
Traduzione di Marco Berardinetti e Filippo Pelucchi
Revisione di Niccolò Negro, pagina di Timothy O’Connor.
Versione Autunno 2021.
The following is the translation of Timothy O’Connor’s entry on “Emergent Properties” in the Stanford Encyclopedia of Philosophy. The translation follows the version of the entry in the SEP’s archives at https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/properties-emergent/ . This translated version may differ from the current version of the entry, which may have been updated since the time of this translation. The current version is located at <https://plato.stanford.edu/entries/properties-emergent>. We’d like to thank the Editors of the Stanford Encyclopedia of Philosophy for granting permission to translate and to publish this entry on the web.
Il mondo sembra contenere diversi tipi di oggetti e sistemi – pianeti, tornado, alberi, colonie di formiche ed esseri umani, solo per citarne alcuni – ognuno con caratteristiche e comportamenti specifici. Questa prima impressione è accresciuta dal successo delle scienze speciali e dalle loro particolari tassonomie e leggi che caratterizzano i processi astronomici, meteorologici, chimici, botanici, biologici e psicologici, tra gli altri. Colpo di scena: parte del successo delle scienze speciali riflette un effettivo consenso sul fatto che le caratteristiche delle entità composte che analizzano non sono del tutto slegate dalle caratteristiche e dalle configurazioni dei loro componenti, ma dipendono piuttosto in qualche misura da tali caratteristiche.
Consideriamo, ad esempio, un tornado. In ogni momento, un tornado per esistere dipende da polvere e detriti, e in definitiva da qualunque micro-entità lo componga; e anche le sue proprietà e i suoi comportamenti dipendono, in un modo o nell’altro, dalle proprietà e dai comportamenti interagenti dei suoi componenti fondamentali. Eppure, l’identità del tornado non dipende da alcuna specifica micro-entità o configurazione composizionale, e le sue caratteristiche e i suoi comportamenti sembrano differire per tipo da quelli dei suoi costituenti più basilari, come si evince dal fatto che si può comprendere abbastanza bene come funzionano i tornado, ignorando completamente allo stesso tempo la fisica delle particelle. Il punto si può generalizzare a entità più complesse e più longeve, comprese piante e animali, economie ed ecologie, e una miriade di altri individui e sistemi studiati dalle scienze speciali: queste entità sembrano dipendere in diversi aspetti importanti dai loro componenti, pur appartenendo a tassonomie particolari e che esibiscono proprietà e comportamenti autonomi, come riflesso delle leggi scientifiche speciali che li governano. (Il punto potrebbe essere ulteriormente generalizzato per includere artefatti umani che non sono oggetto di alcuna scienza naturale, ma le cui condizioni di individuazione sono legate al linguaggio e alla pratica umana. Tali artefatti saranno messi da parte in questa voce, poiché sollevano questioni specifiche discusse nella voce sulla costituzione materiale. È controverso se esistano dei composti che non sono né artefatti, né sono suscettibili di analisi scientifica, e, se dovessero esistere, probabilmente non soddisferebbero le condizioni di autonomia richieste dal concetto di emergenza. Ma questo punto non verrà approfondito in questa sede.)
La nozione generale di emergenza ha lo scopo di unire le caratteristiche, tra loro legate, di dipendenza e autonomia. L’emergenza media tra le forme estreme di dualismo, che rifiutano la micro-dipendenza di alcune entità, e il riduzionismo, che rifiuta invece la macro-autonomia.
1. Introduzione
Sebbene i dibattiti riguardanti la realtà o la natura precisa dell’emergenza siano in gran parte guidati dalle teorie scientifiche contemporanee, la nozione di base ha una storia piuttosto lunga che risale almeno ad Aristotele (384-322 a.C.). Secondo Aristotele, gli esseri umani, come altre sostanze “secondarie”, nascono da una disposizione particolare dei quattro elementi materiali. Sebbene le capacità mentali degli esseri umani richiedano (e siano necessitate da) una tale disposizione, queste sono distinte e causalmente efficaci verso il basso rispetto a qualsiasi capacità non-mentale. Inoltre, la concezione aristotelica del sinolo di materia / forma delle sostanze materiali è in linea con la posizione emergentista standard, collocandosi a metà tra il dualismo delle sostanze e il riduzionismo. Per una discussione dettagliata, vedi Caston (1997). Tra i filosofi peripatetici, Alessandro di Afrodisia (fine II-inizio III secolo d.C.; in De Anima II) e Galeno (129-200 circa; in De elementis ex Hippocratis sententia altrove) sviluppano versioni specifiche del framework emergentista di base di Aristotele, applicandolo ai composti chimici e ad altri fenomeni inorganici, nonché agli esseri viventi. (Per la discussione di diversi testi, cfr. ancora Caston 1997: 347–353).
Ci si riappropria della filosofia naturale di Aristotele in epoca medievale, prima con i filosofi persiani e arabi come Avicenna / Ibn Sina (980-1037) e poi con la traduzione di molti dei testi chiave dello Stagirita, in latino, da parte dei filosofi occidentali, compreso Tommaso d’Aquino (1225-1274). Nell’Occidente latino, le idee aristoteliche, una volta introdotte, si diffondono nel corso di tutta l’epoca. In particolare, la concezione aristotelica di materia / forma della sostanza e il suo concomitante rifiuto dell’atomismo, diventano punti di partenza assiomatici nel teorizzare l’esistenza in natura di particolari tipi di corpi e processi altrettanto particolari, ad essi associati. (Su d’Aquino, vedi Pasnau 2001 e Stump 2003, Parte II; Pasnau 2011 esamina in dettaglio un’ampia gamma di punti di vista sulla sostanza nel periodo scolastico post d’Aquino.)
Il consenso intorno alla filosofia naturale di Aristotele fu smantellato dalla Rivoluzione Scientifica, e la fisica dello Stagirita ne fu la prima vittima. René Descartes avanzò una concezione fortemente meccanicistica e riduzionista dei corpi materiali che diventò largamente diffusa. Tuttavia, Descartes sostenne che la mente, o l’anima umana, è una sostanza immateriale, abbracciando una forma di dualismo mente-corpo. Per chi accetta la concezione riduzionista del mondo fisico, le alternative al dualismo delle sostanze di Cartesio sono nette: l’idealismo (secondo cui la materia è un mero “fenomeno” da analizzare in termini di sensazioni, come sostenuto da George Berkeley) o il materialismo riduzionista, ad esempio quello de L’uomo macchina (1747) di Julien de la Mettrie.
Questa serie di opzioni è stata rifiutata nel diciannovesimo secolo dai cosiddetti “emergentisti britannici” (con Lewes [1875] che per primo ha usato il termine “emergenza” per indicare la posizione filosofica). In “Sulla composizione delle cause” (Sistema di logica deduttiva e induttiva, 1843: Capitolo 6), John Stuart Mill (vedi la sua voce https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/mill/ ) sostiene che il comportamento di aggregazione, o di influenza lineare tra i suoi elementi, da parte degli esseri viventi sia destinato a fallire. Egli propone un resoconto che distingue leggi ed effetti “omeopatici” ed “eteropatici”, i quali coinvolgono fenomeni organizzati, sostenendo che queste ultime leggi (che governano i fenomeni emergenti) li integrano senza soppiantare le leggi fisiche fondamentali più generali.
Samuel Alexander (vedi la sua voce https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/alexander/ ) ha suggerito che la vita è una “qualità nuova” che emerge dai processi fisico-chimici, che porta con sé “leggi speciali sul comportamento” e deve “essere accettata con ‘pietà naturale’ da parte di chi indaga” e che “non ammette spiegazioni” (1920: vol. 2, 46-47). Anche così, insiste sul fatto che sta sostenendo “una specie di teoria dell’identità” (1920: 9), il che suggerisce che stia cercando di articolare una relazione più intima tra i livelli del mondo naturale, forse molto simile ai resoconti dell’emergenza debole discussi nella sezione 3 di seguito.
Infine, l’emergentismo britannico raggiunge la sua forma più sviluppata in The Mind and its Place in Nature (1925) di C. D. Broad (vedi la sua voce https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/broad/ ). Broad utilizza un criterio epistemologico per quella che intende essere una condizione metafisica dell’autonomia emergente:
le proprietà caratteristiche dell’intero R (A, B, C) [dove R indica la loro disposizione strutturale] non possono, nemmeno teoricamente, essere dedotte dalla più completa conoscenza delle proprietà di A, B e C isolatamente, o da altri interi che non siano della forma R (A, B, C). (1925: 61)
Aggiunge poi che le caratteristiche emergenti sono “completamente determinate” da queste caratteristiche di livello inferiore, in quanto
ogni volta che abbiamo un tutto composto di questi […] elementi in determinate proporzioni e relazioni, otteniamo qualcosa con le proprietà caratteristiche [del composto] e […] nulla possiede tali proprietà, se non un tutto arrangiato in questo modo. (1925: 64)
Riprendendo Mill, Broad distingue le leggi “intra-ordinali” da quelle emergenti “trans-ordinali” (1925: 77-8) che, pur trattando esclusivamente fenomeni complessi, sono “uniche e ultime” (1925: 64-5). Come conseguenza:
Secondo la teoria emergentista, dobbiamo riconciliarci con molta meno unità al mondo esterno e con una connessione molto meno intima tra le varie scienze. Nella migliore delle ipotesi, il mondo esterno e le varie scienze che se ne occupano formeranno una specie di gerarchia. (1925: 78)
La popolarità della teoria emergentista è diminuita poco dopo gli scritti di Broad, con importanti sviluppi scientifici che hanno eroso i confini tra “livelli” adiacenti (in particolare la chimica quantistica e la biochimica molecolare – vedi McLaughlin 1992 per la discussione). Tuttavia, ci si è riconcentrati con forza sull’emergenza a partire dagli anni ’70, con la scoperta e la creazione di sistemi complessi non lineari, sia naturali che artificiali. C’è un’ampia letteratura recente che sviluppa resoconti dell’emergenza, portando come argomenti a suo favore tali sistemi. Si è gradualmente ampliata per comprendere fenomeni mentali che sembrano resistere alle spiegazioni fisicaliste (ad esempio, coscienza e libero arbitrio) e alcuni hanno persino iniziato a ripensare a ciò che abbiamo imparato sul rapporto tra chimica e biologia e le scienze di livello inferiore. Questi dibattiti sono di notevole importanza per la nostra comprensione del mondo naturale e di come ci collochiamo al suo interno. Come attesta la bibliografia, le questioni in esame impegnano filosofi e scienziati. Ciò non dovrebbe sorprendere, poiché tali questioni non sono né semplicemente empiriche, né del tutto a priori, dato che per avere delle risposte plausibili (se non incontrovertibili) bisogna considerare e supportare le interpretazioni metafisiche di com’è strutturata la realtà naturale, alla luce delle nostre migliori teorie empiriche.
Affermare che esistono fenomeni emergenti che sono dipendenti e allo stesso tempo autonomi rispetto alle strutture fisiche sottostanti, tuttavia, lascia aperta la questione, poiché entrambe queste proprietà sono state spiegate in modi diversi (vedi Van Gulick 2001, Gillett 2002, Wilson 2015, e Humphreys 2016 per discussioni che mettono in evidenza questa diversità). I resoconti della dipendenza in questione possono fare appello a relazioni di composizione, sopravvenienza, realizzazione, grounding o causalità. I resoconti dell’autonomia in questione possono appellarsi a novità fondamentali o non-fondamentali di capacità, proprietà, forze, leggi o effetti, irriducibilità, non-aggregazione, oppure non linearità.
