti particolari; chiaramente significa solo che essi sono numericamente distinti dai fatti particolari. La questione interessante è piuttosto se Russell abbia ragione sul fatto che dobbiamo ammettere fatti generali nella nostra ontologia. (Vedi Bricker 2005 per un argomento contrario.)
Tutto sommato, potrebbe non esserci una risposta semplice alla domanda se la sopravvenienza per necessità metafisica sia ontologicamente innocente. Che vi sia o meno, dipende dal fatto che ci sia una relazione sufficientemente così stretta da svolgere il lavoro necessario per risolvere qualsiasi sia il problema in questione, ciò ovviamente dipenderà da quale problema si tratti. Quindi, se la sopravvenienza metafisicamente necessaria sia “ontologicamente innocente” potrebbe dipendere dal caso in questione. In uno, la sopravvenienza metafisicamente necessaria potrebbe svolgere il lavoro necessario a risolvere il problema, in un altro caso potrebbe essere necessaria l’implicazione, e in un altro forse non andrà bene niente di meno che l’identità numerica.
3.5 Sopravvenienza, grounding e dipendenza ontologica
Esiste un’ampia letteratura sul grounding e la dipendenza ontologica, inclusa una voce in questa enciclopedia per entrambi.
In modo approssimativo e schematico, un fatto ne fonda (grounds) un altro quando il secondo si ottiene in virtù del primo: il primo in un certo senso permette di ottenere il secondo. È una relazione produttiva e generativa. (Vedi Bennett 2017 sulla classe di tali relazioni, che lei chiama “relazioni costruttive”. Vedi il capitolo 4 di quel lavoro, così come Schaffer 2016 e il lavoro di Wilson che sta per essere pubblicato per delle discussioni sulla relazione intercorrente tra grounding e causalità.) Approssimativamente e in maniera schematica, un’entità dipende ontologicamente dall’altra quando la prima non esisterebbe senza la seconda. Si può dire, ed è stato detto, molto di più su queste relazioni, ma ciò è sufficiente per i nostri scopi.
Grounding e dipendenza ontologica sono distinti l’uno dall’altro. Il modo più semplice per comprenderlo è attraverso i casi che hanno mostrato a David Lewis come la causalità sia distinta dalla dipendenza causale (1973): esclusione e sovradeterminazione. Proprio come i casi di sovradeterminazione causale e di esclusione implicano il nesso di causalità senza implicare una dipendenza causale, così anche i casi di “grounding della sovradeterminazione” e “grounding dell’esclusione” implicano grounding senza implicare una dipendenza ontologica. Ad esempio, il fatto che io esista, fonda il fatto che qualcosa esiste, ma l’ottenimento del secondo fatto non dipende dall’ottenimento del primo; il fatto che qualcosa esista è ampiamente sovra-fondato (overgrounded).
Poiché grounding e dipendenza ontologica sono distinti, l’affermazione per cui la sopravvenienza non è uguale al grounding, è distinta dall’affermazione per cui la sopravvenienza non è uguale alla dipendenza ontologica. Tuttavia, molte delle stesse considerazioni sono rilevanti.
Una di queste considerazioni è che queste relazioni potrebbero non avere gli stessi referenti. Si dice tipicamente che la sopravvenienza sia una relazione tra proprietà o famiglie di proprietà, ma almeno alcuni dei sostenitori del grounding affermano che si tratta di una relazione tra soli fatti (ad esempio Rosen 2010, Audi 2012) e la dipendenza ontologica sembra ottenersi tra i membri di varie categorie ontologiche.
Un secondo modo per vedere come la sopravvenienza non sia identica né al grounding né alla dipendenza ontologica è notare che queste ultime due relazioni sono ampiamente (sebbene non universalmente) ritenute non-riflessive e asimmetriche. Niente può fondarsi o dipendere ontologicamente da sé stesso, e niente può fondarsi o dipendere ontologicamente da qualcosa che esso fonda, o che dipende da esso. Ma come abbiamo visto, la sopravvenienza è riflessiva e non-asimmetrica (vedi Sezione 3.2). (Per delle sfide all’affermazione secondo cui la dipendenza e / o il grounding sono non-riflessivi e asimmetrici, vedasi Jenkins 2011, Bliss 2014, Wilson 2014 e il lavoro di Barnes che sta per essere pubblicato; per una risposta a queste sfide, vedere Bennett 2017, sez. 3.2).
Un terzo modo per vedere che la sopravvenienza non è uguale né al grounding né alla dipendenza ontologica è sostenere che i seguenti condizionali sono falsi:
- se A sopravviene su B, B fonda A
- se A sopravviene su B, A dipende ontologicamente da B
Come affermò McLaughlin nel 1995, una semplice affermazione di sopravvenienza non implica alcuna affermazione del tipo “in virtù di”. Ecco un paio di modi per comprendere il punto. Come notato sopra, per qualsiasi proprietà F, essere F sopravviene sull’essere ~ F: due cose non possono differire rispetto all’essere F senza differire rispetto all’essere ~ F. Ma, naturalmente, l’essere ~ F non fonda l’essere F, e l’essere F non dipende ontologicamente dall’essere ~ F!
Un altro modo per vedere che i condizionali sono falsi è notare che le proprietà che ogni cosa ha necessariamente e quelle che non può avere nessun oggetto possono sopravvenire, con lo stesso tipo di necessità, su qualsiasi proprietà. (Il fatto che la necessità e l’impossibilità sopravvengano su qualsiasi cosa pone indiscutibilmente un problema per chi cerca di usare la sopravvenienza per definire il fisicalismo. Vedasi la Sezione 5.4.) La proprietà di essere identico a sé sopravviene sulla proprietà di essere un pezzo di antiquariato; la proprietà di “essere sia un canguro che non essere un canguro” sopravviene sulla proprietà di essere polveroso. Il motivo è abbastanza semplice. Non esistono due cose che possono differire rispetto a proprietà necessarie o impossibili, punto; quindi, due cose non possono differire rispetto a tali proprietà senza differire anche rispetto alle proprietà B, per qualsiasi loro insieme. Non può esistere qualcosa che sia un canguro e non un canguro, quindi non esistono due cose che possono differire rispetto a quella proprietà: quindi due cose non possono differire rispetto a quella proprietà senza anche differire rispetto all’essere polveroso, o all’essere viola, o all’essere una macchina a vapore, ecc. Ma non si dà il caso che essere sia “essere un canguro e non essere un canguro” sia ontologicamente dipendenti dall’essere polveroso, o che l’essere polveroso fondi sia l’essere sia un canguro e non essere un canguro. Essere polveroso non ha niente a che fare con tutto ciò.
Per un altro argomento che neghi che la sopravvenienza delle proprietà A sulle proprietà B comporti qualcosa in termini di grounding o dipendenza ontologica, vedasi la discussione di alcune forme di sopravvenienza globale nella Sezione 4.3.5.
(Nota: questa sezione è una revisione del 2017 della sezione del 2005 intitolata semplicemente “Sopravvenienza e dipendenza ontologica”. Mentre la sezione è ora più attenta alle differenze tra grounding, dipendenza ontologica e priorità ontologica, le idee principali sono presenti dall’edizione iniziale del 2005).
3.6 Sopravvenienza e realizzazione
Come “sopravvenienza”, “realizzazione” è un termine tecnico della filosofia. Le sue definizioni sono convenzionali e quindi possono essere giudicate solo in base alla loro utilità teorica.
La realizzazione è principalmente considerata una relazione tra proprietà, sebbene siano state definite nozioni derivanti dalla realizzazione di istanze di proprietà e realizzazione di stati di cose. Ci concentreremo sulla realizzazione di proprietà. C’è più di un uso del termine “realizzazione di proprietà” in letteratura. Forse l’uso principale è quello che si trova nella letteratura sulla teoria funzionalista della mente. (Vedi, ad esempio, Block 1980; Melnyk 2003, 2006). Secondo la teoria funzionalista della realizzazione, una proprietà F ne realizza un’altra G solo nel caso in cui F occupa (o riempie, o svolge) il ruolo causale associato a G, “il ruolo G“, cioè solo nel caso in cui le istanze di F abbiano i tipi di cause e ed effetti che costituiscono il ruolo G. Così, ad esempio, una proprietà neurale realizzerà il dolore soltanto nel caso in cui abbia il tipo di cause ed effetti che costituiscono il ruolo del dolore. (Secondo il funzionalismo analitico, il ruolo del dolore è il ruolo causale che la psicologia ingenua associa al dolore; secondo lo psico-funzionalismo, è il ruolo causale che la psicologia scientifica associa al dolore.) Se più di una proprietà svolge il ruolo G, allora G è realizzabile in molteplici modi. (Vedasi la voce sulla realizzabilità multipla.)
Sydney Shoemaker (2007, capitolo 2) definisce una nozione correlata alla realizzazione di proprietà, che chiama la “teoria del sottoinsieme della realizzazione”. Dice che “da una prima approssimazione, la proprietà P ha la proprietà Q come realizzatore solo nel caso in cui (1) le caratteristiche causali future della proprietà P sono un sottoinsieme delle caratteristiche causali future della proprietà Q, e (2) le caratteristiche causali passate di P hanno come sottoinsieme le caratteristiche passate di Q” (2007, 12). Ancora, se P ha più di un realizzatore, allora P è realizzabile in molteplici modi.
Nessuna di queste relazioni di realizzazione di proprietà è una relazione di sopravvenienza. Una proprietà può sopravvenire su altre proprietà anche quando non è il tipo di proprietà a cui è associato il ruolo causale, come nel caso, ad esempio, delle proprietà matematiche pure. Né è necessaria la sopravvenienza di una proprietà per la realizzazione della proprietà nei due sensi riportati sopra. Supponiamo che F sia realizzabile in molteplici modi in quanto può essere realizzato da G o da H, e che qualcosa può essere H senza essere G. Allora, nonostante G realizzi F, due cose possono differire rispetto a F senza differire rispetto a G, in quanto entrambi mancano di G, e quindi F non può sopravvenire su G. Ovviamente, F può appartenere a un insieme di proprietà A, e G e H a un insieme di proprietà B, in modo tale che le proprietà A sopravvengano sulle proprietà B, anche se F non sopravviene nello specifico su G.
Ci sono altre nozioni di realizzazione meno consolidate nella letteratura (ad esempio, Gillett 2002; Shoemaker 2007, capitolo 3). Neanche queste sono relazioni di sopravvenienza, anche se spiegarlo in dettagli ci porterebbe troppo lontano.
3.7 Sopravvenienza e spiegazione
Le affermazioni di sopravvenienza, di per sé, non fanno altro che affermare la presenza di certi schemi nelle variazioni di proprietà (o fatti). Tacciono sul perché questi schemi ci siano e sulla natura precisa della dipendenza coinvolta (vedasi Kim 1993, 167; 1998, 9–15; Blackburn 1984, 186; Schiffer 1987, 153–154; e McGinn 1993, 57). Ma poche tesi di sopravvenienza sono plausibilmente brute, cioè inspiegabili. È naturale guardare oltre e cercare di spiegare perché le proprietà A sopravvengono sulle proprietà B. Quando tale sopravvenienza è spiegabile, si verifica un caso di “superdupervenience” (un termine coniato da William Lycan; vedere anche Schiffer 1987; Horgan 1993; e Wilson 1999).