Sebbene siano diversi tra loro, può essere utile raggruppare i resoconti dell’emergenza ontologica dividendo alla base quelli che sono compatibili o meno con il fisicalismo, la tesi secondo cui tutti i fenomeni naturali sono interamente costituiti e del tutto metafisicamente determinati da fenomeni fisici fondamentali. Si pensa che normalmente questa tesi implichi “la chiusura causale del mondo fisico”, secondo la quale (in breve) ogni effetto fisico a livello fondamentale ha una causa fisica puramente fondamentale. I resoconti dell’emergenza “forte” sono in contraddizione con il fisicalismo e la chiusura causale, mentre i resoconti dell’emergenza debole sarebbero compatibili con il fisicalismo.
La divisione generale tra emergenza ontologica forte e debole delinea gran parte della discussione a seguire:
- La sezione 2 (“Emergenza ontologica: caratteristiche”) esamina le principali opzioni per comprendere le caratteristiche primarie di dipendenza e autonomia, osservando se sono più comunemente associate a emergenza debole, emergenza forte o a entrambe.
- La sezione 3 (“Emergenza debole”) spiega gli argomenti principali e le sfide all’emergenza debole come approccio generale e presenta una serie di possibili resoconti.
- La sezione 4 (“Emergenza forte”) spiega gli argomenti principali e le sfide all’emergenza forte come approccio generale e presenta una serie di possibili resoconti.
- La sezione 5 (“Emergenza debole vs. emergenza forte: fenomeni contestati”) esamina i fenomeni recentemente proposti come casi potenzialmente a favore della più controversa emergenza forte e presenta brevemente gli argomenti a favore e contro tale stato di cose.
2. Emergenza ontologica: caratteristiche
Questa sezione prende in esame le caratteristiche principali rispettivamente della dipendenza e della autonomia, mettendo in evidenza il modo in cui la varietà di teorici dell’emergenza le ha chiarite.
2.1 Dipendenza
Gli emergenti dipendono dalle micro-configurazioni. Che gli oggetti o i sistemi che manifestano caratteristiche e pattern di emergenza siano esclusivamente composti da entità fisiche di livello inferiore, è accettato da quasi tutti i teorici dell’emergenza (ma vedi la sezione 4.3 https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/properties-emergent/#StroEmerPropSubsDual ). Esistono almeno tre modi in cui si potrebbe pensare che le caratteristiche e i pattern dipendano a loro volta dalle caratteristiche e dai pattern esibiti dalle loro parti.
2.1.1 Dipendenza modale (sopravvenienza)
Le teorie dell’emergenza forte e debole tipicamente presuppongono che gli emergenti dipendano a livello modale dalle loro basi fisiche, in modo tale che è necessario che se si ottiene un emergente, allora di conseguenza si ottiene anche una qualche base fisica, ed è inoltre necessario che se si ottiene una base fisica, allora si ottiene anche l’emergente. Se questa correlazione necessaria funziona in entrambi i versi, allora si parla di ciò che è stata definita “sopravvenienza forte”.
A sopravviene fortemente su B nel caso in cui, necessariamente, per ogni x e ogni proprietà F in A, se x ha F, allora esiste una proprietà G in B tale che x ha G, e necessariamente, se qualsiasi y ha G, allora ha F.
Qui A e B sono insiemi di proprietà (rispettivamente le proprietà della base sopravveniente e di quella di sopravvenienza).
L’emergenza può differire rispetto alla forza di queste due correlazioni modali. I resoconti dell’emergenza debole specificano tipicamente che la necessità è da intendersi come metafisica (necessità assoluta o incondizionata), sottolineando che i fenomeni emergenti sono (in un senso alquanto oscuro) “niente di più e al di sopra” dei loro fenomeni di base sottovenienti. I resoconti dell’emergenza forte la specificano come necessità meramente nomologica (condizionata dal possesso di leggi di natura rilevanti), indicando una maggiore distinzione ontologica tra le caratteristiche emergenti e le loro basi. In effetti, è stato talvolta suggerito che la differenza tra varietà forti e deboli di emergenza si possa analizzare più correttamente in termini di distinzione tra sopravvenienza meramente nomologica e sopravvenienza metafisica (Chalmers 1996, Noordhof 2010).
2.1.2 Dipendenza come realizzazione funzionale
La filosofia della mente degli ultimi cinquant’anni è stata dominata dalla tesi secondo cui molti concetti mentali sono concetti funzionali, che specificano stati mentali (o proprietà o eventi) in termini di ruoli funzionali o causali che operano in risposta agli stimoli in entrata, in relazione l’uno con l’altro nel generare comportamenti finalizzati (vedi, ad esempio, Putnam 1967, Fodor 1974 e Shoemaker 1984). I funzionalisti che sono anche fisicalisti sostengono che gli stati mentali sono “realizzati funzionalmente”, in quanto i ruoli che li definiscono sono implementati, in una data occasione, da processi fisici di livello inferiore. Come esempio schematico, lo stato mentale quale “essere un certo tipo di dolore fisico” è uno stato causato da certi tipi di lesioni al proprio corpo, e provoca determinati tipi di comportamenti in risposta (certe espressioni vocali, curare o farsi aiutare a guarire la lesione, ecc.) e, secondo il fisicalista, questo ruolo funzionale/causale è sempre svolto da qualche processo fisico di livello inferiore.
Un resoconto della dipendenza emergente debole è proprio questo tipo di realizzazione funzionale. Un approccio simile a quello funzionalista è che qualsiasi token di potere (cioè una sua istanza particolare) associato a una caratteristica debolmente emergente sarà identico a un token di potere del suo realizzatore (Wilson 1999, 2015). Ciò renderà l’emergenza compatibile con la tesi fisicalista della chiusura causale del mondo fisico. Tuttavia, se le proprietà possiedono quiddità non causali – aspetti primitivamente individuanti che sono l’equivalente di proprietà delle singole ecceità – in aggiunta ai loro poteri causali, allora l’identità token dei poteri non garantirà necessariamente che una proprietà emergente realizzata a livello funzionale dipenda dalla sua base di livello inferiore, in una maniera compatibile con il fisicalismo (Melnyk 2006). (È diventato comune nella metafisica recente invocare la nozione primitiva di “grounding” che mette in relazione ciò che è più fondamentale con ciò che è meno fondamentale. Il lettore potrebbe essere sorpreso di non vederlo elencato qui come un’opzione distinta. La ragione è duplice: non è spesso usato dai teorici dell’emergenza, ed è una nozione generalizzata che comprende la nozione attuale e più specifica di realizzazione funzionale. Per una discussione sui meriti relativi dell’utilizzo di nozioni più specifiche o di una nozione unificante più generale nelle discussioni sulle forme di dipendenza ontologica, vedi lo scambio tra Wilson 2014 e Schaffer 2016.)
2.1.3 Dipendenza nomologica o causale
I resoconti dell’emergenza forte caratterizzano comunemente la dipendenza come meramente nomologica o causale. Tali relazioni esterne sono coerenti con gli emergenti forti “al di là e al di sopra” delle entità fisiche da cui dipendono direttamente. Portano anche a rifiutare la chiusura causale del mondo fisico, spesso postulando capacità o forze “composizionali” fondamentalmente nuove (come descritto da McLaughlin 1992, anche se egli non è d’accordo). Si potrebbe ritenere che gli emergenti forti siano causati diacronicamente da eventi di livello base (O’Connor & Wong 2005) o sostenere che siano sincronicamente e nomologicamente dipendenti dalle loro basi, con nuove interazioni fondamentali, capacità o leggi che appaiono esclusivamente a un livello operativo di complessità (Broad 1925).
2.2 Autonomia
Le discussioni sui tipi di dipendenza emergente forte e debole inevitabilmente portano ad analizzare i modi in cui si potrebbe specificare la tesi di correlazione, secondo cui gli emergenti sono in una qualche misura autonomi rispetto alle loro basi fisiche. Ciò che hanno in comune i vari tipi di autonomia è la distintività: gli emergenti non sono identici alle loro basi– perlomeno a livello di tipo, e forse anche a livello di occorrenze.Seguono tre modi principali per comprendere l’origine di tale distintività.
2.2.1 Autonomia come non-aggregazione
L’autonomia emergente potrebbe essere caratterizzata nei termini di una specifica delucidazione dell’idea di “non-aggregazione” composizionale o strutturale. Wimsatt (1994), uno dei primi sostenitori della non-aggregazione come chiave per l’emergenza, definisce l’aggregazione in termini di “associatività, commutatività, inter-sostitutività, linearità e invarianza sotto scomposizione e riaggregazione” delle parti di un sistema (1994: 237), e indica le varietà di non-aggregazione semplicemente come fallimento di tali condizioni. Le caratterizzazioni più dirette di non-aggregazione fanno appello a comportamenti distintivi e auto-organizzanti a livello di gruppo, come colonie di formiche e stormi di uccelli, per cui “l’interazione tra le parti genera proprietà che non possiede nessuno dei singoli componenti” (Mitchell 2012: 179). (Altri sviluppi di questo approccio si trovano in Kauffman 1993 e 1995, Thompson e Varela 2001, Camazine et al. 2001 e Thompson 2007.)
2.2.2 Autonomia come realizzabilità multipla
Un secondo modo in cui si potrebbe caratterizzare l’autonomia delle entità emergenti è attraverso la realizzazione per proprietà di base che non dipendono da alcuna realizzazione specifica. La realizzazione fisica assicura una chiara forma di dipendenza dalle proprietà di base (sezione 2.1.2 https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/properties-emergent/#DepeFuncReal ). Ma le proprietà e i processi funzionali realizzati sono (o sembrano essere) coerenti con una varietà di possibili proprietà del realizzatore (ad esempio, avere un mal di testa, anche di un tipo molto specifico, è coerente con diversi stati neurali precisi, e tipi di stato mentale più generale possono essere realizzati nelle specie biologiche e forse nelle menti aliene o artificiali). Sono realizzabili molteplicemente, a seconda che ci sia qualche proprietà fisica o processo o altro all’interno di un intervallo, senza che essa dipenda da alcuna caratteristica specifica di questo tipo. Ci sono altre varietà di realizzazione oltre a quella funzionale che potrebbero essere candidate adatte per comprendere casi particolari di autonomia emergente. Ad esempio, le proprietà emergenti potrebbero essere dei determinabili, che sarebbero determinati da diversi determinanti di livello inferiore (Macdonald & Macdonald 1986, 1995 e Yablo 1992); tipi e/o occorrenze che sono parti proprie di tipi o occorrenze di livello inferiore (Clapp 2001 e Shoemaker 2000 [2001]); o potrebbero avere un grado di libertà strettamente inferiore a quello delle loro basi (Wilson 2010). Queste opzioni, che non devono necessariamente escludersi a vicenda, sono discusse ulteriormente nella sezione 3.2 https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/properties-emergent/#ContAcco .
La realizzabilità multipla, o qualcosa di simile ad essa, è espressa nelle scienze fisiche contemporanee dalle nozioni di universalizzabilità (dove diversi sistemi si comportano in modi simili), stabilità sotto perturbazione ed eliminazioni di gradi di libertà nel mondo microfisico, , e molti autori indicano tali fenomeni come esempi di emergenza. Vedi Batterman (2000 e 2001) per un esame dettagliato dell’applicazione scientifica di queste nozioni.
2.2.3 Autonomia come efficacia distintiva
Quasi tutti i resoconti dell’emergenza suppongono che gli emergenti non siano solo distinti dalle loro basi, ma anche distintamente efficaci rispetto ad esse. Gli emergentisti deboli tipicamente negano che gli emergenti abbiano poteri fondamentalmente nuovi, sulla base del fatto che essi sarebbero, direttamente o indirettamente, poteri atti a produrre certi effetti fisici fondamentali, il che violerebbe in pratica la chiusura causale del mondo fisico. Essi sostengono, tuttavia, che l’efficacia distintiva non richiede l’avere un potere nuovo. L’efficacia distintiva potrebbe essere intesa in termini di modelli controfattuali e distintivi nel tempo, legati a un resoconto controfattuale della causalità (LePore & Loewer 1987 e 1989); come considerazioni sulla creazione di differenze o sulla “proporzionalità” nel vedere gli effetti macroscopici rispetto a quelli microscopici (Yablo 1992); o più in generale attraverso la proposta che leggi scientifiche speciali tracciano livelli relativamente astratti di grano causale (Antony & Levine 1997, Wilson 2010).
Gli emergentisti forti, al contrario, tipicamente ritengono che gli emergenti introducano poteri causali fondamentalmente nuovi, poteri che le loro basi fisiche di livello inferiore non hanno. Questi sono spesso considerati poteri delle stesse caratteristiche di livello superiore, e sono diretti “verso il basso”, ossia verso le strutture da cui emergono (oltre che a contribuire “orizzontalmente” a caratteristiche emergenti del sistema in tempi successivi). Ma alcuni propongono che le caratteristiche strutturali di livello superiore facciano emergere nuovi poteri nelle entità componenti; altri suggeriscono che si verificano “trasformazioni” sistemiche in cui le parti perdono la loro identità quando sono coinvolte in emergenti interi, o il loro comportamento cambia in virtù di tale incassamento. I dettagli relativi a tali proposte sono forniti nella sezione successiva 4.2 https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/properties-emergent/#ContAcco_1 .
3. Emergenza debole
L’emergenza debole sostiene la realtà delle entità e delle caratteristiche postulate nelle scienze speciali e sostiene anche il fisicalismo, la tesi secondi cui tutti i fenomeni naturali sono interamente costituiti e completamente metafisicamente determinati da fenomeni fisici fondamentali, con il risultato che ogni effetto fisico fondamentale ha una causa fondamentale puramente fisica.
Le scienze speciali descrivono fenomeni strutturati non ubiquitari (ad esempio tettonica a zolle, interazioni molecolari, riparazione cellulare e sviluppo organico) e prevedono con successo il loro comportamento attraverso leggi di livello superiore. Gli emergentisti deboli considerano l’esistenza di tali fenomeni stabili e distintivi, suscettibili di spiegazioni di alto ma non di basso livello, una ragione per accettare le categorie tassonomiche delle scienze speciali nella nostra ontologia del mondo naturale, non meno reali delle categorie di una fisica finale e completa. Da questo punto di vista, esistono molecole, cellule, organismi e creature dotate di mente, e non si riducono a – non sono identiche a – combinazioni complesse di entità o caratteristiche fisiche fondamentali. Di conseguenza, le spiegazioni che fanno riferimento a leggi scientifiche speciali sono in una certa misura autonome rispetto alle spiegazioni che fanno riferimento a leggi di teorie fisiche di basso livello.
3.1 Sfide alla sua plausibilità
Questa sezione introduce due sfide che si presentano di solito alla fattibilità di principio dell’emergenza debole. I resoconti dell’emergenza debole nella sezione successiva sono in parte sostenuti come modi per affrontare una o entrambe le sfide.
3.1.1 Parsimonia
La sfida più semplice all’emergenza debole viene dalla parsimonia, e può essere spinta dal lato del riduzionismo o dell’antirealismo (es. Heil 2003 e Ney 2010) o dal lato opposto dell’emergentismo forte (es. O’Connor & Churchill 2010a,b). L’emergentismo debole concede che l’ontologia e le leggi dinamiche di una fisica vera e completa determinino metafisicamente tutti i fatti fisici fondamentali, e che quest’ultima determini metafisicamente tutti i fatti non-fondamentali o le verità sul mondo. In tal caso, perché aggiungere altro alla sua ontologia? Perché non appoggiarsi con parsimonia all’ontologia fisica di livello inferiore e offrire un resoconto deflazionistico di verità che sembrano riferirsi a fenomeni di “livello superiore”? Si potrebbe, ad esempio, interpretare i fenomeni come modelli grossolani che attraversano il mondo dei fenomeni fisici fondamentali e considerare le verità che adoperano concetti come cellula, metabolismo, gatto e desiderio come riferiti (forse schematicamente) a tipi particolari di disposizioni di entità fisiche e delle loro qualità. Questa posizione può concedere che in pratica non possiamo fare a meno di affermazioni da parte delle scienze speciali. (I modelli a grana grossa sono in un certo senso il punto di partenza dell’indagine empirica per creature come noi, e anche se dovessimo arrivare a una teoria fisica finale che si rivelasse corretta, i nostri limiti cognitivi ci renderebbero impossibile seguire l’evoluzione del mondo in termini direttamente corrispondenti a una realtà così fine). Ma (obietta il critico) considerazioni così fortemente pragmatiche non dovrebbero guidare le nostre opinioni sull’ontologia del mondo; bloccare tali mosse deflazionistiche richiede una forma di autonomia più forte rispetto a quella consentita dal fisicalismo.
3.1.2 Sovradeterminazione
L’emergenza debole accetta le cinque tesi seguenti:
- Dipendenza sopravveniente. Le caratteristiche emergenti (proprietà, eventi o stati) dipendono sincronicamente dalle loro caratteristiche fondamentali, in quanto il verificarsi di una caratteristica emergente in un momento richiede, ed è nomologicamente reso necessario, dal verificarsi di una caratteristica fondamentale in quel momento.
- Realtà. Le caratteristiche emergenti sono reali.
- Efficacia. Le caratteristiche emergenti sono causalmente efficaci.
- Distinzione. Le caratteristiche emergenti sono distinte dalle loro caratteristiche fondamentali.
- Chiusura causale fisica. Ogni effetto fisico di basso livello ha una causa fisica puramente di basso livello.
Jaegwon Kim (ad esempio, nel suo 1993 e 1998) sostiene che queste tesi comportano una conclusione inaccettabile:
- Sovradeterminazione. Gli effetti emergenti sono generalmente sovradeterminati causalmente da cause sincroniche distinte individualmente sufficienti (simili, comunque, a casi altrimenti insoliti e forse meramente possibili, come quando due sassi vengono lanciati uno indipendentemente dall’altro e colpiscono un bersaglio nello stesso istante).
La presentazione seguente dell’argomento di Kim segue Wilson 2015, con alcune modifiche (vedi anche la discussione in Sturgeon 1998). Gli effetti emergenti potrebbero essere dello stesso livello, verso il basso o entrambi (la tesi dell’Efficacia è neutra). Supponiamo, in primo luogo, che l’emergente E causi l’emergente E* (stesso livello), mentre E dipende sopravvenientemente da P, ed E* dipende sopravvenientemente da P* (Dipendenza sopravveniente). P* ha una causa fisica puramente di basso livello (Chiusura causale fisica), plausibilmente, P. Se P causa P* e P* necessita E*, allora è plausibile che P causi E*, causando P*. Quindi, sia P che E causano E*, e dato che P ed E sono entrambi reali e distinti (Realtà, Distinzione), allora E* è causalmente sovradeterminato.
In secondo luogo, supponiamo che E causi invece qualche caratteristica fondamentale di basso livello P*. P* ha anche una causa puramente di livello basso (Chiusura causale fisica) – plausibilmente, P. Quindi, sia P che E causano P*, e dato che P ed E sono entrambi reali e distinti (Realtà, Distinzione), P* è causalmente sovradeterminato.
Quindi, sia che concepiamo la causalità emergente come allo stesso livello o verso il basso, gli impegni dell’emergentismo debole comportano una sovradeterminazione (o, come si dice a volte, mantenendo la non-sovradeterminazione, la causalità emergente è causalmente esclusa dall’ubiquità delle cause fisiche fondamentali). Trovando implausibile una sovradeterminazione sistematica del genere, Kim conclude che dovremmo rifiutare la tesi della Distinzione e abbracciare il riduzionismo.
Il rifiuto di altre tesi porta a posizioni alternative. Gli eliminativisti negano il Realismo, gli epifenomenisti negano l’Efficacia e i dualisti delle sostanze e alcuni emergentisti forti negano la Dipendenza sopravveniente. Gli emergentisti forti comunemente negano la Chiusura causale fisica, sostenendo che le caratteristiche emergenti contribuiscono causalmente in maniera non ridondante insieme a fattori fisici di basso livello per alcuni effetti fisici (sempre di basso livello). Gli emergentisti deboli invece puntano all’intima relazione che vedono tra gli emergenti e le loro basi per mostrare un modo per resistere alla conclusione di sovradeterminazione dell’argomento, o per rendere plausibile che le cause fisiche emergenti e fondamentali non siano in competizione tra loro, in modo da poter indebolire la sovradeterminazione.
3.2 Teorie contemporanee
In questa sezione, vengono introdotte tre teorie dell’emergenza debole, con un focus sulle varianti che sono state proposte.
3.2.1 Identità delle occorrenze / non-identità di tipo
Un approccio emergentista debole localizza la distinzione e l’efficacia distintiva degli emergenti in tipi di caratteristiche o processi, pur mantenendo che ogni caratteristica o processo token è identico a un’entità fisica fondamentale token. Questa visione in un certo senso “spartisce la differenza” con il riduzionista, e quindi è la più minimalista delle posizioni emergentiste deboli. Un vantaggio della teoria è che fornisce una base per resistere all’argomento di Kim a favore della sovradeterminazione causale. La causalità è una relazione token-token. Se le entità token di alto e basso livello sono identiche, allora c’è solo una causa token di un dato effetto, il che sembra rispondere alla sfida. Allo stesso tempo, la distinzione di tipo tra i tratti debolmente emergenti e quelli fondamentali fornisce una base per rivendicare un’efficacia distintiva attraverso considerazioni sulla “rilevanza causale”. Possiamo interrogare la causa di un effetto token attraverso il prisma di effetti di tipo distinti, e quale tipo selezioniamo determinerà quale tipo di causa sarà rilevante per la sua spiegazione.
I sostenitori di una teoria simile offrono tipicamente un resoconto specifico della relazione in questione, volto a mostrare che le caratteristiche in questione possano plausibilmente essere distinte per tipo, ma non per token. Cynthia e Graham Macdonald (1986, 1995) suggeriscono che le caratteristiche di livello superiore sono determinabili delle caratteristiche fisiche di livello inferiore e i tipi determinabili sono riducibili a disgiunzioni di tipi determinati. Data questa combinazione di teorie, le caratteristiche determinabili di livello superiore sono tipo-distinte dalle caratteristiche determinate di livello inferiore associate (poiché un tipo disgiuntivo non è identico a nessun tipo disgiunto), ma ogni istanza di una caratteristica determinabile di livello superiore è token-identica a qualche caratteristica determinata di livello inferiore (poiché le istanze di tipi disgiuntivi sono token-identiche a istanze di alcuni o altri tipi disgiunti). Alcuni critici obiettano che le caratteristiche di livello superiore non sono adeguatamente modellate come determinabili di determinati fisici di livello inferiore (Ehring 1996), o che i determinabili non possono essere analizzati riducendoli a termini di determinati (Wilson 2012).
Robb (1997) ed Ehring (1996) offrono resoconti di identità token secondo cui le caratteristiche delle cose sono “tropi” (ossia proprietà particolari, come la presunta particolare bianchezza di un dato foglio di carta) e le proprietà di per sé sono insiemi o raccolte di tropi (vedi la voce sui tropi https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/tropes/). Possiamo supporre che ogni tropo di livello superiore sia identico a un tropo fisico di livello inferiore, nonostante un tropo sia un membro (o parte) di diversi insiemi di tropi che identificano le proprietà, e quindi di tipi diversi. Anche in questo caso, l’idea è che tale visione eviti la sovradeterminazione preservando un ruolo per l’efficacia distintiva / rilevanza causale delle caratteristiche di livello superiore.