A volte è facile capire cosa spiega un caso di sopravvenienza. Si considerino gli esempi di banali relazioni di sopravvenienza esposti nella Sezione 3.5. Ovviamente non può esserci una differenza in A senza una differenza in B se A è un insieme di proprietà necessarie o impossibili: perché non può esserci una differenza in A in generale. La relazione di sopravvenienza è spiegata dalla necessità o dall’impossibilità delle proprietà sopravvenienti. È anche ovvio il motivo per cui le proprietà A sopravvengono sulle proprietà A. Naturalmente, le affermazioni sull’identità delle proprietà non sono sempre conoscibili a priori; si consideri, ad esempio, il fatto che la proprietà di essere acqua è identica alla proprietà di essere H2O. Il fatto che essere acqua sia identico a essere H2O spiega perché non può esserci differenza rispetto all’essere acqua senza differire rispetto all’essere H2O. E la sopravvenienza per la sola necessità nomologica può essere spiegata mediante l’appello alle leggi di natura. È in virtù della legge di Wiedemann-Franz che la conduttività elettrica sopravviene, per necessità nomologica, sulla conduttività termica.
Poiché ci aspettiamo che i casi di sopravvenienza siano spiegabili, è difficile accontentarsi quando non riusciamo a vedere una spiegazione dietro la verità di una qualche relazione di sopravvenienza. Se si affermasse, ad esempio, che le proprietà morali sopravvengono su quelle non-morali, ci aspetteremmo che esista una spiegazione del perché le cose stanno così. Appellarsi a relazioni di sopravvenienza inspiegabili può quindi risultare oscuro.
3.8 Bilancio
La sopravvenienza ci aiuta meno di quanto pensassero alcuni filosofi. Pure la sopravvenienza logicamente o metafisicamente necessaria è compatibile con l’assenza di proprietà B che implicano ogni proprietà A. La sopravvenienza non è di per sé esplicativa, e non garantisce che le proprietà A si riducano, dipendano ontologicamente o siano fondate (grounded) dalle proprietà B. La sopravvenienza potrebbe fornire un modo per esprimere l’idea che le proprietà o i fatti A, non comportano un ulteriore impegno ontologico al di là delle proprietà o dei fatti B, ma ciò è controverso. In fondo, il contenuto di un’affermazione di sopravvenienza è che le proprietà A variano assieme alle proprietà B. Tuttavia, come vedremo nella sezione 5, la sopravvenienza ha svariati usi filosofici.
4. Varianti di sopravvenienza
Lo slogan “Non può esserci una differenza in A senza una differenza in B” è applicabile sia a individui particolari che a interi mondi possibili. Nel primo caso, lo slogan esprime l’idea che due individui non possono differire in aspetti di A senza differire anche in aspetti di B. Questo tipo di affermazione è un’affermazione di sopravvenienza individuale. Nel secondo caso, lo slogan esprime l’idea che due mondi possibili non possono differire rispetto al loro schema di distribuzione delle proprietà A senza differire anche rispetto al loro schema di distribuzione delle proprietà B. Questo tipo di affermazione è un’affermazione di sopravvenienza globale. Le dichiarazioni di sopravvenienza, sia individuali che globali, possiedono diverse forze modali. In questa sezione, distingueremo varie forme di sopravvenienza, sia individuale che globale, ed esamineremo alcune relazioni logiche tra di loro.
4.1 Sopravvenienza individuale debole e forte
Kim (1984, 1987) ha distinto due diversi tipi di sopravvenienza individuale, una debole e una forte. Sono definiti per quantificazione su mondi possibili, come segue:
Le proprietà A sopravvengono debolmente sulle proprietà B se e solo se per ogni mondo possibile w e qualsiasi individuo x e y in w, se x e y sono B-indiscernibili in w, allora esse sono A-indiscernibili in w.
Le proprietà A sopravvengono fortemente sulle proprietà B se e solo se per ogni possibile mondo w1 e w2 e qualsiasi individuo x in w1 e y in w2, se x in w1 è B-indiscernibile da y in w2, allora x in w1 è A-indiscernibile da y in w2. (Kim 1987.)
x e y sono A-indiscernibili se e solo se sono esattamente uguali rispetto a ogni A-proprietà; analogamente per B-indiscernibilità. (Qui i tempi sono omessi, tuttavia gli oggetti possono ovviamente essere A-indiscernibili in un dato momento, ma non in un altro.) I mondi possibili quantificati potrebbero includere tutti i mondi metafisicamente possibili, o solo i mondi nomologicamente possibili (ecc.), a seconda di quale grado di forza modale occorra.
Come indicano i nomi, una sopravvenienza individuale forte è più forte rispetto a una sopravvenienza individuale debole. (In seguito, seguiremo l’uso stabilito e abbandoneremo la parola “individuo” a meno che non siano richiesti chiarimenti.) Una sopravvenienza debole dice che non esiste un mondo possibile che contenga individui che sono B-indiscernibili ma A-discernibili. Una sopravvenienza forte implica che non ci siano individui possibili che siano B-indiscernibili ma A-discernibili, sia che si trovino nello stesso mondo o in mondi diversi. Quando la gamma di mondi è la stessa, le tesi di sopravvenienza forte implicano tesi di sopravvenienza deboli, ma in generale le seconde non implicano le prime. È importante notare, tuttavia, che quando A è limitato alle proprietà intrinseche, la sopravvenienza forte e la sopravvenienza debole sono indiscutibilmente equivalenti; si veda la sezione 4.3.4.
Di tanto in tanto i filosofi fanno appello alla sopravvenienza debole, piuttosto che alla sopravvenienza forte. Ad esempio, Hare ha dichiarato che la sua affermazione secondo cui le proprietà assiologiche sopravvengono su altre proprietà fa riferimento alla sola sopravvenienza debole (1984, 4). Allo stesso modo, Davidson ha affermato che il suo appello alla sopravvenienza era inteso come un appello alla sopravvenienza debole (1985, 1993, specialmente 4n4). (Disse questo in risposta a Kim (1984), il quale sosteneva che Davidson non può fare appello a una sopravvenienza forte senza impegnarsi in rigide leggi psicofisiche, le quali sono incompatibili con la ben nota tesi di Davidson dell’anomalismo del mentale, secondo cui non esistono leggi psicofisiche rigide. Vedi la voce sul monismo anomalo.)
Ma fare appello alla sopravvenienza debole mentre si nega la forte genera una difficoltà esplicativa. Si ricordi come desideriamo sempre una spiegazione del perché valga una data relazione di sopravvenienza (vedi Sezione 3.7). Quindi, qualcuno che afferma una tesi di sopravvenienza debole ma nega la corrispondente tesi di sopravvenienza forte deve fornire una spiegazione del perché la tesi di sopravvenienza debole sia vera, ma ciò non implica che sia vera anche la tesi di sopravvenienza forte corrispondente. Ciò può sembrare misterioso: se ci possono essere cose in mondi diversi che sono A-discernibili ma non B-discernibili, perché non possono esserci due cose del genere in un singolo mondo? Se ogni cosa all’interno di ciascun mondo B-indiscernibile è A-indiscernibile, come possono mondi diversi imporre diversi accoppiamenti di proprietà B → A? (Vedi Blackburn sulla necessità di spiegare il “divieto di mondi misti”, 1973, 1985 e soprattutto 1984, 184.)
A volte c’è una spiegazione del perché la sopravvenienza debole valga nonostante non vi sia una sopravvenienza forte. Se, all’interno di un mondo, due individui affermano esattamente le stesse proposizioni, allora costoro sono esattamente uguali rispetto all’aver affermato una proposizione vera: l’uno ha affermato almeno una proposizione vera se e solo se l’altro lo ha fatto. La ragione è che una proposizione ha un unico valore di verità rispetto a un mondo. Vale quindi la seguente tesi di sopravvenienza debole: per ogni mondo w, e ogni individuo x e y in w, se x e y sono indiscernibili rispetto alle proposizioni che hanno asserito, allora sono indiscernibili rispetto al fatto di aver affermato una proposizione vera. Le proposizioni contingenti, tuttavia, sono vere in alcuni mondi e false in altri. Pertanto, è possibile che due individui in mondi diversi asseriscano esattamente le stesse proposizioni, e tuttavia differiscano rispetto ad aver affermato una proposizione vera. Il primo potrebbe affermare molte proposizioni vere, mentre il secondo non riuscire ad affermare alcuna proposizione vera. Si deduce che la seguente tesi di sopravvenienza forte è falsa: per ogni mondo w1 e w2, ogni individuo x in w1 e y in w2, se x in w1 è indiscernibile da y in w2 per quanto concerne le proposizioni che hanno affermato, allora x in w1 è indiscernibile da y in w2 rispetto all’avere asserito una proposizione vera.
Al contrario, non è affatto chiara la ragione per cui le proprietà mentali sarebbero debolmente sopravvenute sulle proprietà fisiche senza sopravvenire fortemente su di esse; un’analoga questione si pone per le proprietà morali e le proprietà non-morali. Davidson e Hare ci devono una spiegazione del perché le proprietà mentali e morali sopravvengono debolmente, rispettivamente, su quelle fisiche e non-morali – e deve essere una spiegazione che non implichi anche una sopravvenienza forte. Il noto argomento di Simon Blackburn contro il realismo morale costituisce fondamentalmente un tentativo di rispondere a questa domanda per Hare. Sebbene Blackburn parli di “sopravvenienza” e “necessità” piuttosto che di sopravvenienza debole e forte, il suo argomento contro il realismo morale si basa esattamente sulla pretesa delle spiegazioni che abbiamo esaminato. Egli afferma: 1) che le proprietà morali sopravvengono debolmente sulle proprietà non-morali, ma non fortemente su di esse, 2) che ciò richiede una spiegazione, e 3) che i proiezionisti possono farlo meglio rispetto ai realisti morali (1973, 1985). Da notare che una tale risposta è richiesta a chiunque sostenga una tesi di sopravvenienza debole senza una corrispondente tesi di sopravvenienza forte.
Resta da discutere un’ultima questione riguardante le nozioni di sopravvenienza debole e sopravvenienza forte. Si tratta del fatto che a volte sono formulate in maniera diversa, tramite operatori modali piuttosto che mediante quantificazione su mondi possibili:
A sopravviene debolmente su B se e solo se, se qualcosa x ha qualche proprietà F in A, allora c’è almeno una proprietà G in B tale che x ha G, e tutto ciò che ha G ha F, cioè, se e solo se
□∀x∀F∈A[Fx → ∃G∈B(Gx & ∀y(Gy → Fy))]
A sopravviene fortemente su B se e solo se, se qualcosa x ha qualche proprietà F in A, allora c’è almeno una proprietà G in B tale x ha G, e necessariamente tutto ciò che ha G ha F, cioè, se e solo se
□∀x∀F∈A[Fx → ∃G∈B(Gx & □∀y(Gy → Fy))]
(Kim 1984)
Si noti che la sopravvenienza forte è formulata proprio come la sopravvenienza debole, tranne per il fatto che contiene un ulteriore operatore di necessità.
Inizialmente, Kim ha sostenuto che le versioni degli operatori modali sono equivalenti alle definizioni sopracitate di sopravvenienza debole e sopravvenienza forte in termini di mondi possibili (vedere specialmente 1987, 79-82). Ma non lo sono; esse sono più forti. Date certe assunzioni (ad esempio che gli operatori modali devono essere intesi come quantificatori di mondi), le versioni degli operatori modali di sopravvenienza forte e debole comportano rispettivamente le possibili versioni del mondo; ma non viceversa (McLaughlin 1995).