3.2.2 Realizzazione
Forse l’approccio più comune all’emergenza debole è quello che fa appello a diversi resoconti della “realizzazione”. (Ricordate il punto fatto nella sezione 2.1.2 che la realizzazione rientra nel concetto più generale di grounding che è usato più frequentemente in altri contesti.) I primi resoconti della realizzazione erano caratterizzati in termini funzionalisti, e secondo essi una caratteristica realizzata è specificata da un ruolo causale o funzionale distintivo, ruolo che viene implementato, in una data occasione, da una qualche caratteristica fisica di livello inferiore. Ad esempio, Putnam (1967) suggerisce che, proprio come un programma software potrebbe essere implementato su più piattaforme hardware, così gli stati mentali potrebbero essere associati a ruoli causali-funzionali svolti da molteplici stati neurologici e, in definitiva, stati fisici fondamentali. Un tale approccio asseconda l’autonomia ontologica degli emergenti deboli nella misura in cui un tipo funzionalmente associato non è identificato con nessuno dei suoi tipi realizzatori. L’analogia con i programmi software sembrerebbe anche fornire una base per bloccare le preoccupazioni sulla sovradeterminazione causale, programmi i cui poteri sono ereditati dai loro realizzatori di livello inferiore. Data una tale tesi di ereditarietà per i poteri di livello superiore, anche se c’è un senso in cui sia le caratteristiche realizzate che quelle realizzanti possono causare un dato effetto, viene esercitato un solo potere, non due – nel qual caso, si pensa, la sovradeterminazione è un bene. (Questa prospettiva funzionalista su entità e caratteristiche delle scienze speciali è stata sviluppata in modo influente da Fodor 1974.)
Altri approcci alla realizzazione fanno appello ad altre relazioni specifiche. Come notato sopra, si potrebbe sostenere un resoconto dell’emergenza debole in termini di determinazione, assumendo che le istanze dei determinabili siano token-identiche alle istanze dei loro determinati realizzanti. Ma si potrebbe adottare questo approccio generale rifiutando l’assunzione dell’identità token, sia per il fatto che i token e i tipi determinabili hanno essenze meno specifiche rispetto ai token e ai tipi determinati associati (Yablo 1992), sia perché i token e i tipi determinabili sono associati a meno poteri rispetto a determinati token e tipi associati (Wilson 1999, 2015). Un altro approccio alla realizzazione si basa sulla relazione tra le parti e il tutto, con tipi e token di livello superiore considerati parti proprie di tipi/token di livello inferiore (Shoemaker 2000 [2001], Clapp 2001). Comune a queste particolari strategie è l’idea che i poteri token e di tipo di una caratteristica realizzata siano un sottoinsieme appropriato (non vuoto) del token, oppure poteri di tipo della caratteristica fisica di livello inferiore da cui dipende (Wilson 1999, 2015). L’autonomia causale può derivare dal fatto che una caratteristica di livello superiore ha minori poteri rispetto alla caratteristica da cui dipende, perché quest’ultima codifica le possibili differenze distintive (ad esempio, se il mio stato neurologico fosse stato leggermente diverso, avrei comunque avuto sete e avrei ancora cercato di prendere il bicchiere).
Infine, è stato recentemente proposto che una forma distintiva di realizzazione fisica passa attraverso meccanismi di attuazione: strutture durature di componenti organizzati che realizzano funzioni di ruolo di livello superiore, le quali dotano entità di livello superiore di comportamenti e proprietà nuovi e di non-aggregazione (vedi Machamer et al. 2000, Craver 2007, e la voce sui meccanismi nella scienza https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/science-mechanisms/ ). Craver (2007) sostiene che nelle neuroscienze e in particolare in psicologia dovremmo pensare agli agenti biologici con una mente come costituiti da una gerarchia di meccanismi (o reti di tali meccanismi). Se da una parte egli evita l’uso del termine “emergenza”, che associa a un’emergenza forte (2007: 16), è plausibilmente portato a promuovere una forma particolare di emergenza debole. Egli difende l’esistenza di poteri di livello superiore e pienamente realizzati sulla base del fatto che soddisfano le condizioni per la rilevanza causale, secondo l’approccio(manipolazionista) della spiegazione causale da lui favorita (2007: 216-220). Haug (2010) sviluppa un resoconto meccanicistico della realizzazione, incorporando una distinzione tra quelli che chiama meccanismi “costitutivi” e “integrativi”, associati a due ruoli distinti che i meccanismi svolgono nella realizzazione di proprietà delle scienze speciali. Egli sostiene che il suo resoconto meccanicistico contrasti favorevolmente con gli approcci determinabili/determinati (e più in generale, con gli approcci che si riferiscono a sottoinsiemi appropriati di poteri) alla realizzazione e che fornisca in principio una base per affermazioni sulla realizzabilità multipla. (Gillett 2016 enfatizza anche la realizzazione di meccanismi associati a nuovi poteri nel suo resoconto dell’emergenza. Ma, poiché rifiuta la chiusura causale del mondo fisico, il suo resoconto sarà discusso sotto la parte dell’emergenza forte nella sezione 4 https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/properties-emergent/#StroEmer .)
3.2.3 “Incomprimibilità” esplicativa
Il ricorso all’imprevedibilità o ad altri criteri epistemici gioca un ruolo significativo nei resoconti dell’emergenza debole (risalendo alla discussione molto influente di Broad [1925]), anche se lo scontro cercato con il “riduzionismo” è di tipo ontologico. È simile al resoconto della non-aggregazione dell’autonomia emergente riassunto nella sezione 2.2.1 sopra, in cui la non linearità delle dinamiche dei macrosistemi (con una conseguente imprevedibilità pratica) è considerata un segno distintivo dell’emergenza debole. Bedau (1997, 2010) propone di elaborare questa particolare scoperta della ricerca moderna sui sistemi complessi nella nostra delucidazione teorica dell’emergenza. In particolare, una caratteristica o un processo all’interno di un macrosistema è debolmente emergente nel caso in cui sia derivabile dai micro-fatti precedenti che lo hanno generato, ma solo in maniera incomprimibile a livello di informazione: descrivendo il suo macro-stato in tempi precedenti e aggregando tutti i suoi microstati sottostanti in quei dati momenti, e iterando poi le loro micro-dinamiche. Così, quando la macroevoluzione di un sistema diviene incomprimibile a livello esplicativo, essa non è caratterizzabile dinamicamente in termini fisici fondamentali: i suoi particolari modelli evolutivi non sono in alcun modo prefigurati nei modelli micro-evolutivi.
È possibile osservare casi particolari che danno luogo a diverse tipologie di emergenza debole, nel vasto framework delle dinamiche non lineari. Rueger (2000) e McGivern e Rueger (2010) suggeriscono che una forma di emergenza diacronica (o evolutiva) si verifica quando c’è un brusco cambiamento nel comportamento di un singolo sistema, comportamento che è “qualitativamente nuovo” rispetto al suo comportamento precedente — come risultato di una perturbazione relativamente piccola in uno dei suoi parametri di controllo sottostanti. Esistono casi ben documentati di simili cambiamenti transitori nel comportamento di un sistema.
4. Emergenza forte
Gli emergentisti forti sostengono che almeno alcuni fenomeni di livello superiore mostrano una dipendenza più debole/ un’autonomia più forte di quanto permetta un’emergenza debole. Questo spesso comporta il rifiuto della realizzazione fisica e l’affermazione di poteri causali fondamentali di livello superiore, o entrambe le cose.
Forse i fenomeni più comunemente citati che richiedono una spiegazione emergentista forte hanno a che fare con la natura e le capacità della mente cosciente in relazione al suo substrato neurale. Anche altri fenomeni scientifici non-mentali sono stati avanzati in potrebbero plausibilmente richiedono un trattamento in termini di emergenza forte. Tali affermazioni sono discusse nella sezione 5.
4.1.1 Incoerenza o inesplicabilità
Un iniziale preoccupazione riguardo l’emergenza forte è che ci sia una tensione nell’idea stessa di una caratteristica che è sia dipendente che fondamentale – una preoccupazione esacerbata da recenti resoconti sul fondamentalismo, secondo i quali ciò che deve essere fondamentale è precisamente l’essere indipendente (si veda Bennett 2017 e la voce sul fondamentalismo).
Questa preoccupazione potrebbe essere risolta distinguendo tra due sensi distinti di “fondamentale”: dapprima, un senso che si applica a un ingrediente della realtà fisica che è dotato di ubiquità (oppure “base”, nel senso che sta alla base come le fondamenta in una serie di blocchi da costruzione), che quindi non dipende nemmeno da come sono composte le altre entità; secondariamente, un senso che si applica a un ingrediente del reale che non è (interamente) costituito da o comunque internamente (in opposizione a causalmente-esterno) collegato alla composizione strutturata di alcune altre entità della stessa categoria. Potremmo allora usare il termine “elementare” per il primo senso e riservare “fondamentale” per il secondo, che si allinea al modo in cui viene utilizzato nelle discussioni contemporanee sul “grounding” o sulla dipendenza metafisica. Così intesa, non c’è alcuna tensione nella nozione di un’entità o caratteristica che è fondamentale, ma non-elementare (O’Connor 2018).
Concedendo che non c’è incoerenza nell’idea di un’identità o di una caratteristica fondamentale e non-elementare, la principale preoccupazione potrebbe essere che una tale entità (o caratteristica) potrebbe aggiungere al mondo qualcosa di inesplicabile (in quanto fondamentale) in una circostanza arbitraria. Evitare una tale inesplicabilità potrebbe dare ragione di preferire una conciliazione panpsichista dell’irriducibilità della coscienza alle proprietà fisiche, in quanto (a differenza dell’emergenza forte) pone il carattere qualitativo proto-cosciente nelle strutture elementari del mondo (Nagel 1979 e Strawson 2006).
4.1.2 Antinaturalismo o scarsità di prove
Una seconda preoccupazione circa l’emergenza forte riguarda la sua discordanza con il naturalismo, nella misura in cui (nella maggioranza dei resoconti) le proprietà fortemente emergenti sono associate a nuovi poteri o leggi fondamentali, che apparentemente interferirebbero con le più elementari leggi o i processi fisici. Comunque, le leggi elementari della dinamica in fisica contemporanea hanno un carattere aperto (le equazioni di Schrödinger, quelle hamiltoniane o più in generale lagrangiane), considerando le forze o le energie come input. La nozione di forza o energia fortemente emergente non è più problematica di quella di forza o energia della fisica standard, che i fisici considerano come input nelle leggi operative (McLaughlin 1992).
Il vero problema qui non è, ammesso che ve ne sia uno, la discordanza con la fisica, quanto piuttosto che attualmente non abbiamo evidenti prove empiriche a favore dell’emergenza forte. Se esistessero poteri causali, forze o leggi fortemente emergenti, ci si potrebbe aspettare di vedere, in possibili contesti emergentisti, evidenze per un’interazione configurazionale fino a questo momento non riconosciuta, similmente a quanto accaduto con l’interazione nucleare debole. Sostiene, però McLaughlin, che “non c’è un briciolo di evidenza” a supporto dell’esistenza di una tale novità fondamentale (1992: 91). Per le risposte a questa disputa da parte degli emergentisti forti, si vedano la sezione 4.2.2 e la sezione 5.
4.1.3 Collasso
Un’ultima sfida alla percorribilità dell’emergenza forte è determinata dalla vacuità di tali resoconti, in quanto ogni nuovo potere fondamentale che viene postulato e che appartiene ad un emergente è, secondo ciascuno dei plausibili resoconti dei poteri, “già” posseduto dai suoi processi fondamentali di livello-inferiore.
Secondo una versione di questa obiezione del “collasso”, alcuni metodi per individuare le caratteristiche fisiche di livello-inferiore implicano che tali caratteristiche abbiano la propensione a produrre qualsiasi presunta caratteristica come fortemente emergente, sminuendo la presunta novità metafisica delle caratteristiche emergenti a favore di una comprensione arricchita delle caratteristiche elementari (O’Connor 1994: 98-9 and 2000: Capitolo.6, introduce questa obiezione; vedi Howell 2009 e Taylor 2015 per lo sviluppo). Secondo un’altra versione di questa obiezione, alcuni metodi di assegnazione dei poteri a queste caratteristiche implicano che le caratteristiche fisiche di livello-inferiore ereditino qualsiasi potere derivante dalle presunte caratteristiche fortemente emergenti (Kim 1998). Per le risposte degli emergentisti forti alla sfida del “collasso”, si veda la sezione 4.2.2.
4.2 Teorie contemporanee
Ora verrà discussa una rappresentativa gamma di resoconti contemporanei relativi a questa forma di emergenza.
4.2.1 Descrizioni formali
Una descrizione metafisicamente minimalista dell’emergenza forte è basata sulla sopravvenienza. In contrasto con le caratteristiche emergenti deboli o fisicamente riducibili, le quali sono considerate come sopravvenienti con necessità metafisica sulla base della loro dipendenza fisica, le caratteristiche fortemente emergenti sono considerate sopravvenienti con necessità meramente nomologica (van Cleve 1990, Chalmers 2006, Noordhof 2010).
Questo metodo presuppone che tra necessità nomologica e necessità metafisica vi sia una sostanziale distinzione concettuale, così che le leggi causali fondamentali siano metafisicamente contingenti e ciò che sopravviene di necessità metafisica sul dominio fondamentale fisico è necessariamente fisico. Entrambe queste supposizioni sono state messe in discussione. Gli anti-naturalisti morali come G.E. Moore sostengono che le caratteristiche morali fondamentali sopravvengano per necessità metafisica sulle caratteristiche naturali, e nelle ontologie essenzialiste neo-aristoteliche, le caratteristiche fortemente emergenti, qualora esistessero, sarebbero sopravvenienti per necessità metafisica sulle caratteristiche fisiche. Si veda, comunque, Howell (2009) e Noordhof (2010) per le strategie che mirano a difendere i metodi dell’emergenza forte basati sulla sopravvenienza.
Una variante di questo metodo è quella epifenomenista (Jackson 1982, Kim 2005 e Chalmers 1996, esprimono tutti una simpatia per questa posizione). Essa sostiene che le candidate più plausibili per l’emergenza forte sono le caratteristiche qualitative dell’esperienza cosciente – ad esempio, il modo in cui la ‘rossezza’ di una rosa appare a un dato soggetto in una data occasione. Secondo questo metodo, i “qualia” (caratteristiche qualitative) sono causati o altrimenti nomologicamente necessitati dai processi neurali alla base dell’esperienza umana, ma essi stessi sono incapaci di produrre un qualsiasi effetto, anche su un qualsiasi stato mentale generato dall’aspetto puramente fisico del processo percettivo.
Le caratteristiche epifenomeniche fortemente emergenti sono in accordo con la chiusura causale del mondo fisico. Per questa ragione, il resoconto è meno vulnerabile dei resoconti standard all’obiezione che implica previsioni empiriche sui processi cerebrali attualmente non supportate. (È comunque incompatibile con il fisicalismo, poiché i qualia fortemente emergenti non sono realizzati a livello fisico e così sono completamente supplementari ai singoli fenomeni fisici di livello-inferiore). Una sfida importante per questa teoria è che i qualia sembrerebbero (paradossalmente) esplicitamente irrilevanti per le credenze di un soggetto riguardo la loro esistenza (si veda Chalmers 1996: Capitolo 5 per delle possibili risposte).
Secondo una spiegazione formalista, i fenomeni fortemente emergenti sono quelli che sono fondamentali e dipendenti, dove le nozioni di fondamentalità (il cui contrario è “grounded”) e di dipendenza sono entrambe considerate come primitive (Barnes 2012). Un tale resoconto primitivista chiaramente blocca la riduzione ontologica: se alcuni eventi sono fondamentalmente nuovi rispetto gli eventi dai quali dipendono, allora i primi sono chiaramente diversi dai secondi. Un potenziale vantaggio di un tale metodo è che esso potrebbe identificare il denominatore comune a tutti gli altri resoconti particolari dell’emergenza forte. Un limite relativo è che il suo alto livello di astrazione lo lascia senza le risorse di resoconti più specifici per affrontare le sfide generali che l’emergenza forte deve affrontare, come esposto sopra (Paolini Paoletti 2018 e Pearson 2018).
4.2.2 Poteri o leggi fondamentali
Un altro resoconto dell’autonomia dell’emergenza forte postula nuovi poteri fondamentali, forze o leggi direttamente associate alla proprietà emergente di un oggetto o un sistema complesso (O’Connor 1994, Silberstein & McGeever 1999, Wilson 2002, e O’Connor & Wong 2005). Con “fondamentale” qui si intende che il potere non è il risultato di un qualche tipo di sommatoria generalizzata sui poteri delle componenti degli oggetti, rispetto alla struttura relazionale in cui essi sono inseriti. Una variazione di questo resoconto elementare riguarda il modo in cui gli emergenti dipendono dalle loro stesse basi. Una variante comune sostiene che le caratteristiche emergenti sono sincronicamente rese necessarie, dal punto di vista nomologico, dalla struttura di livello-elementare, dove la necessità, pur essendo governata da leggi, non avviene attraverso la produzione causale (Broad 1925, Silberstein & McGeever 1999 e Wilson 1999 e 2002). Un’alternativa (naturalmente adatta a una metafisica neo-aristotelica dei poteri causali) sostiene che le caratteristiche emergenti sono diacronicamente causate da una pluralità di micro-proprietà che agiscono congiuntamente (forse assieme ad altre caratteristiche emergenti), a patto che la condizione scatenante siano micro-proprietà appropriatamente organizzate a livello strutturale (O’Connor & Wong 2005). Questa alternativa può permettere allora, anche accettando che la necessità causale è una specie di necessità metafisica, che la sopravvenienza delle caratteristiche fortemente emergenti sui fenomeni elementari fallisca in scenari (almeno possibilmente) in cui la dipendenza causale tra caratteristiche elementari ed emergenti, o tra caratteristiche emergenti e i loro effetti, siano non-deterministiche. Detto questo, che la sopravvenienza fallisca effettivamente in qualsiasi caso reale di emergenza forte è una questione empirica (su questo, si veda la sezione 5.2).
Il resoconto dei poteri fondamentali dell’emergenza forte è coerente con una serie di risposte alle sfide riportate nella sezione 4.1. La prima sfida asserisce che le caratteristiche fortemente emergenti sono “inesplicabili”, nella misura in cui queste appaiono solamente in certe strutture organizzate e non potrebbero essere predette in linea di principio attraverso le leggi della fisica, applicate alle condizioni precedenti rispetto all’emergenza. Una risposta consiste semplicemente nell’osservare che nella storia della fisica stessa, già in precedenza furono aggiunte nuove leggi fondamentali per spiegare ciò che le leggi precedentemente conosciute non potevano spiegare (ad esempio, l’elettromagnetismo e la forza nucleare debole – si veda Wilson 2002). Nel determinare le fondamenta del mondo naturale, si deve andare nella direzione in cui ci conducono le evidenze. Una risposta alternativa allineata con la seconda variante esposta nel precedente paragrafo rifiuta l’accusa di inesplicabilità supponendo che le caratteristiche emergenti sono il prodotto di disposizioni microstrutturali che, a differenza di quelle che si manifestano pressappoco continuamente, hanno condizioni scatenanti strutturali. Un osservatore laplaciano dell’intero universo prima dell’insorgenza iniziale di tali caratteristiche emergenti non avrebbe alcun barlume dell’esistenza di tali disposizioni latenti verso effetti emergenti collettivi. Esse però sono tanto fondamentali quanto le disposizioni più generalmente manifestate, che sono associate a proprietà quali la massa e la carica (O’Connor & Wong 2005). Si potrebbe sostenere che mentre è razionale ritenere che il mondo naturale sia una totalità causalmente unificata, non è possibile presumere che sia causalmente uniforme (O’Connor 2000: Capitolo 6).
La sfida del collasso asserisce che ogni presunto potere fortemente emergente “collasserebbe” in – cioè finirebbe con l’essere associato con – le loro basi di dipendenza. Si potrebbe cercare di bloccare il collasso distinguendo tra disposizione collettive per la produzione di certi poteri e i poteri stessi, o tra il possesso di poteri diretti e indiretti; o descrivendo i poteri emergenti come relativi a specifici insiemi di interazioni fondamentali (si veda O’Connor 1994: 98-99, e 2000, Capitolo 6, Wilson 2002, e Baysan & Wilson 2017). Altre due ragioni per resistere ai tentativi di interpretare il discontinuo comportamento metafisico in termini esclusivamente di poteri microfisici sono di natura epistemologica. Si potrebbe sostenere che si deve cercare di fornire una spiegazione il più possibile unificata di questo tipo di fenomeni, e che una spiegazione in termini prettamente microfisici sarebbe altamente complessa e disunificata, rispetto a una spiegazione che postuli una famiglia di determinabili emergenze macroscopiche adattate a strutture di complessità organizzata. Secondariamente, si possono descrivere alcune possibili situazioni che coinvolgono l’indeterminismo causale che sarebbero facilmente comprensibili in termini di emergenza forte. Invece, l’unica spiegazione microfisica possibile richiederebbe un’azione discutibile a una distanza temporale (si veda O’Connor & Wong 2005 per lo sviluppo di queste risposte).
Infine, le possibili risposte all’ultima sfida probatoria all’emergenza forte sono approfondite maggiormente nella sezione 5, dove vengono illustrati una serie di candidati ai fenomeni emergenti.
4.2.3 Nuovi poteri nei componenti di insiemi organizzati
Malgrado le risposte alla sfida del collasso riportate qui sopra, una tendenza recente nella teorizzazione dell’emergenza forte è stata quella di includere il collasso, sostenendo che l’emergenza si può comprendere maggiormente introducendo nuovi poteri che i componenti possiedono una volta incorporati in insiemi organizzati. Questa sezione introduce quattro metodi in cui è stato sviluppato questo resoconto.
In una serie di articoli, culminati in un libro del 2016, Carl Gillett avanza un peculiare resoconto dell’emergenza forte legato a un’immagine di gerarchia-di-meccanismi di sistemi complessi che, secondo lui, è fortemente supportata da diverse scienze. Gillett chiama in causa un considerevole meccanismo concettuale nello sviluppo della sua teoria; facendo sostituzioni nelle definizioni già discusse, si arriva alla seguente affermazione:
Una proprietà è fortemente emergente solo nel caso in cui si tratti di una proprietà di un individuo composto che si realizza e che (in aggiunta all’avere effetti dello stesso livello) determina non-produttivamente le parti dell’individuo con poteri che non avrebbero, dati i soli principi/leggi di composizione manifestati in aggregati più semplici.
Ci sono due caratteristiche peculiari nel resoconto di Gillett. Come osservato, il resoconto attribuisce fondamentalmente nuove proprietà non al portatore della proprietà emergente, ma alle componenti del portatore. Secondariamente, una proprietà strutturale realizzata dell’insieme è definita nondimeno come una proprietà emergente in virtù della sua “determinazione non-produttiva” dei componenti con quei nuovi poteri. Si è tentati di pensare anche quest’ultima caratteristica come attribuzione di un nuovo (sebbene non-produttivo) potere alla proprietà emergente, anche se Gillett non la descrive in questi termini. Si noti che il resoconto di Gillett non si adatta perfettamente alla classificazione di emergenza forte proposta in questa voce, poiché egli considera le proprietà fortemente emergenti come “realizzate da” proprietà di livello-inferiore, quando si trovano in una relazione complessa; tuttavia, il resoconto appartiene propriamente alla presente classificazione di emergenza forte nella misura in cui è incompatibile con la chiusura causale del mondo microfisico.