Il ragionamento qui è fondamentalmente lo stesso di quello fornito nella Sezione 3.2 soprastante, riguardante il motivo per cui la sopravvenienza non garantisce l’implicazione. Sia la sopravvenienza debole sia la sopravvenienza forte affermano i) che è necessario che tutto ciò che ha una proprietà A abbia una proprietà B o altro, e ii) che quella proprietà B implichi la proprietà A. Ma né i) né ii) derivano dalle versioni di sopravvenienza debole o forte in termini di mondi possibili, a meno che non si presuma che B sia chiuso rispetto alle operazioni booleane di complementazione, congiunzione infinita, disgiunzione infinita e operazioni di formazione di proprietà che implicano la quantificazione (McLaughlin 1995). Senza questa assunzione, le versioni in termini di mondi possibili consentono alle entità con proprietà A di mancare del tutto di proprietà B, e a maggior ragione di mancare, a fortiori, di qualsiasi proprietà B che implichi le loro prop id=”link42″rietà A. Ovviamente, la sopravvenienza dei mondi possibili richiede che ogni coppia di individui del mondo (deboli) o tra mondi (forti) debba avere le stesse proprietà A, ma le versioni in termini di mondi possibili consentono agli individui senza B di avere proprietà A, al contrario delle versioni in termini di operatori modali.
Non dovrebbe quindi sorprendere, che i casi che sono serviti da controesempio all’affermazione secondo cui la sopravvenienza è una forma di implicazione, servano anche da controesempi all’equivalenza tra le formulazioni della sopravvenienza in termini di mondi possibili e in termini di operatori modali. Essere F sopravviene fortemente sull’essere non-F, ma non può sopravvenire debolmente su di esso. {P & Q} sopravviene fortemente su {P, Q}, ma non può sopravvenire debolmente su di esso. Le versioni di sopravvenienza debole e sopravvenienza forte in termini di mondi possibili sono più deboli delle corrispondenti versioni in termini di operatori modali. Questi ultimi vanno oltre l’idea di base che non può esserci una differenza in A senza una differenza in B. Anche in questo caso, tuttavia, le versioni in termini di operatori modali sono equivalenti alle versioni in termini di mondi possibili se l’insieme di base B è chiuso rispetto alle operazioni booleane, e alle operazioni che implicano la quantificazione.
4.2 Sopravvenienza regionale
Terence Horgan (1982) ha proposto una versione della sopravvenienza in termini di singole regioni spazio-temporali, anziché in termini di oggetti. Una versione debole e una forte della “sopravvenienza regionale” di Horgan può essere formulata come segue:
Le proprietà A sopravvengono debolmente a livello regionale sulle proprietà B se e solo se per ogni possibile mondo w e qualsiasi regione spazio-tempo r1 e r2 in w, se r1 e r2 sono duplicati B in w, allora sono duplicati A in w.
Le proprietà A sopravvengono fortemente a livello regionale sulle proprietà B se e solo se per ogni possibile mondo w1 e w2 e qualsiasi regione spazio-temporale r1 in w1 e regione spazio-tempo r2 in w2, se r1 in w1 è un duplicato B di r2 in w2, allora r1 in w1 è un duplicato A di r2 in w2.
La sopravvenienza regionale è una forma di sopravvenienza individuale che considera gli individui come regioni dello spazio-tempo. Tuttavia, merita una menzione a sé stante, in quanto secondo Horgan (1982) essa possiede alcune delle caratteristiche che rendono attraente la sopravvenienza globale.
4.3 Sopravvenienza globale
Spesso, le affermazioni della forma “non può esserci una differenza in A senza una differenza in B” non si riferiscono a individui, né a regioni spazio-temporali, ma piuttosto a interi mondi possibili. Questa è una sopravvenienza globale, tipicamente formulata come segue:
Le proprietà A sopravvengono globalmente sulle proprietà B se e solo se per qualsiasi mondo w1 e w2, quando w1 e w2 hanno esattamente lo stesso schema di distribuzione delle proprietà B in tutto il mondo, allora hanno esattamente lo stesso schema di distribuzione delle proprietà A in tutto il mondo.
La nozione di sopravvenienza globale è stata impiegata per diversi scopi filosofici. In particolare, è stato utilizzato per caratterizzare il fisicalismo (vedere la sezione 5.4) e per comprendere la tesi di sopravvenienza humiana proposta da David Lewis: “tutto ciò che c’è al mondo è un vasto mosaico di questioni locali di fatti particolari […] tutto il resto sopravviene su quello” (1986a, ix-x).
Si afferma spesso che la sopravvenienza globale serva a scopi per cui né la sopravvenienza individuale forte né quella debole possono essere utilizzate. In primo luogo, a volte si afferma che la sopravvenienza globale si occupa delle proprietà relazionali, come essere un Van Gogh originale o essere una banconota da un dollaro. Come vedremo, tuttavia, pure la sopravvenienza forte o la sopravvenienza debole possono occuparsi delle proprietà relazionali. In secondo luogo, la sopravvenienza globale si occupa della sopravvenienza di fattori diversi dalle proprietà o relazioni. In una visione humiana delle leggi di natura, ad esempio, le leggi di natura sono fatti generali che sopravengono su fatti particolari. Ma questo può essere catturato anche dalla sopravvenienza di proprietà individuali, sebbene solo in un modo piuttosto barocco. Una terza potenziale differenza tra la sopravvenienza globale e quella individuale è che la prima, ma non la seconda, è compatibile con le proprietà sopravvenienti e subvenienti possedute da individui differenti (vedi Haugeland 1982). Così, ad esempio, la sopravvenienza globale è utile se ci sono oggetti distinti ma spazio-temporalmente coincidenti – permette di dire che le proprietà di una statua di argilla sopravvengono sulle proprietà del distinto pezzo di argilla che la costituisce (vedere la Sezione 5.5).
Nel resto di questa sezione si discuterà su quale sia la differenza tra la sopravvenienza individuale e quella globale.
4.3.1 Sopravvenienza individuale forte e sopravvenienza globale
Chiaramente, una sopravvenienza individuale forte implica una sopravvenienza globale (vedi Kim 1984). È la domanda opposta ad avere attirato una certa attenzione – se la sopravvenienza globale implichi una sopravvenienza individuale forte. In questa sezione, descriviamo le fasi iniziali di questo dibattito, che ha avuto luogo quando la nozione corrente di sopravvenienza globale era quella sopra esposta. Nella sezione 4.3.2, spieghiamo come questa nozione sia stata sostituita da una famiglia di nozioni più precise, ed esploriamo come questo influenza la questione se la sopravvenienza globale implichi una sopravvenienza individuale forte. (La maggior parte del resto di questa sezione parafrasa McLaughlin 1995, 55-56).
Il dibattito iniziò quando Kim pretese di dimostrare che “la sopravvenienza globale non è altro che una sopravvenienza forte” (1984, 168). In risposta, Brad Petrie (1987) ha sostenuto che la sopravvenienza globale non implica una sopravvenienza forte. La sua strategia consisteva nel cercare di fornire un controesempio a un caso di sopravvenienza forte che non fungesse da controesempio al corrispondente caso di sopravvenienza globale. Ecco il suo argomento. Poniamo A = {S} e B = {P}. Considera due mondi w1 e w2 come i seguenti: il mondo w1 contiene esattamente due oggetti, x e y. E il mondo w2 contiene esattamente due oggetti, x* e y*. Ciò che segue vuole essere una descrizione completa dei contenuti di questi mondi:
W1 | W2 | ||
Px | Px* | ||
Sx | ~Sx* | ||
Py | ~Py* | ||
~Sy | ~Sy* | ||
L’esistenza di w1 e w2 è incompatibile con la tesi che A sopravviene in modo forte e individuale su B perché x in w1 è B-indiscernibile ma A-discernibile da x * in w2. Ma l’esistenza di questi mondi non è di per sé un controesempio alla sopravvenienza globale di A su B. Poiché w1 e w2 non hanno lo stesso schema di distribuzione delle proprietà B in tutto il mondo, non sembra importare che i mondi non abbiano lo stesso schema di distribuzione delle proprietà A in tutto il mondo. Così Petrie ha affermato che “poiché la sopravvenienza globale è, e la forte sopravvenienza non è, coerente con questo esempio, i due concetti di sopravvenienza non sono equivalenti” (1987, 121).
In risposta, Kim ha ammesso che la sopravvenienza globale non implica una sopravvenienza forte (1987, 318), e ha continuato affermando che l’esempio di Petrie mostra che la sopravvenienza globale non riesce a implicare neppure una sopravvenienza debole. Si noti che w1 da solo viola la sopravvenienza debole di A su B, ma non è un controesempio alla sopravvenienza globale di A su B. Kim ha quindi concluso che la sopravvenienza globale non implica né una sopravvenienza individuale debole né una forte.
Paull e Sider sostengono che queste strategie argomentative sono inappropriate (1992). Non si possono semplicemente individuare due mondi che non falsificano di per sé una tesi di sopravvenienza globale, e perciò affermare che questo caso è compatibile con quella forma di sopravvenienza. Questi due mondi potrebbero implicare l’esistenza di altri mondi che sono incompatibili con una sopravvenienza globale. Un’affermazione di sopravvenienza globale si riferisce a tutti i mondi, non soltanto due. Il risultato è che, sebbene un caso di sopravvenienza globale non implichi né una sopravvenienza debole né una forte in virtù della sua sola forma logica, potrebbe nondimeno essere vero che un qualche plausibile principio metafisico implichi che ogni volta che è vera la prima è vera anche la seconda.
Paull e Sider si appellano a un principio plausibile per mostrare che l’esistenza di w1 e w2 di Petrie implica l’esistenza di una sola coppia di mondi costituenti un controesempio alla sopravvenienza globale delle proprietà A sulle proprietà B (1992, 838). L’idea di base è che per ogni oggetto in ogni mondo possibile, esiste un altro mondo che ne contiene un “duplicato isolato”. Intuitivamente, il duplicato esiste da solo nel suo mondo; più precisamente, un oggetto y è isolato in un mondo “se e solo se quel mondo contiene solo (i) y, (ii) parti di y, e (iii) oggetti la cui esistenza è implicata da uno qualsiasi degli oggetti menzionati in (i) e (ii) “(1992, 838-9). Fondamentalmente, i duplicati isolati condividono le proprietà intrinseche delle cose rispetto a cui sono duplicati. (Due avvertenze. Primo, questa non vuole essere una definizione di “intrinseco”. Per alcuni tentativi in tal senso, vedere ad esempio, Lewis 1983a, Langton e Lewis 1998, e vari articoli in Philosophy and Phenomenological Research 63). In secondo luogo, si noti che il principio non dice che ogni cosa può esistere di per sé in maniera isolata; dice semplicemente che ogni cosa ha un duplicato che lo fa. Di conseguenza non implica che nulla abbia proprietà estrinseche essenziali.)
Il principio di isolamento di Paull e Sider fa il suo dovere. Considera di nuovo i mondi w1 e w2 descritti da Petrie. Petrie pretendeva di descrivere i mondi per intero. Pertanto, si presume che P e S dovrebbero essere proprietà intrinseche. Dal principio di isolamento deriva che esiste un mondo w3 che contiene un duplicato isolato di x – chiamiamolo “z” – e un mondo w4 che contiene un duplicato isolato di x* – chiamiamolo “z*”. Come notano Paull e Sider, questi mondi saranno i seguenti:
W3 | W4 | |
Pz | Pz* | |
Sz | ~Sz* | |
A differenza di w1 e w2, w3 e w4 costituiscono un controesempio alla sopravvenienza globale delle proprietà A sulle proprietà B. Esse hanno lo stesso schema di distribuzione delle proprietà B, ma diversi schemi di distribuzione delle proprietà A. Quindi, Paull e Sider sostengono che Petrie non è riuscito a dimostrare che la sopravvenienza globale non implica una sopravvenienza forte.