Per quanto concerne la diffusa obiezione che l’emergenza forte è inesplicabile, Gillett sostiene che questo resoconto stabilisce un’intellegibile base scientifica per rendere conto dell’emergenza forte. Per quanto riguarda l’obiezione dell’inesistenza di prove a favore dell’emergenza forte, Gillett suggerisce che mentre la sua esistenza non è stata stabilita empiricamente, essa è presa sul serio da un numero di teorici contemporanei di sistemi complessi (si vedano le sezioni 5.2 e 5.2 sotto riportate).
David Yates (2016, di prossima pubblicazione) ha proposto un resoconto simile per certi versi a quello di Gillett. Egli discute il modo in cui la geometria molecolare piegata di una molecola d’acqua determina il suo momento di dipolo, e come quest’ultima sua caratteristica conferisca una serie di poteri causali alla molecola, quali la disposizione ad allinearsi in un campo elettrico e l’essere liquida a temperatura ambiente (2016: 822-225). Egli sostiene che questa proprietà geometrica, pur essendo pienamente realizzata dalle relazioni spaziali tra gli atomi della molecola, conferisce un nuovo potere condizionale alla molecola che, in tandem con i poteri causali ereditati dalle componenti elementari della molecola, permette a quest’ultima di produrre i suoi effetti caratteristici. L’idea chiave proposta da Yates consiste nel suggerire che le caratteristiche di livello-superiore potrebbero essere realizzate “qualitativamente”, piuttosto che funzionalmente: mentre una proprietà funzionalmente realizzata è caratterizzata in termini di poteri causali derivati, le proprietà qualitativamente realizzate sono non-causali (per esempio spazio-temporalmente), concedendo che potrebbero essere fondamentali causalmente. Come da lui espresso:
Le proprietà qualitativamente realizzate sono definite da specifiche non-causali, e la loro realizzazione non è una questione di conferire i giusti poteri causali. Proprietà come la geometria molecolare piegata sono causalmente fondamentali […] perché i loro portatori hanno specifici poteri causali poiché soddisfano le loro specifiche distintive, ma non grazie alle proprietà realizzatrici, in virtù delle quali esse soddisfano quelle specifiche in una data occasione. (2016: 812)
Yates sostiene che questi esempi dimostrano l’esistenza della sua varietà distintiva di emergenza forte. Uno scettico potrebbe obiettare che gli effetti che Yates cita per indicare un tipo peculiare di potere causale di livello-superiore sono essi stessi tutti di livello-superiore. Assumendo che tutte le proprietà macroscopiche siano microfisicamente realizzate, se si fosse in grado di avere ovunque una visione grandangolare del processo evolutivo in termini meramente microfisici (compresi i singoli effetti caratterizzanti), non è chiaro che il riferimento a qualcos’altro rispetto alle caratteristiche e alle relazioni elementari tra le entità microfisiche sia necessario ai fini della spiegazione. Potrebbe anche essere che per spiegare gli effetti dei singoli effetti sotto la loro descrizione macroscopica si debba fare appello alla geometria molecolare (dove una data forma geometrica è molteplicemente realizzabile da specifiche matrici spaziali di atomi). Ma un’irriducibilità esplicativa del genere è, come si è visto, l’elemento caratteristico delle forme di emergenza debole. Anche Jonardon Ganeri (2011) propone un resoconto affine a quello di Gillett. Secondo questo resoconto, in virtù di certe configurazioni, gli elementi sono “trasformati” in quanto acquisiscono nuovi poteri causali. Egli non parla di “determinazione non-causale verso il basso” da uno stato configurazionale ai poteri costituenti, sebbene la prospettiva sembri materialmente equivalente a quella di Gillett su questo punto. Il resoconto di Ganeri differisce, comunque, nel sostenere che nella dinamica evolutiva che segue la comparsa di tali nuovi poteri, si giunge alla presenza di macro-stati emergenti che, assieme alle micro-entità trasformate, determinano i successivi micro e macro stati. Il resoconto che ne risulta è quindi una prospettiva ibrida tra quella di Gillett e la più familiare idea, considerata nella sezione precedente, di un nuovo potere causale dell’insieme,.
Sydney Shoemaker (2002, 2007), pur essendo concorde con Gillett e Ganeri sul fatto che l’emergenza si verifica all’interno di particolari tipi di oggetti o sistemi organizzati e che mostra nuovi poteri componenti , rinuncia a qualsiasi relazione di determinazione verso il basso, causale o altro. Ma questi poteri sono nuovi in modo qualificato:
Le entità componenti hanno poteri che, collettivamente, determinano l’istanza della proprietà emergente quando esse sono combinate in un modo che genera emergenza. Essendo però questi casi di emergenza, non possono essere tutti poteri che si manifestano quando gli elementi non sono combinati in modo da generare emergenza. Alcuni di questi devono essere poteri “latenti”. Oppure, siccome questi poteri non rimangono latenti quando i loro possessori sono combinati in modo da generare emergenza, è possibile riferirsi a loro come poteri “micro-latenti”. Si può contrapporli ai poteri “micro-manifestanti” che queste stesse entità manifestano quando non sono combinate con altre entità, o quando sono configurate in modi che non generano emergenza. (Shoemaker 2007: 73)
La tesi secondo cui i poteri appena manifestati sono “latenti” troverà il favore di chi considera i poteri causali sia come caratteristiche fondamentali della realtà, sia come alla base di tutti i collegamenti esplicativi tra le fasi precedenti e successive dell’evoluzione delle cose (si è visto nelle precedenti sezioni che O’Connor 1994 e O’Connor & Wong 2005, che condividono queste tesi, postulano che i macro-stati emergenti e fondamentali sono determinati “verso l’alto” da stati micro-strutturali, che manifestano disposizioni latenti di individui fondamentali a causare congiuntamente tali stati quando sono così configurati.)
4.2.4 Elementi trasformati indipendenti dagli insiemi organizzati
Infine, diversi autori di recente hanno proposto resoconti dell’“emergenza trasformazionale” che separano l’idea di una classe privilegiata di insieme gerarchicamente-organizzati dal concetto di emergenza stesso. Essi propongono un framework ontologico in cui gli individui elementari e strutturati subiscono un cambiamento fondamentale, acquisendo nuovi poteri che non sono “latenti” (nel senso che hanno una disposizione antecedente, ontologicamente-fondata [grounded] per la loro seguente comparsa) e forse perdendone altri. Con l’avvento di questi nuovi poteri, subentrano nuove leggi che descrivono la loro evoluzione.
Santos (2015 a, b) promuove una tale prospettiva sotto il nome di “ontologia relazionale”. La dinamica stessa è in costante evoluzione, in quanto gli elementi si trasformano attraverso le interazioni con altri elementi.
[Intero] è solo una parola che indica la totalità relazionale dei singoli relata e delle loro relazioni, [che sono] gli unici agenti causali reali… (2015a: 28)
Santos sostiene che una prospettiva del genere è stata suggerita dalla biologia cellulare moderna e la biologia dello sviluppo, ma le descrizioni teoriche che cita (per esempio, 2015a: 30-32, 2015b: 439-440) sembrano essere coerenti con gli altri framework metafisici descritti nelle due sezioni precedenti. La questione se le entità durevoli strutturate siano essenziali o meno ai framework generali accettati dalle scienze speciali è una ampia questione che non può essere discussa qui.
Humphreys (2016), pur non affidandosi all’ubiquità dell’”emergenza trasformazionale”, porta il resoconto un passo oltre da quelli che enfatizzano gli insiemi strutturati considerando le interazioni come non-essenziali:
L’emergenza trasformazionale si verifica quando un individuo a, considerato come elemento fondamentale di un dominio D si trasforma in un differente tipo di individuo a*, spesso, ma non sempre, come risultato di interazioni con altri elementi di D […]. Essi possiedono almeno una nuova proprietà e sono soggetti a leggi diverse… (2016:60)
Come esempio intuitivo (anche se forse meno realistico), egli nota che le persone subiscono temporaneamente un cambiamento psicologico significativo quando sono coinvolte nelle interazioni che costituiscono una folla. Il suo esempio centrale proviene dal Modello Standard della fisica delle particelle, il quale descrive muoni indivisibili che molto rapidamente “decadono” in elettroni, neutrini elettronici e neutrini muonici (2016: 66-67). Qui vi è un fondamentale cambiamento a prescindere da qualsivoglia interazione scatenante, e non un mero cambiamento all’interno degli individui, ma un cambiamento da un tipo di individui a un altro. Humphreys appunta inoltre che il suo precedente resoconto della “fusione” per l’emergenza (1997) è uno speciale caso di trasformazione. Quando avviene la fusione, le entità fondamentali o alcune delle loro proprietà vengono perse quando si fondono con altre per produrre un tutto unificato (2016: 74-5). (Per resoconti simili a quello di Humphrey, vedi Guay & Sartenaer 2016 e Sartenaer 2018).
I resoconti trasformazionali ampliano chiaramente il concetto classico di emergenza (il quale ha ispirato la tassonomia della presente voce). Il filo conduttore è semplicemente quello di un cambiamento fondamentale, ma nomologico nei modelli osservabili nella realtà fisica attraverso il tempo. Al fine di valutare come i resoconti avversari riescano a caratterizzare la gamma di fenomeni empiricamente scoperti dalle scienze, può essere necessario l’emergere di una più importante irreggimentazione a livello terminologico.
4.3 Emergenza forte: dal dualismo delle proprietà a quello delle sostanze?
Tutti gli emergentisti sono di base monisti della sostanza fisica per quanto riguarda il mondo naturale: tutte le entità del mondo (naturali o artificiali) sono composte o “fatte di” entità potenzialmente descritte all’interno di una fisica fondamentale completa, siano esse particelle fisiche, campi, stringhe o qualsiasi altra cosa. Questa prospettiva è abbastanza comune tra gli emergentisti al punto che alcuni influenti teorici la considerano come un elemento distintivo della dottrina. Si potrebbe sostenere, in accordo col monismo della sostanza, che gli insiemi che esibiscono proprietà efficaci e fortemente emergenti sono fondamentali, sebbene si tratti di oggetti o sistemi composti, sulla base del fatto che la loro quantificazione è richiesta per un resoconto minimamente adeguato delle dinamiche del mondo. Ciò potrebbe anche suggerire una base oggettiva per l’identità nel corso del tempo, anche per gli organismi che subiscono un costante cambiamento nei componenti (si veda O’Connor & Jacobs 2003).
Si potrebbe però ribattere che l’emergentismo forte, almeno per quanto concerne tutti (o alcuni) stati mentali, di fatto richiedono una forma di dualismo delle sostanze. Secondo una prospettiva biologica di alcuni emergentisti, i confini microfisici di tali pensatori potrebbero inevitabilmente essere vaghi, per ragioni empiriche. È però dubbio forse che le leggi causali fondamentali associate a proprietà fortemente emergenti alludono a condizioni vaghe. L’unica apparente alternativa è che le proprietà vengano invece rappresentate in uno specifico e non-vago oggetto, come potrebbe essere una mente non-fisica. (Si veda Zimmerman 2010 and Hasker 2016 e, per una risposta, O’Connor 2016).
Si potrebbe anche ribattere riconoscendo che una forma emergentista di dualismo delle sostanze sia necessaria per spiegare (cosa che molti emergentisti forti accettano per quanto concerne la coscienza) l’esistenza di soggetti unificati dell’esperienza cosciente (Nida-Rümelin 2007) o che sia questione oggettiva se un soggetto cosciente sopravvive o meno a certi tipi di cambiamenti radicali (Swinburne 2013). Infine, molti resoconti generali delle categorie di sostanza/oggetto o sostanza/oggetto fisico in particolare implicano che se un oggetto ha proprietà non-fisiche, esso non riuscirà a contare come una sostanza composta o fisica (Francescotti 2001, Schneider 2012 e O’Connor 2018).
Supponendo che l’emergenza forte porti sulla sua scia una nuova sostanza, lo spirito del consueto impegno emergentista al monismo della sostanza è mantenuto dalla debole tesi secondo cui nessuna sostanza o soggetto di “livello-superiore” “che fluttua liberamente”, nel nostro mondo o a livello modale, dalle basi da cui dipende7. È solo per questa ragione che sia Lowe (2008) che Nida-Rümelin (2007) definiscono il loro dualismo delle sostanze come “non-cartesiano”.
5. Emergenza debole vs emergenza forte: fenomeni contestati
Alcuni fenomeni e certe considerazioni teoriche motivano alcuni pensatori contemporanei a sostenere una forte interpretazione emergentista di tali fenomeni. (Va sottolineato che gli emergentisti forti tipicamente ritengono anche che qualche comportamento organizzato particolare sia più plausibilmente da intendere come riducibile, oppure come emergente debole: il loro emergentismo forte è frammentario.) Quest’ultima sezione riassume quei fenomeni e considera in termini generali i diversi modi in cui gli emergentisti forti e deboli potrebbero cercare di trattarli.
5.1 La mente cosciente
La mente cosciente nei suoi diversi aspetti a molti è sembrata per lungo tempo resistere a una plausibile caratterizzazione ontologica in qualsiasi termine fisico, sia riduzionista che non-riduzionista (cioè emergente debolmente). (Per una panoramica abbastanza completa, vedi Chalmers 1996.)
5.1.1 Consapevolezza cosciente e la sua unità
Consideriamo, per cominciare, la nostra consapevolezza apparentemente diretta dei nostri stati esperienziali coscienti. (Stati cognitivi coscienti come credenze e desideri hanno aspetti complicati che non possono essere esplorati qui. Ma vedi la sezione 5.1.2 immediatamente sotto per un possibile collegamento tra le due congetture emergentiste forti.) La naturale strategia fisicalista per caratterizzare tale consapevolezza sarebbe in termini di una forma distintiva di flusso informativo tra stati fisici distinti (lo stesso stato esperienziale e un distinto stato di consapevolezza dell’esperienza); tuttavia, un resoconto del genere sembrerebbe coerente con la possibilità di una fonte causale non-standard dello stato di consapevolezza dello stato cosciente, tale che il soggetto è completamente in errore sul suo oggetto, ossia l’attuale stato cosciente del soggetto. Un così forte fallibilismo sui contenuti della coscienza sembra poco plausibile, come dimostra il fatto che filosofi come Cartesio, che nutrono uno scetticismo radicale su gran parte della conoscenza umana, in genere non lo estendono alla nostra attuale comprensione dell’esperienza cosciente. È concepibile, ad esempio, che io (sbagliandomi) sia solo apparentemente consapevole di provare un dolore lancinante, come se fossi steso sulla cremagliera di tortura, mentre in realtà sono in uno stato di coscienza sereno, come quando sono disteso su una spiaggia calda e sabbiosa? Sembra di no, ma è difficile rendere conto di questo dato in termini fisici.
Un’altra cosa sconcertante per il fisicalismo è l’unità dell’esperienza cosciente: il fatto che le nostre esperienze che coinvolgono modalità sensoriali distinte e i nostri pensieri, gli stati d’animo e le sensazioni coscienti si uniscano come aspetti di uno stato cosciente generale di un singolo soggetto cosciente. Secondo un plausibile resoconto fisicalista, ciascuno di questi aspetti sarà realizzato in reti neurali distinte e fisicamente separate, ma non esiste ancora una teoria fisicalista elaborata in grado di catturare l’unità di questi aspetti nell’esperienza.
Negli ultimi decenni sono state proposte caratterizzazioni funzionali molto generali della consapevolezza cosciente, in particolare: teorie di ordine superiore, secondo le quali uno stato è cosciente se si trova nel giusto tipo di relazione con uno stato di ordine superiore che lo rappresenta (Carruthers 2000; Rosenthal 2005; vedi la voce sulle teorie di ordine superiore della coscienza); teorie dello spazio di lavoro globale, secondo cui uno stato è cosciente se il suo contenuto è globalmente accessibile a più sottosistemi cognitivi (Baars 1997, Dehaene et al. 2006); e teoria dell’informazione integrata [IIT] (Tononi & Koch 2015), secondo cui un sistema è cosciente nel caso in cui trasporti più informazioni della somma delle sue parti (ed è più consapevole quanto maggiore è la quantità di tale informazione “integrata”). Gli antimaterialisti hanno sostenuto che la prima di queste teorie implicitamente nega o non riesce a catturare adeguatamente le due caratteristiche della consapevolezza diretta e dell’unità; la seconda e la terza sono strutture altamente suggestive per teorizzare gli aspetti dinamici della coscienza, ma, nella misura in cui sono sviluppate in termini puramente neurali, sembrano fornire solo un surrogato più debole per ciò che introspettivamente cogliamo sull’unità della coscienza, e non parlano quindi chiaramente della relazione di consapevolezza diretta.
Detto questo, vale la pena notare che queste caratteristiche, sebbene presenti nell’esperienza cosciente comune, sono probabilmente assenti o minori in casi clinici insoliti, e in particolare nei pazienti con “cervello diviso” [split brain]. (Vedi Bayne 2008 e Schechter 2018 per l’esplorazione filosofica dei resoconti clinici relativi ai resoconti di pazienti con cervello diviso). Ciò suggerisce un eventuale resoconto fisicalista della coscienza. (Vedi la voce sull’unità della coscienza, sezione 4, per una rassegna di tali disturbi della coscienza unificata e discussioni sulle loro possibili implicazioni.) Una strategia fisicalista alternativa e complementare, forse, è quella di sostenere che certi aspetti apparenti della coscienza sono semplicemente illusioni che possono essere spiegate in termini di inevitabili compromessi organizzativi nella costruzione di menti finite (vedi Pereboom 2011 e Chalmers 2018).
5.1.2 Il carattere qualitativo e intenzionale degli stati mentali
Ancor più della natura e dell’unità della consapevolezza cosciente, a molti alcune caratteristiche intrinseche apparenti – i cosiddetti “qualia” – degli stati coscienti sono sembrate richiedere un resoconto ontologico antifisicalista. Il modo in cui una macchia di rosso appare nel proprio campo visivo, o il suono di una nota di tromba nel proprio campo uditivo, non sembrano ammettere una caratterizzazione in termini di processi neurali all’interno della corteccia visiva e uditiva. Piuttosto, tali qualità esperienziali sembrano avere un carattere distintivo, generando una discrepanza con i tipi fisico-strutturali o funzionali postulati dalle teorie fisiche e con una semplicità incongruente con la massiccia complessità fisica dei processi fisici associati. (Per due argomenti molto discussi da queste caratteristiche apparenti dell’esperienza cosciente ad almeno una forma modesta di dualismo fisico-mentale, vedi Jackson 1982 e la voce sui qualia e l’argomento della conoscenza e Chalmers 1996 e la voce sugli zombi.)
Alcuni accettano questa affermazione sulle qualità “fenomeniche” dell’esperienza cosciente, ma pensano che non si presenti una sfida profonda per il fisicalismo per quanto riguarda le proprietà intenzionali delle esperienze, che rappresentano come è il mondo intorno a noi (ancora, Jackson 1982 e Chalmers 1996). (Questo limitato antifisicalismo si presta maggiormente (sebbene non implichi) alla versione epifenomenista dell’emergenza forte discussa in 4.2.1 sopra, poiché è coerente con l’affermazione che gli stati intenzionali di elaborazione dell’informazione sono gli unici stati mentali che contribuiscono causalmente ai futuri stati mentali e fisici dell’individuo.) Tuttavia, si può mettere in dubbio l’indipendenza delle proprietà fenomeniche e intenzionali (vedi, ad esempio, Horgan e Tienson 2002), e alcuni arrivano al punto di congetturare che le proprietà intenzionali siano in qualche modo costituite da proprietà fenomeniche (Mendelovici 2018, Woodward 2019). Se alcuni di questi collegamenti sono corretti, allora non solo le esperienze, ma altri stati cognitivi come la credenza e il desiderio possono resistere ad una caratterizzazione in termini puramente fisici (vedi la voce sull’intenzionalità fenomenica).
5.1.3 Volontà cosciente e agentività
L’uomo e gli altri animali non sono solo sperimentatori e conoscitori, ma anche agenti. (La natura della scelta o della volizione animale e la loro concomitante esperienza dell’azione verrà messa da parte, poiché è difficile congetturare al riguardo con una certa sicurezza con le nostre conoscenze attuali.) Molti ritengono che Aristotele abbia espresso un truismo quando disse che la scelta di come agire spetta “a noi”, a differenza dell’inevitabile svolgersi di processi causali privi di razionalità o di altre fonti di scelta deliberativa. È stato ampiamente affermato che l’esperienza umana della scelta consapevole e deliberata (la “volontà”) è di controllo diretto “dall’alto verso il basso” da parte dell’agente (vedi, ad esempio, O’Connor 2000: Capitoli 1 e 4; per una panoramica di discussioni riguardanti l’esperienza degli agenti, vedi Bayne 2017 e Woodward, di prossima pubblicazione). Almeno a volte, ci sembra di non essere semplicemente loci in cui convergono e si risolvono nel comportamento una miriade di influenze psicologiche e meramente fisiche, ma piuttosto di esercitare la capacità di decidere tra le opzioni che stiamo considerando, in modo determinare se e come queste influenze agiranno su di noi.
Tale esperienza agentiva, se veridica, potrebbe indicare che la capacità di scegliere liberamente è fortemente emergente. Da un lato, la libera scelta manifesta un potere distintivo che, a differenza dei poteri tipici, non è né causalmente “innescato” da una condizione di stimolo, né è reso più o meno probabile da fattori precedenti (Lowe 2008, 2013). In alternativa, il tipo di potere rappresentato dall’esperienza dell’agente è coerente con le influenze causali non-determinanti che conferiscono collettivamente probabilità oggettive a possibili scelte (O’Connor 2008). In entrambi i casi, il controllo cosciente sulle proprie azioni attraverso l’esercizio della capacità di scelta è in contrasto con una concezione fisicalista, secondo cui l’intero comportamento di un sistema è fissato dalla disposizione e dall’attività delle parti dello stesso. Insieme alla posizione (plausibile) secondo cui gli stati mentali di qualsiasi tipo dipendono da stati fisici di livello inferiore, una conclusione simile si potrebbe vedere come un argomento per considerare il libero arbitrio come un potere fortemente emergente.
L’esperienza agentiva è irrealizzabile: la psicologia cognitiva e quella sociale e, più recentemente, le neuroscienze, hanno indagato le determinanti della scelta e la sua relazione con la consapevolezza cosciente. È stata adottata da molti una particolare forma di studio per minare la veridicità dell’esperienza di controllo cosciente sulla scelta arbitraria. Libet (1999) e studi successivi più sofisticati mirano a confrontare il tempo auto-riferito in cui si verifica la scelta cosciente con il tempo in cui si verifica una certa attività cerebrale (un “potenziale di prontezza” in costante aumento) che Libet riteneva essere associato alla produzione dell’azione successiva. Egli ha interpretato i risultati come indicanti che il comportamento è stato avviato inconsciamente da quell’attività cerebrale appena prima del momento in cui il soggetto si è reso conto di aver scelto così, e quindi che la sensazione dell’agente di aver avviato consapevolmente l’azione è illusoria.