Ma Paull e Sider hanno proseguito fornendo un nuovo argomento per tale affermazione. Considera un insieme B che contiene solo due proprietà, P e Q, e un insieme A che contiene solo una proprietà, M. Un oggetto ha M solo nel caso in cui ha P, e qualche altro oggetto è Q. Vale a dire, Mx =df Px & ∃yQy. Questa definizione garantisce che A sopravvenga globalmente su B. Essi hanno poi descritto i seguenti due mondi:
W | W* | |
Ma | ~Mc | |
Pa | Pc | |
~Mb | ||
Qb | ||
Questa coppia di mondi mostra che A non sopravviene fortemente su B, e il principio di isolamento non può essere applicato per generare un controesempio alla sopravvenienza globale. Un duplicato isolato di A sarebbe indiscernibile sia da A che B che c (un duplicato isolato di a non avrebbe M). Di conseguenza, Paull e Sider hanno concluso che la sopravvenienza globale e la sopravvenienza forte non sono equivalenti. (1992, 841).
Klagge (1995) ha mosso un’obiezione a questa linea argomentativa. Ha sottolineato che Paull e Sider includono una proprietà estrinseca M nell’insieme sopravveniente A, ma solo proprietà intrinseche P e Q nell’insieme subveniente B. In seguito, ha affermato che se permettiamo che siano necessarie operazioni di formazione di proprietà per costruire la proprietà estrinseca M, allora Paull e Sider non hanno caratterizzato in maniera esaustiva i mondi w e w*. Infatti, date quelle operazioni di formazione di proprietà, è plausibile che ci sarà, per esempio, una proprietà P# che può essere definita come segue: P# = df Px & ∃y (y ≠ x). (Fondamentalmente, una cosa è P# solo nel caso in cui qualcos’altro è P.) A in w e c in w* differiscono su questa proprietà; A ha P# mentre c no. Ciò è corretto. Ma Klagge lo prese per dimostrare che w e w*, in fin dei conti, non forniscono un controesempio alla sopravvenienza forte di A su B. Questo, tuttavia, non segue dal ragionamento. Ciò seguirebbe solo se a e c contassero in tal modo come B-discernibili, e non lo fanno. Paull e Sider stabiliscono che B contiene solo P e Q. Quindi, A e c sono B-indiscernibili, nonostante il fatto che A abbia P# e c no.
Ma Klagge aveva chiaramente ragione sul fatto che l’esempio di Paull e Sider coinvolge un insieme sopravveniente A che contiene una proprietà estrinseca e un insieme subveniente B che contiene solo proprietà intrinseche, e aveva ragione sul fatto che questo sia importante. Ciò solleva una questione, cioè se la sopravvenienza globale possa comportare una sopravvenienza forte quando A e B sono insiemi di proprietà intrinseche. Inoltre, porta a chiedere se la sopravvenienza globale possa comportare una sopravvenienza forte quando A e B includono entrambi proprietà estrinseche di un certo tipo. Infatti, in risposta a Paull e Sider, Kim suggerisce che “l’equivalenza sembra fallire, a causa del fallimento dell’implicazione dalla sopravvenienza globale alla sopravvenienza forte, solo quando le proprietà estrinseche sono presenti nell’insieme sopravveniente ma non ammesse dalla base subveniente” (1993, 170; vedere anche McLaughlin 1997a, 215). Torneremo su queste domande nelle prossime sezioni. Rispondere a queste domande richiede di essere più chiari sulla sopravvenienza globale; un tema che tratteremo adesso.
4.3.2 Diverse versioni di sopravvenienza globale
Finora ci siamo basati principalmente su una nozione di sopravvenienza globale che è definita in termini di ciò che equivale a una nozione di A/B-indiscernibilità di mondi:
Le proprietà A sopravvengono globalmente sulle proprietà B se e solo se per ogni mondo w1 e w2, quando w1 e w2 hanno esattamente lo stesso schema di distribuzione delle proprietà B in tutto il mondo, allora hanno esattamente lo stesso schema di distribuzione delle proprietà A in tutto il mondo.
Ma cosa si intende per “schema di distribuzione globale” delle proprietà A o B? La nozione di solito viene compresa appellandosi alla nozione secondo cui esista un certo tipo di isomorfismo o mappatura tra mondi. Per ogni insieme di f-proprietà, la nozione di isomorfismo di f è definita nel seguente modo:
Un isomorfismo I tra gli abitanti dei mondi w1 e w2 conserva le f-proprietà se e solo se per ogni x in w1, x ha una f-proprietà P in w1 nel caso in cui l’immagine di x sotto I (l’individuo a cui I mappa x) ha P in w2.
In tal modo si evita di ricorrere all’appello di una qualche relazione speciale tra gli individui mappati (come, ad esempio, l’occupazione di posizioni corrispondenti nei loro rispettivi mondi). Questo è per rimanere il più neutrale possibile su tali questioni, e perché qualsiasi caratteristica utilizzata per individuare le cose mappate sarebbe automaticamente sopravveniente a livello globale su qualsiasi proprietà (vedi McLaughlin 1995, 1997a). Si veda Steinberg 2014 per un modo alternativo di caratterizzare gli schemi di distribuzione globale delle proprietà.
Data questa nozione, emergono varie versioni differenti di sopravvenienza globale. Stalnaker 1996, McLaughlin 1996, 1997a e Sider 1999 distinguono tra una nozione debole e una nozione forte di sopravvenienza globale, come segue:
Le proprietà A sopravvengono globalmente in modo debole sulle proprietà B se e solo se per tutti i mondi w1 e w2, qualora ci sia un isomorfismo B tra w1 e w2, allora c’è un isomorfismo A tra di loro.
Le proprietà A sopravvengono globalmente in modo forte sulle proprietà B se e solo se per tutti i mondi w1 e w2, ad ogni isomorfismo B tra w1 e w2 risulta un isomorfismo di A tra di loro.
Shagrir (2002) e Bennett (2004a) hanno entrambi elaborato una versione intermedia:
Le proprietà A sopravvengono globalmente in modo intermedio sulle proprietà B se e solo se per ogni mondo w1 e w2, quando c’è un isomorfismo B tra w1 e w2, allora c’è almeno un isomorfismo tra di loro che è sia A che B.
In effetti, è possibile formulare qualsiasi numero di versioni di sopravvenienza globale, semplicemente indicando esattamente quanti isomorfismi A e B devono esserci tra i mondi fra cui esiste un isomorfismo B. Tuttavia, tali versioni contano tutte come forme di sopravvenienza globale intermedia e verranno ignorate in quanto segue. Si noti, inoltre, che non è sempre chiaro a quale versione si prende in considerazione quando qualcuno fa appello alla nozione di sopravvenienza globale. Shagrir (2002) e Bennett (2004a) suggeriscono che ci sia qualche ragione per pensare che le persone spesso si riferiscano alla versione intermedia; Leuenberger (2009) sostiene che nessuna delle versioni indicate colga realmente il concetto originale. Shagrir in seguito ha sostenuto che la versione forte rende più “giustizia alla nozione di sopravvenienza globale” (2013).
È facile vedere che una sopravvenienza globale forte implica una sopravvenienza globale intermedia, che a sua volta implica una sopravvenienza globale debole. Se ogni isomorfismo che preserva B tra due mondi deve esso stesso preservare A, allora se ci sono degli isomorfismi che preservano B tra due mondi, almeno uno di loro deve preservare A. Quindi, una sopravvenienza globale forte implica una sopravvenienza globale intermedia. Inoltre, se almeno uno degli isomorfismi B presenti tra i due mondi preserva A, allora se c’è un isomorfismo B tra i due mondi, deve essercene anche uno A. Pertanto, la sopravvenienza globale intermedia implica sopravvenienza globale debole.
È anche facile vedere che una sopravvenienza individuale forte implica una sopravvenienza globale forte. Si supponga che le proprietà A non sopravvengano fortemente a livello globale sulle proprietà B. Ciò significa che ci sono due mondi w1 e w2 tra i quali c’è un isomorfismo che conserva B che non riesce a conservare A. Così, per qualche x in w1, l’immagine di x sotto I in w2 – chiamiamola y – ha tutte e solo le stesse proprietà B di x in w1, ma differisce da x in w1 in almeno una delle sue proprietà A. Ciò è solo per dire che x in w1 è B-indiscernibile ma A-discernibile da y in w2. Ne segue che le proprietà B non sopravvengono fortemente sulle proprietà A. Così, una sopravvenienza individuale forte implica una sopravvenienza globale forte, e quindi implica anche una sopravvenienza globale intermedia e debole.
Eppure, una sopravvenienza globale forte non implica una sopravvenienza individuale forte, almeno quando A e B non sono insiemi di proprietà vuoti. Dimostrare ciò richiede solo piccole modifiche all’argomento di Paull e Sider secondo cui la nozione di sopravvenienza globale, enunciata solamente in termini di schemi di distribuzione globale di proprietà, non riesce a implicare una sopravvenienza individuale forte (Sezione 4.3.1), e quindi non verrà qui affrontato. (Vedi Shagrir 2002, 188). Ancora una volta, la chiave di volta dell’argomentazione è un caso in cui l’insieme sopravveniente contiene proprietà estrinseche, mente l’insieme subveniente non le contiene.
Vediamo ora cosa accade quando gli insiemi di proprietà sopravvenienti e subvenienti vengono combinati tra loro. Ricorda l’ipotesi precedente per cui la sopravvenienza globale e la sopravvenienza individuale forte sono equivalenti quando si impediscono i casi in stile Paull-Sider (vedi Sezione 4.3.1). Pertanto, allora, una sopravvenienza globale forte implica una sopravvenienza individuale forte quando l’insieme sopravveniente contiene solo proprietà intrinseche? E quando l’insieme subveniente contiene sia le proprietà intrinseche, che tutte le proprietà estrinseche che possono essere generate da essi?
La risposta ad entrambe le domande è “si”. Inoltre, si scopre che le relative strategie argomentative possono anche essere riapplicate al caso di sopravvenienza individuale sia debole che forte. Descriviamo queste strategie nelle due sezioni successive. Nonostante ciò, alcune delle dimostrazioni si possono rivelare complicate e perciò rimandiamo il lettore alla letteratura originale.
4.3.3 Equivalenze per una base estrinseca
Una sopravvenienza globale forte implica una sopravvenienza individuale forte fintanto che l’insieme di base B è considerato chiuso rispetto alla complementazione, congiunzione infinita, disgiunzione infinita e ad operazioni di formazione di proprietà che implicano quantificazione e identità. Kim anticipa questa equivalenza (1993, 170) e Robert Stalnaker ne fornisce la dimostrazione (1996, 238). Va anche notato che John Bacon sostiene che, se gli insiemi di proprietà A e B sono chiusi rispetto alle operazioni precedentemente citate e anche rispetto a un’operazione che chiama “resplicing“, allora la sopravvenienza individuale debole e forte sono o entrambe vere o entrambe false (1986). Affinché B sia chiuso rispetto all’operazione di resplicing ogni proprietà P deve essere tale che la sua estensione Pw in un mondo w sia l’estensione di una proprietà in B, P è un membro di B.
Abbiamo già notato che è un argomento controverso se tali operazioni di formazione di proprietà siano legittime e, anche se lo fossero, siamo spesso interessati a insiemi di proprietà che non sono chiusi rispetto ad esse. Si veda la sezione 3.2. Tuttavia, fintanto che le operazioni di formazione di proprietà sono legittime, allora anche se B stesso non è chiuso rispetto a esse, ci sarà sempre un insieme più grande B+ che lo è. Ciò è sufficiente per implicare che per ogni caso di sopravvenienza globale forte esiste un caso di sopravvenienza individuale forte logicamente equivalente. In effetti, se tutte queste operazioni di formazione di proprietà (inclusa la risposta di Bacon) sono legittime, allora ci sono insiemi di proprietà rispetto ai quali la sopravvenienza individuale debole, la sopravvenienza individuale forte e la sopravvenienza globale forte sono tutti equivalenti.
Ma poiché vi è stata una notevole controversia sulla legittimità delle varie presunte operazioni di costituzione di proprietà, le questioni rimangono irrisolte.
4.3.4 Equivalenze per proprietà intrinseche
Se si allineano gli insiemi di proprietà, restringendo gli insiemi sopravvenienti e subvenienti a proprietà intrinseche – tuttavia si dovrebbe cogliere esattamente la nozione di proprietà intrinseca (vedi ad esempio Langton e Lewis 1998) – otteniamo risultati ancora più chiari. Molte varianti di sopravvenienza risultano equivalenti in termini di proprietà intrinseche.
Sia Shagrir (2002) sia Bennett (2004a) sostengono che una sopravvenienza individuale forte è equivalente a una sopravvenienza globale forte quando A e B sono insiemi di proprietà intrinseche. Inoltre, Bennett sostiene che in un caso del genere anche una sopravvenienza globale debole implica una sopravvenienza individuale forte. L’argomento si basa sul principio di isolamento di Paull e Sider, spiegato nella sezione 4.3.1 sopra; l’idea di base è quella di mostrare che qualsiasi controesempio alla sopravvenienza individuale forte può essere “isolato” per generare controesempi alla sopravvenienza globale debole, cioè coppie di mondi, tra i quali c’è un isomorfismo che preserva B, ma non uno che preserva A.
Anche in questo caso, possiamo ottenere risultati relativi a una sopravvenienza individuale. Mark Moyer (2008) sostiene che la sopravvenienza individuale debole e la sopravvenienza individuale forte sono equivalenti nel caso speciale delle proprietà intrinseche. Fa appello a un principio di ricombinazione simile al principio di isolamento di Paull e Sider, ma avente una novità. L’idea intuitiva è che due cose qualsiasi in due mondi qualsiasi possono essere isolate dalle proprietà circostanti e quindi messe in un mondo l’una con l’altra. Più formalmente:
Principio di ricombinazione. Per ogni mondo w1 e w2, ogni individuo x in w1 e ogni individuo y in w2, c’è un mondo w3 che contiene individui x′ e y′ tale che x′ in w3 è un duplicato intrinseco di x in w1 e y′ in w3 è un duplicato intrinseco di y in w2.
Se questo principio è corretto, allora qualsiasi coppia di individui all’interno di un tale mondo, che testimonia la violazione di un’affermazione di sopravvenienza forte, ha duplicati intrinseci all’interno di un unico mondo. Se le proprietà sopravvenute sono intrinseche, quei duplicati violeranno anche la sopravvenienza debole.
Se tutti questi risultati sono corretti, allora la sopravvenienza individuale debole, la sopravvenienza individuale forte, la sopravvenienza globale debole, la sopravvenienza globale intermedia e la sopravvenienza globale forte sono tutti equivalenti nel caso speciale in cui A e B sono un insieme di proprietà intrinseche.
4.3.5 Ritorno alla sopravvenienza individuale e globale
Nella Sezione 4.3.3, abbiamo visto che la sopravvenienza individuale debole e forte sono equivalenti alla sopravvenienza globale forte nel caso speciale in cui l’insieme di base B è chiuso rispetto a determinate operazioni di formazione di proprietà. Inoltre, in 4.3.4, abbiamo visto che la sopravvenienza individuale debole e forte, e la sopravvenienza globale debole, intermedia e forte sono tutte equivalenti nel caso speciale in cui A e B sono insiemi di proprietà intrinseche. Il risultato è che una sopravvenienza globale forte e una individuale forte si dividono “solo quando le proprietà estrinseche sono presenti nell’insieme sopravveniente ma non consentite dalla base subveniente”, come predetto Kim e altri (Sezione 4.3.1). Si veda Shagrir 2009 per una discussione del caso delle relazioni.
Tuttavia, la sopravvenienza globale, debole e intermedia non sono equivalenti alla sopravvenienza individuale forte anche quando le proprietà estrinseche sono permesse dalla base – più precisamente, quando la base è chiusa rispetto alle relative operazioni di formazione di proprietà. Perciò, probabilmente hanno un lavoro filosofico specifico da svolgere, un lavoro che non può essere svolto da una sopravvenienza individuale forte. Ad esempio, Sider (1999) fa appello a una sopravvenienza globale debole rispetto i casi di coincidenza spazio-tempo, sebbene ritratti ciò nel suo (2008). Si veda la sezione 5.5.
Tuttavia, è discutibile se queste forme di sopravvenienza siano abbastanza forti da essere filosoficamente utili. Come hanno sottolineato sia Shagrir (2002) che Bennett (2004a), solo una sopravvenienza globale forte garantisce che la distribuzione globale delle proprietà B determini la distribuzione globale delle proprietà A. Sia la sopravvenienza globale debole che quella intermedia consentono quella che viene chiamata “variazione interna ai mondi”: entrambe consentono agli individui B-indiscernibili in un mondo di avere proprietà A differenti. (Al contrario della sopravvenienza individuale debole, che consente variazioni tra mondi, ma vieta i “mondi misti”.) In effetti, una sopravvenienza globale debole consente agli isomorfismi che conservano A e B di essere completamente indipendenti l’uno dall’altro. Supponiamo che la proprietà essere un grifone sopravviene solo debolmente a livello globale sul mondo fisico. Quindi, anche se un mondo fisicamente come questo deve contenere lo stesso numero di grifoni di questo mondo, non importa quali esse siano. In questo mondo potrebbero esserci la Torre Eiffel e la Regina Madre; nel duplicato fisico potrebbero essere uno strofinaccio e il Grand Canyon.
In ogni caso, coloro che affermano una tesi di sopravvenienza globale debole o intermedia e al contempo negano la corrispondente tesi di sopravvenienza globale forte, devono fornire una spiegazione del perché sostenere una sopravvenienza globale debole o intermedia non implica una sopravvenienza globale forte. (Ricorda la discussione sulla sopravvenienza individuale debole e forte in 4.1). Ovvero, hanno bisogno di spiegare cosa rafforza i collegamenti tra gli isomorfismi che conservano A e B necessari per una sopravvenienza globale debole e intermedia, senza anche rafforzare l’affermazione che ogni isomorfismo che conserva B è egli stesso a conservare A.
Al momento, queste questioni restano aperte e lo stato della sopravvenienza globale debole e intermedia resta controverso.
4.4 Sopravvenienza basata sulla somiglianza
Finora questo saggio si è concentrato sulle varietà di sopravvenienza basate sull’indiscernibilità. Tuttavia, in alcuni casi potremmo essere interessati a una nozione secondo la quale le cose che sono molto simili negli aspetti B devono essere molto simili anche negli aspetti A. Questa è una sopravvenienza basata sulla somiglianza (Kim 1987). (Il resto di questa sezione parafrasa da vicino McLaughlin 1995).
Le versioni di sopravvenienza basate sulla somiglianza, una debole e una forte, possono essere definite nel modo previsto:
A sopravviene debolmente su B se e solo se per ogni mondo w, e per ogni x e y in w, se x e y non sono sostanzialmente differenti rispetto alle proprietà B, allora non sono sostanzialmente differenti rispetto alle proprietà A.
A sopravviene fortemente su B se e solo se per ogni mondo w1 e w2, e per ogni x in w1 e y in w2, se x in w1 non è sostanzialmente diverso da y in w2 rispetto alle proprietà B, allora x in w1 non è sostanzialmente diverso da y in w2 rispetto alle proprietà A.
Queste sono versioni di sopravvenienza individuale; possono essere ugualmente formulate versioni di sopravvenienza globale. La sopravvenienza forte implica la sopravvenienza debole, ma non viceversa, ad eccezione del caso speciale delle proprietà intrinseche. (Quest’ultimo può essere dimostrato mediante una piccola modifica all’argomento di Moyer menzionato nella Sezione 4.3.4.)
La sopravvenienza basata sulla somiglianza è logicamente indipendente dalla sopravvenienza basata sulla indiscernibilità: nessuna delle due implica l’altra. La sopravvenienza basata sulla somiglianza non implica la sopravvenienza basata sull’indiscernibilità. Potrebbe darsi che ci possano essere differenze A senza differenze B, ma non ci possono essere differenze A sostanziali senza differenze B sostanziali. Inoltre, similmente, la sopravvenienza basata sull’indiscernibilità non implica la sopravvenienza basata sulla somiglianza. Il motivo è che potrebbero esserci piccole differenze B che sono punti critici per grandi differenze A. Quando ciò accade, non può presentarsi una sopravvenienza basata sulla somiglianza, al contrario della sopravvenienza basata sull’indiscernibilità. Ad esempio, potrebbe benissimo essere che piccole differenze fisiche possano essere accompagnate da grandi differenze mentali e morali. Allo stesso modo, una piccola differenza fisica come una pennellata fuori posto potrebbe avere un effetto rilevante sul valore estetico di un dipinto. Rimane una questione aperta se ci siano usi filosofici interessanti della sopravvenienza basata sulla somiglianza.
4.5 Sopravvenienza su più domini
Finora questo saggio si è concentrato principalmente sulla sopravvenienza in un singolo dominio (le eccezioni sono state le discussioni sulla sopravvenienza globale debole e intermedia). Una forma di sopravvenienza conta come singolo dominio quando e solo quando le proprietà A e B sono possedute dagli stessi individui – quando il modo in cui qualcosa è negli aspetti A è una funzione del modo in cui è negli aspetti B. Sia la sopravvenienza individuale debole che quella forte sono chiari casi di sopravvenienza a singolo dominio. Tuttavia, in alcuni casi, ciò che vogliamo dire è che non può esserci una differenza A in certe cose senza una differenza B in certe altre cose – cose distinte alle quali le prime cose sono collegate in un certo modo. In questi casi, c’è una sopravvenienza su più domini.
Un punto in cui tale nozione sembra utile è nelle discussioni sulla coincidenza e sulla costituzione materiale. Coloro che pensano che una statua di argilla sia distinta dal pezzo di argilla che la compone, asserirà che alcune proprietà della statua devono sopravvenire sulle proprietà del pezzo di argilla che la costituiscono. Ad esempio, non potrebbero esserci due statue che sono distinguibili nella forma senza che le statue siano costituite da pezzi di argilla distinguibili nella forma. Per ulteriori discussioni, si veda la Sezione 5.5.
Kim (1988) ha formulato una versione debole e una forte della sopravvenienza su domini multipli. Siano D1 e D2 non sono domini vuoti di individui, sia R una relazione tra D1 e D2 e sia R|x il sottoinsieme di D2 a cui x è correlato a R. Possiamo ora definire le seguenti nozioni:
(A, D1) domini multipli sopravvengono debolmente su (B, D2) rispetto a R nel caso in cui necessariamente per ogni x e y in D1, se R | x e R | y sono B-indiscernibili, allora x e y sono A– indiscernibili.
(A, D1) domini multipli sopravvengono fortemente su (B, D2) rispetto alla relazione R nel caso in cui per qualsiasi x e y in D1 e qualsiasi mondo w1 e w2, se R|x in w1 è B-indiscernibile da R|y in w2, x in w1 è A-indiscernibile da y in w2. (Kim 1998)
Quando R è una relazione di identità, questi sono equivalenti, rispettivamente, alla sopravvenienza individuale debole a dominio singolo e a quella forte a dominio singolo. Siccome R potrebbe essere una relazione diversa dall’identità, ad esempio la costituzione materiale, le definizioni hanno il potenziale per utilità ulteriori. Anche in questo caso, una piccola modifica all’argomento di Moyer (Sezione 4.3.4) può essere utilizzata per dimostrare che la sopravvenienza su domini multipli debole è equivalente con quella forte quando l’insieme sopravveniente è intrinseco.