I filosofi hanno aspramente criticato l’interpretazione di questi studi, secondo cui non esiste il libero arbitrio, offerta da Libet e da altri neuroscienziati (vedi Mele 2009 per una discussione approfondita e Caruso 2012: 189 e pagine seguenti, per un dissenso dal consenso). Molti hanno sottolineato che le “scelte” a cui i soggetti di Libet sono chiamati si discostano fortemente da casi paradigmaticamente liberi. Alcuni notano che la capacità dei soggetti di cronometrare con precisione i propri eventi coscienti di qualsiasi tipo (compresi i semplici segnali percettivi) si è dimostrata non del tutto affidabile: le loro stime possono essere manipolate da istanti coscienti prima e dopo l’evento target. (Variano anche in gradi di intensità, al punto che l’inizio di un evento che potrebbe intensificarsi rapidamente oppure evolversi, potrebbe essere più difficile da determinare rispetto all’evento stesso.) Altri osservano che gli studi non pretendono nemmeno di identificare un antecedente fisico determinante alla scelta consapevole. Infine, altri studi recenti (a partire da Schurger et al. 2012) hanno messo in discussione il tipo di attività neurale che gli studi à la Libet stanno monitorando, e in particolare se è coinvolta anche nella produzione di scelte e nel successivo comportamento. Tutto questo rimane oggetto di continui studi e dibattiti scientifici. (È attualmente in corso un progetto su larga scala che sta sviluppando un’ampia gamma di sonde sperimentali della volontà cosciente e delle sue determinanti fisiche: < https://neurophil-freewill.org/> Per una panoramica delle questioni filosofiche ed empiriche riguardanti il libero arbitrio negli esseri umani, vedi la voce sul libero arbitrio.)
5.2 Fisica
5.2.1 Entanglement quantistico
Una caratteristica sorprendente della meccanica quantistica è nota come “entanglement quantistico”. Quando due (o più) particelle o sistemi quantistici interagiscono in determinati modi e vengono quindi separati (anche nello spazio), le loro caratteristiche misurabili (ad esempio, posizione e quantità di moto) si correlano in modi che non possono essere spiegati in termini di “puri” stati quantistici di ciascuna particella o sistema separatamente. In altre parole, i due devono essere pensati come un sistema accoppiato, avente certe caratteristiche che non sono in alcun modo una risultante compositiva o di altro tipo di stati individuali dei componenti del sistema (vedi Silberstein & McGeever 1999 e le voci sull’olismo e la non-separabilità in fisica e quella sull’entanglement quantistico e informazione). Humphreys (2016) interpreta tale sistema come un’istanza di fusione emergente (sezione 4.2.4). Nella misura in cui queste caratteristiche hanno effetti fisici, esse indicano un fallimento quasi onnipresente della sopravvenienza della proprietà dell’intera parte su scala molto piccola. Tuttavia, va osservato che l’entanglement quantistico non manifesta una novità fondamentale nella caratteristica o nel potere causale associato, poiché riguarda solo il valore o la grandezza di una caratteristica/potere associato dei suoi componenti. (I valori di “spin” correlati, ad esempio, sono permutazioni della caratteristica fondamentale dello spin, piuttosto che essere simili alla massa o alla carica come caratteristiche interamente distintive.) In quanto tale, non si adatta ai criteri di molti resoconti di emergenza forte. Tuttavia, è rilevante per lo statuto epistemico di tali resoconti: se si pensa che l’esistenza di un’emergenza forte non sia plausibile sulla base del fatto che una specie di sopravvenienza locale forte è a priori molto plausibile per i sistemi composti in generale, allora il sorprendente fenomeno dell’entanglement dovrebbe portarci a essere più cauti nell’ipotizzare come sono messi insieme i sistemi complessi.
5.2 Chimica quantistica
L’interfacciarsi della fisica con la chimica è stato a lungo pensato come a sostegno del riduzionismo ontologico (o, più in generale, del fisicalismo,). Questo sentimento risale a una prima dichiarazione di Paul Dirac, uno dei padri fondatori della meccanica quantistica:
Le leggi sottostanti necessarie per la teoria matematica di una parte più ampia della fisica e dell’intera chimica sono quindi completamente note, e la sola difficoltà è che le applicazioni esatte di queste leggi portano a equazioni troppo complicate per essere risolvibili. (1929: 714)
Recentemente, negli ultimi decenni, questa prospettiva è stata riconsiderata. Hendry (1998, 2010, 2017, 2019), seguendo Woolley (1978, 1998) e Primas (1981), sostiene, al contrario, che la struttura molecolare è (o potrebbe essere) fortemente emergente, non essendo interamente determinata dalle disposizioni dei costituenti quantistici di una molecola; gli isomeri, che hanno una struttura molecolare distinta ma gli stessi costituenti subatomici, sono al centro di queste discussioni. Scerri (2012) critica questa linea di pensiero, suggerendo che trascuri la possibilità che l’interazione quantomeccanica di una molecola con il suo ambiente possa contribuire a fissarne la struttura complessiva. Va notato che i dettagli della controproposta di Scerri dipendono da una particolare interpretazione (basata sul collasso) della meccanica quantistica. Questo problema è stato sempre più discusso tra i filosofi della chimica, e sembra essere al momento irrisolto. Questo a sua volta suggerisce che, contrariamente a Dirac, un’emergenza forte anche all’interfaccia tra fisica e chimica rimane una possibilità viva. (Per ulteriori discussioni, vedi Hettema (2015) e voce sulla filosofia della chimica https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/chemistry/ , Sezione 6.)
5.2.3 Spaziotempo
La fisica fondamentale comprende due teorie che hanno un gran successo esplicativo, la relatività generale (RG) e la teoria dei campi quantistici (TCQ), che sono in contrasto l’una con l’altra. Negli ultimi anni, un certo numero di teorie della gravità quantistica è stato proposto come più approfondite per spiegare i principi dinamici fondamentali e le previsioni di successo di entrambe le teorie, all’interno di un framework coerente. Sorprendentemente, in quasi tutte queste teorie, lo spaziotempo non fa parte dell’ontologia fondamentale, essendo soppiantato da un framework che manca almeno in parte della sua struttura. Molti teorici dicono che lo spaziotempo della RG è così emergente. La sua dipendenza si riflette nel modo in cui i molti ruoli che lo spaziotempo svolge nella RG e le stesse osservazioni sperimentali strutturate spazio-temporalmente (e in effetti, le percezioni ubique della vita quotidiana!) sono fondate su strutture non spazio-temporali nelle teorie fondamentali qui proposte. La sua autonomia assume la forma di uno spaziotempo non-fondamentale, qualitativamente diverso da qualsiasi caratteristica della teoria di base.
Le questioni sollevate da proposte così radicali sono complesse, ed è persino discusso se siano empiricamente coerenti, dato il ruolo che lo spazio e il tempo giocano nella nostra comprensione della causa fisica e dell’osservazione empirica, e quindi della stessa evidenza empirica. Per i presenti scopi, il punto chiave è che tali teorie propongono riduzioni teoriche sistematiche, simili alla riduzione della termodinamica alla meccanica statistica, con una conseguente riduzione ontologica delle strutture delle teorie ridotte. In ciò, il caso appare diverso dalla relazione tra fisica e biologia come la vedono gli emergentisti deboli, in cui le entità biologiche sembrano essere tipi speciali di strutture fisiche organizzate che spiegano fenomeni ugualmente distintivi, che non sono però spiegati da teorie più fondamentali. Per un’introduzione non tecnica ad alcune delle teorie in questione e il caso a favore dell’implicazione dell’emergenza dello spaziotempo, vedi Wüthrich (2019). Per una riflessione filosofica più generale sui nostri concetti ordinari di spazio e tempo e sulla loro compatibilità con teorie che li trattano come non-fondamentali, vedi Chalmers (di prossima pubblicazione).
5.3 Interpretazioni pluraliste delle ontologie generali delle scienze
I campioni del fisicalismo ritengono che i notevoli successi della fisica e della biologia nel ventesimo e ventunesimo secolo mostrino, come minimo, che i processi caratteristici in tutti i livelli di questi domini sono fissati da stati e processi fisici fondamentali. Tuttavia, alcuni traggono una conclusione diversa da tali successi, vedendo nuove basi per prospettive per l’emergenza forte.
Molte scienze che trattano sistemi complessi di un tipo piuttosto che di un altro si sono sviluppate ampiamente e in maniera impressionante negli ultimi cinquant’anni. I teorici di queste discipline usano liberamente termini come “emergenza” e “causalità discendente” per descrivere i fenomeni che studiano. Spesso non è chiaro, tuttavia, se sia meglio interpretarli come descrizioni di stati emergenti deboli o forti e come comportamenti associati. Tra coloro che hanno riflettuto di recente sullo stato della loro disciplina, il fisico dello stato solido Laughlin (2005), i biologi dei sistemi Noble (2006) e Boogerd (Boogerd et al. 2005, 2007) e il neuroscienziato Walter Freeman (1999, 2000) e il cosmologo Ellis (2016) sembrano sostenere approcci di emergenza forte di aspetti della fisica dello stato solido, della vita biologica e della mente umana, rispettivamente. Essi sostengono che le scienze pertinenti che comprendono questi domini danno posti uguali e complementari a determinanti e principi “dal basso verso l’alto” e “dall’alto verso il basso”, e sostengono che non possiamo comprendere questi ultimi come fissati in definitiva da istanze del primo. Il senso generale delle loro dettagliate argomentazioni è che non esiste un modo completamente “dal basso verso l’alto” per descrivere, figuriamoci spiegare, certi fenomeni organizzati. Vedi anche Ellis, Noble e O’Connor (2012) per una raccolta di panoramiche sullo stato dell’arte dell’interazione dei principi top-down e bottom-up in numerosi domini scientifici, dalla fisica fondamentale alla sociologia.
Infine, la filosofa Nancy Cartwright (1983, 1994, 1999) ha difeso per diversi decenni un approfondito “patchwork” o comprensione pluralistica della relazione tra le scienze, come alternativa al tipo di “fisica in fondo”, gerarchia asimmetrica comune sia agli emergentisti deboli che ai riduzionisti. Ella sostiene che un’attenta considerazione della pratica scientifica suggerisce che le leggi fisiche fondamentali valgono solo in alcuni contesti artificiali limitati a sistemi su piccola scala, sistemi che sono mantenuti da barriere e meccanismi macroscopici che servono a schermare gli effetti causali “verso il basso”. Suggerisce che risultati così accuratamente congegnati non possono darci alcun motivo ragionevole per credere in una visione in cui tutta la realtà naturale è fissata dal dispiegarsi delle sole leggi fisiche dal basso verso l’alto. Pur argomentando in modi alquanto diversi, Dupré (1993) è in sintonia con la generale spinta pluralista o “anti-fondamentalista” della prospettiva di Cartwright. Più in generale, se la teoria di Cartwright è corretta, e la giusta caratterizzazione ontologica del pluralismo sottostante è che c’è una novità fondamentale attraverso lo spettro della realtà naturale, si potrebbe naturalmente ritenere che l’emergenza forte sia molto più prevalente persino di quanto hanno ipotizzato i suoi proponenti. Questa prospettiva ha affinità con i resoconti “trasformativi” dell’emergenza riportati nella sezione 4.2.4. Per la discussione delle grandi questioni sollevate da Cartwright, vedi Cat (1998) e l’articolo sull’unità della scienza, sezione 5.
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Strumenti accademici
- Come citare questa voce.
- Vedi la versione PDF di questa voce presso Friends of the SEP Society.
- Vedi questo stesso argomento presso il progetto: Internet Philosophy Ontology Project (InPhO).
- Bibliografia arricchita per questa voce presso PhilPapers, con link al suo data base.
Altre risorse in Internet
- O’Connor, Timothy and Hong Yu Wong, “Emergent Properties”, Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2020 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL = <https://plato.stanford.edu/archives/sum2020/entries/properties-emergent/>. [This was the previous entry on this topic in the Stanford Encyclopedia of Philosophy — see the version history.]
Voci correlate
Alexander, Samuel | Broad, Charlie Dunbar | chemistry, philosophy of | consciousness: higher-order theories | consciousness: unity of | free will | fundamentality | intentionality: phenomenal | material constitution | mechanism in science | Mill, John Stuart | physics: holism and nonseparability | qualia: knowledge argument | quantum theory: quantum entanglement and information | science: unity of | tropes | zombies
Copyright © 2020 by
Timothy O’Connor <toconnor@indiana.edu>