La sopravvenienza favorevole alla coincidenza è un altro tipo di sopravvenienza su più domini (proposta da Dean Zimmerman 1995, 88)). Può essere formulata come segue (si veda Bennett 2004, 520):
Sopravvenienza favorevole alla coincidenza: per tutti x e y, e tutti i mondi w1 e w2, se x in w1 è B-indiscernibile da y in w2, allora per ogni cosa x* in w1 a cui x è correlato a R, c’è qualcosa y* in w2 che è R-correlato a y e che è A-indiscernibile da x*.
Questa è una versione forte, ma una versione debole può essere formulata come segue:
Sopravvenienza debole favorevole alle coincidenze: per ogni mondo w e ogni x e y in w, se x in w è B-indiscernibile da y in w, allora per ogni cosa x* a cui x è correlata con R in w, c’è qualcosa y* che y è correlato a R in w e x* è A-indiscernibile da y*.
Anche in questo caso, quando R è una relazione di identità, queste forme di sopravvenienza sono equivalenti, rispettivamente, alla sopravvenienza individuale debole e a quella forte. Inoltre, anche qui, la versione debole e la versione forte sono equivalenti quando A è un insieme di sole proprietà intrinseche.
La sopravvenienza favorevole alle coincidenze, debole o forte, conta come un tipo di sopravvenienza su più domini, ma differisce dalla sopravvenienza debole e forte su più domini di Kim per almeno un aspetto importante. Il quantificatore finale nelle definizioni della sopravvenienza favorevole alle coincidenze è esistenziale, piuttosto che universale come lo è nella sopravvenienza su più domini debole e forte di Kim. Di conseguenza, la sopravvenienza di Kim su più domini dice che se a e b sono B-indiscernibili, ogni cosa R correlata ad a deve essere A-indiscernibile da tutto ciò che è R-correlato a b. La sopravvenienza favorevole alla coincidenza dice solo che ogni cosa R-correlata a a deve essere A-indiscernibile da qualcosa R-correlato a b. Ciò è importante se R è B-indiscernibile, come è plausibilmente nel caso della coincidenza spazio-tempo – la principale applicazione filosofica della sopravvenienza su più domini.
Infine, Ralf Bader (2013) ha sviluppato versioni di sopravvenienza su più domini per modellare le relazioni tra entità complesse e le loro parti, incluse quelle consentite dalle metrologie non classiche.
5. Applicazioni
5.1 Una strategia argomentativa
Si ricordi come tutti concordino sul fatto che la riduzione di A a B implica una sopravvenienza di A su B (Sezione 3.3). Ciò dà luogo ad un utilizzo fondamentale della sopravvenienza. Argomentare contro una tesi di sopravvenienza che dovrebbe essere vera qualora un certo programma riduzionista avesse successo, è un modo comune di argomentare che il programma riduzionista è destinato al fallimento. McLaughlin (1984, 1995) chiama questo stile di argomentazione “argomento per appello a una tesi di sopravvenienza falsa ma implicata” o, in breve, argomento per appello a una FIST.
Ecco alcuni ben noti argomenti per appello a una FIST. Supponiamo che qualcuno affermi che esistono proprietà neurofisiologiche, forse ancora da scoprire, alle quali si riducono proprietà intenzionali come credere che P. Questa affermazione implica che le proprietà intenzionali sopravvengano sulle proprietà neurofisiologiche. Gli esperimenti mentali su Terra Gemella, presentati da Tyler Burge (1979) e Hilary Putnam (1976), sono (presunti) controesempi a questa affermazione di sopravvenienza; sono casi di persone neurofisiologicamente indistinguibili i cui pensieri hanno contenuti differenti.
Un altro argomento per l’appello a una FIST è l’appello di Chalmers alla (presunta) possibilità metafisica degli zombi (si veda la Sezione 3.1 e la Sezione 5.4). Questo ha lo scopo di dimostrare che le proprietà fenomeniche non sopravvengono metafisicamente, e quindi non si riducono, alle proprietà fisiche. Questa linea di argomentazione sarebbe disponibile anche qualora i fisicalisti non avessero ancora proposto una tale riduzione. Se ha successo, il progetto di ridurre le proprietà fenomeniche a proprietà fisiche è destinato al fallimento.
Consideriamo un terzo esempio, tratto dall’epistemologia. Una semplice teoria causale della conoscenza percettiva afferma che la conoscenza percettiva di un soggetto che P può essere analizzata nei termini di P che recano il corretto tipo di relazione causale alla credenza del soggetto che P. Per testare questa affermazione, non abbiamo bisogno di attendere proposte su quale sia il tipo di relazione causale in questione. Infatti, quest’opera di analisi concettuale può avere successo solo se due credenti che P non possono differire rispetto al conoscere percettivamente che P, senza differire rispetto a come P è causalmente connessa alla loro credenza che P. Il caso di Alvin Goldman del finto fienile (1976) presenta un (presunto) controesempio a questa affermazione di sopravvenienza.
Naturalmente, è oggetto di controversia se qualcuno di questi argomenti abbia successo, perché è in dubbio se i presunti controesempi alle affermazioni di sopravvenienza siano davvero possibili. Ma in tutti e tre i casi, lo stile argomentativo è il medesimo – argomento per appello a una FIST. (Vedi McLaughlin 1984, 1995.)
5.2 Internismo/esternismo
Le distinzioni tra internismo ed esternismo sorgono in molte aree della filosofia: filosofia della mente, filosofia del linguaggio, epistemologia ed etica. Tutte queste distinzioni possono essere caratterizzate per mezzo di tesi di sopravvenienza. Ad esempio, un internista del contenuto mentale accetta ciò che nega un esternista, che ciò che è uno stato mentale sopravviene sulle proprietà neurofisiologiche del soggetto, o “cosa c’è dentro la testa”. La disputa riguarda se due soggetti possano differire nei loro contenuti mentali senza differire anche in qualche aspetto neuro-fisico. Allo stesso modo, un’internista rispetto alla giustificazione epistemica accetta, e un esternista nega, che quando una credenza è giustificata essa sopravvenga sulle proprietà mentali del credente. La disputa riguarda se due credenti possano differire nel fatto che le loro credenze siano giustificate senza anche differire in qualche loro aspetto mentale. Inoltre, un’internista rispetto alla motivazione morale accetta, mentre un’esternista nega, che la motivazione morale sopravvenga sui giudizi morali. La disputa riguarda se due persone (razionali) possano differire in termini di motivazione morale senza differire anche nei rispettivi giudizi circa quali azioni dovrebbero essere eseguite.
Allo stesso modo, la sopravvenienza può essere utilizzata anche per catturare la tradizionale distinzione tra relazioni interne ed esterne. Come ha notato Lewis (1986b, 62), una relazione interna (come l’essere più alto di) sopravviene sulla natura intrinseca dei suoi referenti. Una relazione estrinseca (come essere a 3 chilometri da) no. La differenza principale tra questo caso e quelli sopra è che qui non c’è una vera disputa circa la validità della relazione di sopravvenienza; è ampiamente riconosciuto che esistono due tipi di relazioni.
5.3 Ecceitismo
L’ecceitismo è l’idea che le proprietà di identità, come essere Kofi Annan o essere quel particolare tavolo, non sopravvengono sulle proprietà qualitative. Da questo punto di vista, due cose numericamente distinte differiscono ecceitisticamente, ma da ciò non segue nessun’altra differenza. La questione se ci possano essere cose qualitativamente indiscernibili ma numericamente distinte diventa importante nella metafisica modale.
Il problema qui è un esempio di qualcosa più generale. La sopravvenienza gioca un ruolo utile nel rispondere a domande sull’identità e sulle condizioni di individuazione di oggetti appartenenti a un certo genere. Come ha sottolineato Davidson, c’è un puzzle prima facie (1980, cap. 5) su come affrontare tali domande. La risposta alla domanda “Quando due eventi sono identici?” è banale: “Mai”. E la risposta alla domanda “Quando un evento è identico a sé stesso?” è altrettanto banale: “Sempre”. Ma sicuramente qui c’è una domanda fondamentale in agguato. Lo stesso Davidson ha scelto di aggirare questa preoccupazione mediante un’ascesa semantica. Tuttavia, un’alternativa è passare a quello che David Lewis chiama “un principio di non-duplicazione” (vedi Bennett 1988). Invece di chiedere quando due eventi sono identici, possiamo porre una domanda da riempire: “due eventi non possono essere esattamente uguali rispetto a ______”? Davidson avrebbe riempito lo spazio vuoto con “le loro cause ed effetti”. Kim avrebbe riempito lo spazio vuoto con “il loro soggetto, tempo e proprietà costitutiva” (1976); altri riempiono lo spazio vuoto in modi diversi.
Ciò che conta qui è solo che i principi di non-duplicazione sono tesi di sopravvenienza. Sono tesi di sopravvenienza che considerano l’insieme sopravveniente A come fatti di identità circa entità particolari, qualsiasi genere sia preso in considerazione. Non può esserci una differenza nel fatto che un evento abbia una proprietà come essere un evento senza che vi sia anche una differenza nelle sue cause ed effetti (Davidson) o nel suo soggetto, nella proprietà costitutiva e nel tempo (Kim). Si noti che qualsiasi prospettiva che accetti un principio di non-duplicazione circa un certo genere di entità è ipso facto anti-ecceitista. Sia Davidson che Kim sono anti-ecceitisti rispetto agli eventi.
5.4 Caratterizzare il fisicalismo
Sebbene non vi sia consenso generale su come dovrebbe essere formulata esattamente la dottrina del fisicalismo, alcuni filosofi hanno cercato di formularla come una tesi di sopravvenienza globale. Ciò solleva diverse questioni.
È ampiamente riconosciuto che sarebbe troppo debole formulare il fisicalismo come l’affermazione che, per mera necessità nomologica, tutto sopravviene a livello globale sul fisico. I dualisti possono accettare questa tesi, in quanto possono sostenere che esistono leggi psicofisiche fondamentali (McLaughlin 1992, Chalmers 1996). Anche se i dualisti pensano che gli zombi siano metafisicamente possibili, essi non devono necessariamente sostenere che gli zombi siano nomologicamente possibili (si ricordi la Sezione 3.1). I fisicalisti, ovviamente, non pensano che gli zombi siano possibili in generale. Comprendere il fisicalismo necessita perciò l’adozione di una tesi di sopravvenienza per necessità metafisica.
Un’altra domanda che può essere posta è se la tesi di sopravvenienza globale debba essere intesa come una tesi di sopravvenienza globale debole, una tesi di sopravvenienza globale intermedia o una tesi di sopravvenienza globale forte (vedi Sezione 4.3.2). Tuttavia, si noti che una tesi di sopravvenienza globale intermedia consentirebbe un mondo fisicamente indistinguibile da questo, in cui vengono istanziate esattamente le stesse proprietà mentali che sono istanziate qui, ma in cui gli individui fisicamente indistinguibili (se ce ne sono) scambiano le loro vite mentali. Inoltre, questo sembra essere qualcosa che il fisicalismo non dovrebbe consentire. Una caratterizzazione debole della sopravvenienza globale del fisicalismo consentirebbe uno scambio di proprietà mentali molto più ampio. Consentirebbe un mondo fisicamente indistinguibile da questo, in cui vengono istanziate esattamente le stesse proprietà mentali che sono istanziate qui, ma le quali sono distribuite in modo diverso tra gli abitanti – un mondo in cui Paris Hilton, Colin Powell e il Papa si scambiano le vite mentali tra loro, per esempio (si vedi la Sezione 4.3.5).
Nonostante ciò, i fisicalisti non hanno bisogno di sostenere che tutto, a livello globale, sopravvenga fortemente sul fisico. Molti fisicalisti concedono che l’esistenza di cose come i fantasmi e le anime cartesiane sia logicamente compatibili con i fatti fisici del nostro mondo. Costoro pensano che non ci siano effettivamente cose del genere ma non che non possano essercene, o che logicamente non possano esserci, dati i fatti fisici del nostro mondo. Essi consentono quindi che due mondi possano essere duplicati fisici e tuttavia differire mentalmente: due mondi che sono fisicamente uguali, ma solo uno dei quali contiene una comunità di anime disincarnate. (Si noti che, poiché i mondi sono duplicati fisici, queste anime o non esercitano alcuna influenza causale sul fisico, oppure esercitano solo un’influenza causale ridondante, un’influenza causale sul fisico “sovradeterminata”.)
Diversi filosofi hanno offerto diversi modi di definire il fisicalismo per consentire questo tipo di possibilità logica, pur continuando a fare affidamento sulla sopravvenienza globale. David Lewis ha sostenuto che il fisicalismo fosse l’affermazione che:
Tra i mondi in cui nessuna proprietà naturale estranea al nostro mondo è istanziata, nulla differisce senza differire fisicamente; due mondi di questo tipo, che sono esattamente identici fisicamente, sono duplicati (Lewis 1983b, 364).
Jackson propone quanto segue:
Ogni mondo che è un duplicato fisico minimale del nostro mondo è un duplicato simpliciter (Jackson, 1998, 12).
dove un duplicato fisico minimale è ciò che risulta dalla duplicazione di tutti i fatti fisici “fermandosi lì”. David Chalmers dice che il fisicalismo è vero in un mondo w solo nel caso in cui ogni fatto positivo che si ottiene in w si ottiene anche in qualsiasi mondo fisicamente indistinguibile da w (1996, 39–40). Ciascuna di queste tre definizioni permette un mondo in cui si ottengono gli stessi fatti fisici che si ottengono nel nostro mondo, ma in cui si possono ottenere pure alcuni fatti ulteriori, i quali sono non-fisici.
Purtroppo, nessuna di queste tre definizioni sembra riuscire ad individuare le condizioni sufficienti del fisicalismo. Per prima cosa, sono tutte compatibili con l’esistenza di un Dio necessariamente esistente (si ricordi la sezione 3.5). Ma il fisicalismo è sicuramente incompatibile con l’esistenza di qualsiasi Dio (vedi Jackson 1998, 22-23 per un tentativo di evitare questa obiezione. Si veda Witmer 1999 e Hawthorne 2002 per altri controesempi a queste definizioni). Inoltre, anche se le definizioni fossero prive di controesempi, si potrebbe comunque pensare che il fisicalismo richieda una “superdupervenience”, vale a dire che il fisicalismo dovrebbe spiegare perché valgono le rilevanti tesi di sopravvenienza globale (vedi 3.7, e Horgan 1993; Melnyk 2003; Wilson 2005).
Forse nessuna tesi di sopravvenienza globale forte individuerà le condizioni sufficienti del fisicalismo. Nondimeno, ci sarebbe un certo progresso se si trovasse una qualche tesi di sopravvenienza globale che tutti i fisicalisti devono accettare e che virtualmente tutti i non-fisicalisti rifiuterebbero. Il fisicalismo sarebbe quindi testabile mediante argomenti che si appellano a FISTS, come l’argomento degli zombie menzionato sopra. Inoltre, questa sarebbe una condizione sostanziale di adeguatezza di qualsiasi formulazione del fisicalismo che comporti una tesi di sopravvenienza globale. In effetti, tutte e tre le tesi di sopravvenienza globali sopra esposte – Jackson, Lewis e Chalmers – sembrano servire a questi scopi. Quindi, sebbene non colgano la dottrina del fisicalismo, esse fanno abbastanza per esser ritenute utili.
5.5 Entità coincidenti e il “problema del grounding“
È opinione abbastanza diffusa che più di un oggetto possa occupare la stessa posizione spazio-temporale. Si dice che tali oggetti siano spazio-temporalmente coincidenti. L’esempio classico è una statua, Goliath, e il pezzo di argilla che la costituisce, Lumpl (vedi Gibbard 1975). In una versione della storia, Lumpl si siede su uno scaffale per alcuni giorni prima che lo scultore lo trasformi in Goliath il giovedì mattina. Sembra che Lumpl esistesse il mercoledì precedente mentre Goliath non esisteva, e di conseguenza la legge di Leibniz implica che siano oggetti distinti. In un’altra versione della storia, Lumpl e Goliath vengono creati e distrutti esattamente nello stesso momento. Qui i due non hanno proprietà temporali diverse, ma hanno proprietà modali diverse: Lumpl esisterebbe ancora se lo schiacciassimo in una palla, ma Goliath no. Ancora una volta, la legge di Leibniz, a quanto pare, implica che siano distinti. (Si veda Rea 1997a per molti articoli interessanti su questo tema.)
L’obiezione principale all’idea che Goliath e Lumpl siano distinti è quello che può essere chiamato “il problema del grounding“. Come possono Lumpl e Goliath differire nelle loro proprietà modali, dato che sono identici in ogni altro aspetto? Cosa fonda la loro differenza in termini di condizioni di persistenza? In virtù di cosa hanno le condizioni di persistenza che hanno?
Il problema del grounding è talvolta caratterizzato come l’insuccesso di una relazione di sopravvenienza. Lumpl e Goliath differiscono nelle loro condizioni di persistenza senza differire nelle loro proprietà fisiche o categoriali (vedi Yablo 1987 per una discussione sulla categoricità). Ed è vero che molte forme di sopravvenienza falliscono: la sopravvenienza individuale debole e forte, e la sopravvenienza globale forte falliscono tutte. Ma possono esserci altre relazioni di sopravvenienza. Valgono sia la sopravvenienza globale debole che quella intermedia, così come (come suggerisce il nome) la sopravvenienza favorevole alle coincidenze, e possibilmente altre versioni di sopravvenienza su più domini (cfr. Zimmerman 1995, Rea 1997b, Sider 1999, Baker 2000). Tutte queste forme si basano sul plausibile presupposto che qualsiasi coppia di regioni fisicamente/categoricamente come questa deve contenere un oggetto con le condizioni di persistenza di Goliath e un oggetto con le condizioni di persistenza di Lumpl.
Ciò nonostante, la questione cruciale non è se vi sia una qualche forma di sopravvenienza, ma piuttosto se quelle che ci sono costituiscano una risposta soddisfacente al problema del grounding. Per una difesa della risposta positiva, si veda Sider 1999; per una difesa della risposta negativa, si veda Bennett 2004b. Per una nuova posizione, vedi Sider (2008).
Bibliografia
- Armstrong, D.M., 1978. A Theory of Universals, Vol.2 of Universals and Scientific Realism, Cambridge: Cambridge University Press.
- –––, 1989. Universals: An Opinionated Introduction, Boulder, CO: Westview Press.
- Audi, P. 2012. “Grounding: Toward a Theory of the In-Virtue-Of Relation,” The Journal of Philosophy, 109: 685–711.
- Bacon, J., 1986. “Supervenience, Necessary Coextension, and Reducibility,” Philosophical Studies49: 163–76.
- –––, 1990. “Van Cleve Versus Closure,” Philosophical Studies8: 239–242.
- –––, 1995. “Weak Supervenience Supervenes,” in E. Savellos and U. Yalcin 1995 (eds.), 101–109.
- Bader, R., 2012. “Supervenience and Infinitary Property-Forming Operations,” Philosophical Studies, 160: 415–423.
- –––, 2013. “Multiple Domain Supervenience for Non-Classical Mereologies,” in M. Hoeltje, B. Schnieder, and A. Steinberg (eds.) 2013, 347–368.
- Baker, L., 2000. Persons and Bodies: A Constitution View, New York: Cambridge University Press.
- Baldwin, T., 2003. The Cambridge History of Philosophy 1870–1945, Cambridge: Cambridge University Press.
- Barnes, E., forthcoming. “Symmetric Dependence,” in R. Bliss and G. Priest (eds.) forthcoming.
- Baxter, D., 1988. “Many-One Identity,” Philosophical Papers17: 193–216.
- Beckermann, A, Flohr, H. and Kim, J. (eds.), 1992. Emergence or Reduction?Berlin: Walter de Gruyter.
- –––, 1992. “Supervenience, Emergence, and Reduction,” in Beckermann et.al., 94–118.
- Bennett, J., 1988. Events and Their Names, Indianapolis: Hackett Publishing Company.
- Bennett, K., 2003. “Why the Exclusion Problem Seems Intractable, and How, Just Maybe, to Tract It,” Noûs, 37(3): 471–497.
- –––, 2004a. “Global Supervenience and Dependence,” Philosophy and Phenomenological Research, 68: 510–529.
- –––, 2004b. “Spatio-temporal Coincidence and the Grounding Problem,” Philosophical Studies, 118: 339–371.
- –––, 2017. Making Things Up, Oxford: Oxford University Press.
- Blackburn, S., 1973. “Moral Realism,” reprinted (1993) in Essays in Quasi-Realism, Oxford: Oxford University Press.
- –––, 1984. Spreading the Word, Oxford: Clarendon.
- –––, 1985. “Supervenience Revisited,” reprinted (1993) in Essays in Quasi-Realism. Oxford: Oxford University Press.
- Bliss, R. 2014. “Viciousness and Circles of Ground,” Metaphilosophy, 45: 245–256.
- Bliss, R., and Priest, G., forthcoming, Reality and its Structures, Oxford: Oxford University Press.
- Block, Ned (ed.), 1980. Readings in the Philosophy of Psychology(Volume 1). Cambridge, MA: Harvard University Press.
- –––, 1980. “What is Functionalism?” in Block 1980 (ed.), 171–184.
- Bricker, P., 2005. “The Relation Between General and Particular: Entailment vs. Supervenience,” in D. Zimmerman (ed.), Oxford Studies in Metaphysics(Volume II), Oxford: Oxford University Press.
- Broad, C.D., 1925. The Mind and Its Place in Nature, London: Routledge and Kegan Paul.
- Burge, T. 1979. “Individualism and the Mental,” Midwest Studies in Philosophy, 4: 73–121.
- Causey, R.I., 1977. Unity of Science, Dordrecht: Reidel.
- Chalmers, D., 1996. The Conscious Mind, New York: Oxford University Press.
- Davidson, D., 1969. “The Individuation of Events,” reprinted in Davidson (ed.), 1980, 163–180.
- –––, 1970. “Mental Events,” reprinted in Davidson (ed.) 1980, 207–225.
- –––, 1985. “Replies to Essays X-XII,” in B. Vermazzen and M. B. Hintikka (eds.) 1985.
- –––, 1993. “Thinking Causes,” in J. Heil and A. Mele (eds.), Mental Causation, Oxford: Clarendon, 3–17.
- Davidson, D. (ed.), 1980. Essays on Actions and Events, Oxford: Clarendon Press.
- Dorr, C. and Rosen, G., 2002. “Composition as a Fiction,” in R. M. Gale (ed.), Blackwell Guide to Metaphysics, Oxford: Blackwell.
- Ellis, B., 2001. Scientific Essentialism, Cambridge: Cambridge University Press.
- Fine, K., 2002. “Varieties of Necessity,” in T. Gendler and J. Hawthorne (eds.) 2002, 253–281.
- Gendler, T.S. and Hawthorne, J. (eds.), 2002. Conceivability and Possibility, Oxford: Oxford University Press.
- Gibbard, A., 1975. “Contingent Identity,” Journal of Philosophical Logic, 4: 187–221.
- Gillett, Carl, 2002. “The dimensions of realization: A critique of the Standard view,” Analysis, 62: 316–323.
- Glanzberg, M., 2001. “Supervenience and Infinitary Logic,” Noûs, 25: 419–39.
- Goldman, A., 1976. “Discrimination and Perceptual Knowledge,” Journal of Philosophy, 18: 771–91.
- Hale, B., and Hoffman, A. (eds.), 2010. Modality: Metaphysics, Logic, Epistemology, Oxford: Oxford University Press.
- Hare, R.M., 1952. The Language of Morals, Oxford: Oxford University Press.
- –––, 1984, “Supervenience,” Aristotelian Society Supplementary Volume, 58: 1–16.
- Haugeland, J., 1982. “Weak Supervenience,” American Philosophical Quarterly, 19: 93–101.
- Hawthorne, J., 2002. “Blocking Definitions of Materialism,” Philosophical Studies, 110: 103–113.
- Hellman, G. and Thompson, F., 1975. “Physicalism, Ontology, Determination, and Reduction,” The Journal of Philosophy, 72: 551–64.
- Hoeltje, M., Schnieder, B., and Steinberg, A. (eds.), 2013. Varieties of Dependence: Ontological Dependence, Grounding, Supervenience, Response-Dependence, Munich: Philosophia Verlag.
- Horgan, T., 1982. “Supervenience and Microphysics,” Pacific Philosophical Quarterly, 63: 29–43.
- –––, 1993. “From Supervenience to Superdupervenience: Meeting the Demands of a Material World,” Mind, 102: 555–86.
- Jackson, F., 1998. From Metaphysics to Ethics, Oxford: Oxford University Press.
- Jenkins, C., 2011. “Is Metaphysical Dependence Irreflexive?,” The Monist, 94: 267–276.
- Kim, J., 1976. “Events as Property Exemplifications,” reprinted in Kim 1993, 33–52.
- –––, 1984. “Concepts of Supervenience,” reprinted in Kim 1993, 53–78.
- –––, 1987. “‘Strong’ and ‘Global’ Supervenience Revisited,” reprinted in Kim 1993, 79–91.
- –––, 1988. “Supervenience for Multiple Domains,” reprinted in Kim 1993, 109–130.
- –––, 1990. “Supervenience as a Philosophical Concept,” reprinted in Kim 1993, 131–160.
- ––– (ed.), 1993. Supervenience and Mind: Selected Philosophical Essays, Cambridge: Cambridge University Press.
- –––, 1993. “Postscripts on Supervenience,” in Kim 1993, 161–171.
- –––, 1998. “The Mind-Body Problem After Fifty Years,” in O’Hear (ed.) 1998, 3–21.
- Kirk, R., 1994. Raw Feeling: A Philosophical Account of the Essence of Consciousness, Oxford: Clarendon Press.
- Klagge, J., 1995. “Supervenience: Model Theory or Metaphysics?” in Savellos and Yalcin (eds.) 1995, 60–72.
- Kripke, S., 1972. Naming and Necessity, Cambridge, MA: Harvard University Press.
- Langton, R. and Lewis, D.K., 1998. “Defining ‘Intrinsic’,” Philosophy and Phenomenological Research, 58: 333–45.
- Leuenberger, Stephan, 2009. “What is Global Supervenience?” Synthese, 170: 115–129.
- Lewis, D.K., 1973. “Causation,” The Journal of Philosophy, 70: 556–567.
- –––, 1983a. “Extrinsic Properties,” Philosophical Studies, 44: 197–200.
- –––, 1983b. “New Work for a Theory of Universals,” Australasian Journal of Philosophy, 61: 343–77.
- –––, 1986a. Philosophical Papers Volume II, Oxford: Oxford University Press.
- –––, 1986b. The Plurality of Worlds, Oxford: Oxford University Press.
- –––, 1991. Parts of Classes, Oxford: Blackwell.
- Lombard, L., 1986. Events: A Metaphysical Study, London: Routledge.
- Marsh, R. C., 1992. Logic and Knowledge, London: Routledge.
- McGinn, C., 1993. Problems in Philosophy: the Limits of Inquiry, Cambridge: Basil Blackwell.
- McLaughlin, B.P., 1984. “Perception, Causation, and Supervenience,” Midwest Studies in Philosophy, 9: 569–92.
- –––, 1984. “Event Supervenience and Supervenient Causation,” Southern Journal of Philosophy(Supplementary Volume: Spindel Conference on Supervenience), 22: 71–91.
- –––, 1992. “The Rise and Fall of British Emergentism,” in Beckermann, et al. (eds.), 49–93.
- –––, 1995. “Varieties of Supervenience,” in E. Savellos, and U. Yalcin (eds.), 16–59.
- –––, 1996. “Supervenience,” in Borchert (ed.), Encyclopedia of Philosophy Supplement, Macmillan, 558–560.
- –––, 1997a. “Supervenience, Vagueness, and Determination,” Philosophical Perspectives, 11: 209–230.
- –––, 1997b. “Emergence and Supervenience,” Intellectica, 25: 25–43.
- –––, 1999a. “Emergence,” in R. A. Wilson, and F. C. Keil (eds.), Encyclopedia of Cognitive Sciences, 267–69.
- –––, 2001. “Supervenience,” in Smith (ed.), Encyclopedia of the Social and Behavioral Sciences, Amsterdam: Elsevier, 1142–1147.
- –––, 2003. “Vitalism and Emergence,” in T. Baldwin (ed.), 631–39.
- Melnyk, A., 2003. A Physicalist Manifesto: Thoroughly Modern Materialism, Cambridge: Cambridge University Press.
- –––, 2006. “Realization and the formulation of physicalism,” Philosophical Studies, 131: 127–155.
- Merricks, T., 2001. Objects and Persons, Oxford: Clarendon.
- Moore, G.E., 1922. Philosophical Studies, London: Routledge.
- –––, 1942, “A Reply to My Critics,” in P. Schilpp (ed.) 1942, 660–667.
- Morgan, L., 1923. Emergent Evolution, London: Williams & Norgate.
- Moyer, M., 2008. “Weak and Global Supervenience are Strong,” Philosophical Studies, 138: 125–150.
- Oddie, G. and Tichy, P., 1990. “Resplicing Properties in the Supervenience Base,” Philosophical Studies, 58: 259–69.
- O’Hear, A. (ed.), 1998. Current Issues in Philosophy of Mind, Cambridge: Cambridge University Press.
- Paull, C.P. and Sider, T.R., 1992. “In Defense of Global Supervenience,” Philosophy and Phenomenological Research, 32: 830–45.
- Post, J., 1987. The Faces of Existence, Ithaca: Cornell University Press.
- Putnam, H., 1975. “The Meaning of ‘Meaning’,” in Minnesota Studies in the Philosophy of Science, 7: 215–271.
- ––– (ed.), 1975. Mind, Language and Reality, Cambridge, UK: Cambridge University Press.
- Quine, W.V.O., 1985. The Time of My Life: An Autobiography, Cambridge, Mass.: MIT Press.
- Rea, M. (ed.), 1997a. Material Constitution, Oxford: Rowman & Littlefield.
- –––, 1997b. “Supervenience and Colocation,” American Philosophical Quarterly, 34: 367–375.
- Rosen, G., 2010. “Metaphysical Dependence: Grounding and Reduction,” in B. Hale and A. Hoffman (eds.) 2010, 109–35.
- Russell, B., 1918. The Philosophy of Logical Atomism, Reprinted in R.C. Marsh (ed.), 177–281.
- Schilpp, P.A. (ed.), 1942. The Philosophy of G.E.Moore, Chicago and Evanston, Illinois.
- Savellos, E. and Yalcin, U. (eds.), 1995. Supervenience: New Essays, Cambridge: Cambridge University Press.
- Schaffer, J., 2016. “Grounding in the Image of Causation,” Philosophical Studies, 173: 49–100.
- Schiffer, S., 1987. Remnants of Meaning, Cambridge, MA: MIT/Bradford.
- Shagrir, O., 2002. “Global Supervenience, Coincident Entities and Anti-individualism,” Philosophical Studies, 109: 171–196.
- –––, 2009. “Strong Global Supervenience is Valuable,” Erkenntnis, 71: 417–423.
- –––, 2013. “Concepts of Supervenience Revisited,” Erkenntnis, 78: 469–485.
- Shoemaker, S., 1979. “Identity, Properties, and Causality,” Midwest Studies in Philosophy, 4: 321–324.
- –––, 1980, “Causality and Properties,” in P. van Inwagen (ed.) 1980, 109–35.
- –––, 2007. Physical Realization., Oxford: Oxford University Press.
- Sider, T.R., 1999. “Global Supervenience and Identity Across Times and Worlds,” Philosophy and Phenomenological Research, 59: 913–37.
- –––, 2008. “Yet Another Paper on the Supervenience Argument Against Coincident Entities,” Philosophy and Phenomenological Research, 77: 613–624.
- Skyrms, B., 1981. “Tractarian Nominalism,” Philosophical Studies, 40: 199–206.
- Sosa, E. (ed.), 1991. Knowledge in Perspective, Cambridge, UK: Cambridge University Press.
- Stalnaker, R., 1996. “Varieties of Supervenience,” Philosophical Perspectives, 10: 221–41.
- Stanton, W., 1983. “Supervenience and Psychological Law in Anomalous Monism,” Pacific Philosophical Quarterly, 64: 70–80.
- Steinberg, Alex, 2014. “Defining Global Supervenience,” Erkenntnis, 79(2): 367–380.
- Swoyer, C., 1982. “The Nature of Natural Laws,” Australasian Journal of Philosophy, 60: 203–223.
- Teller, P., 1984. “A Poor Man’s Guide to Supervenience and Determination,” Southern Journal of Philosophy: Supplement to Spindel Conference, 22: 137–42.
- Van Cleve, J., 1990. “Emergence vs. Pansychism: Mind Dust or Magic?” Philosophical Perspectives, vol.4: 215–226.
- –––, 1990. “Supervenience and Closure,” Philosophical Studies, 58: 225–238.
- van Inwagen, P. (ed.), 1980. Time and Cause, Dordrecht: D. Reidel.
- –––, 1990. Material Beings, Ithaca: Cornell University Press.
- –––, 1994. “Composition as Identity,” Philosophical Perspectives, 8: 207–220.
- Vermazzen B. and Hintikka M.B. (eds.), 1985. Essays on Davidson: Actions and Events, Oxford: Clarendon Press.
- Wilson, A., forthcoming. “Metaphysical Causation,” Noûs.
- Wilson, J., 1999. “How Superduper Does a Physicalist Supervenience Need To Be?” Philosophical Quarterly, 49: 33–52.
- –––, 2005. “Supervenience-Based Characterizations of Physicalism,” Noûs, 39: 426–459.
- –––, 2014. “No Work for a Theory of Grounding,” Inquiry: An Interdisciplinary Journal of Philosophy, 57: 535–579.
- Witmer, D. G. 1999. “Supervenience Physicalism and the Problem of Extras,” Southern Journal of Philosophy, 37: 315–331.
- Yablo, S., 1987. “Identity, Essence, and Indiscernibility,” The Journal of Philosophy, 84: 293–314.
- –––, 1992. “Mental Causation,” The Philosophical Review, 101: 245–280.
- Zimmerman, D., 1995. “Theories of Masses and Problems of Constitution,” Philosophical Review, 104: 53–110.
Strumenti accademici
- Come citare questa voce.
- Vedi la versione PDF di questa voce (in inglese) presso: Friends of the SEP Society.
- Vedi questo stesso argomento presso il progetto: Internet Philosophy Ontology Project (InPhO).
- Bibliografia arricchita per questa voce presso PhilPapers, con link al suo database.
Altre risorse in Internet
- Supervenience in Metaphysics, Philosophy Compass, by Stephan Leuenberger (University of Glasgow).
Voci correlate
anomalous monism | dependence, ontological | emergent properties | grounding, metaphysical | logic: modal | material constitution | mental causation | mereology | multiple realizability | physicalism | possible worlds | properties
Copyright © 2018 by
Brian McLaughlin <brianmc@rci.rutgers.edu>
Karen Bennett <kbennett@philosophy.rutgers.edu>